Un nuovo trend si sta riflettendo sulle strategie di marketing delle aziende che fanno degli influencer virtuali i testimonial del Metaverso.

influencer virtuali

Dopo i nano, i micro e i big sono arrivati anche gli influencer virtuali. Nell’era del Metaverso, degli NFT e dell’intelligenza artificiale, a popolare i social e l’immensa sfera che rappresenterà il Metaverso sono “avatar” e figure digitali create artificialmente, con enormi potenziali nel panorama dell’influencer marketing virtuali.

Sono già diversi i brand, soprattutto del settore fashion, che si stanno muovendo in questa direzione. Lo abbiamo visto durante la Milano Fashion Week, con Dolce&Gabbana che si sono ispirati al Metaverso portando il virtuale nel reale, riuscendo a tradurre in abiti lo stile fantasy di avatar e mondi paralleli. Altri brand si stanno spingendo oltre, scegliendo veri e propri influencer virtuali come testimonial. Ne sono un esempio Rihanna, che per promuovere il suo brand Fenty Beauty ha scelto Shudu, e Prada e Chanel che hanno collaborato con Lil Miquela.

Questa nuova realtà è un’occasione imperdibile per avvicinarsi alle nuove e future generazioni, che già da tempo adottano un linguaggio e un’estetica che i brand tradizionali fanno fatica a seguire”, spiega Fabio Betti, CEO & Managing Director di 2MuchTV, agenzia creativa specializzata nell’ideazione e realizzazione di campagne di comunicazione digitali integrate. “Considerando quanto vale oggi il mercato dell’influencer marketing virtuali, che muove globalmente circa 14 miliardi di euro all’anno, grazie ai nuovi creator virtuali per le aziende si apriranno diverse opportunità ancora tutte da esplorare”.

Cosa rende questi creator virtuali così interessanti? Perché i brand scelgono sempre più spesso di coinvolgerli nelle loro strategie di marketing, talvolta preferendoli a quelli “umani”? Quali sono i vantaggi e le opportunità?

  • Maggiore coinvolgimento del pubblico. Diverse ricerche evidenziano come nei profili social di creator e influencer virtuali, cioè creati artificialmente, si registri un engagement mediamente più alto rispetto a quelli reali. Secondo i dati di Inflead, piattaforma di influencer marketing intelligence, il numero di like, di commenti e interazioni su Instagram di virtual influencer come Nefele (la prima creata in Italia), Shudu (coreana) e Lil Miquela (americana) è spesso paragonabile o addirittura superiore a quelli di influencer reali con interessi simili a parità di follower.
  • Costi potenzialmente inferiori. Gli influencer virtuali richiedono sì un budget importante per la loro creazione, ma non per lanciare e realizzare campagne marketing. Ovviamente, tecnologie come l’artificial intelligence (AI) e la grafica 3D incidono sul costo, ma se consideriamo le attività di branded content il costo potrebbe essere inferiore rispetto a quello previsto per gli influencer reali. I costi di produzione da sostenere, tendenzialmente, sono quelli per la realizzazione 3D ed eventualmente di contratto con chi detiene i diritti del virtual influencer.
  • Versatilità. Gli influencer “avatarizzati” sono dotati di una versatilità ancora più estesa rispetto alle loro controparti in carne ed ossa, poiché si tratta di personaggi in grado di superare i confini della realtà concreta. I brand, infatti, sembrano essere molto attratti dalla versatilità dei loro contenuti. Trattandosi di influencer creati ad hoc, questi profili possono facilmente adattarsi ed evolvere insieme alla brand identity e ai valori dell’azienda.

Ma non è tutto qui. Esiste un’altra importante ragione che muove le aziende verso il “virtuale”: l’avvento del Metaverso. Oggi i brand si stanno accorgendo che l’universo del cyberspazio rappresenta un’ottima occasione per ampliare le proprie opportunità, ad esempio creando community virtuali integrate a quelle fisiche e proponendo esperienze immersive, conferendo al brand stesso un’aura contemporanea, tecnologica, al passo coi tempi.