Lori MacVittie di F5 spiega perché per le aziende oggi avere un hybrid IT non implica – e non potrebbe farlo – avere una sicurezza ibrida.

Hybrid IT

In questo articolo di Lori MacVittie, Distinguished Engineer, F5 evidenzia la necessità di un approccio migliore, che riconosca che la realtà del futuro sarà fatta da hybrid IT e azienda ibrida.

Hybrid IT: tutto inizia con il cloud

Per anni il settore IT ha cercato di defilarsi dall’affrontare la realtà (e le sfide) dell’hybrid IT, chiamandolo “multi-cloud”. Questo non significa però che le aziende non operino su più cloud, anzi sicuramente lo fanno. Tuttavia, penso che il termine “multi-cloud” non riesca a cogliere appieno il fatto che il cloud sia in realtà un modello operativo non solo peculiare dei provider pubblici di infrastrutture as a service. I nostri dati hanno dimostrato, anno dopo anno, che le organizzazioni utilizzano il cloud anche on-premises e non solo nelle sue versioni pubbliche.

La realtà dell’IT ibrido è sotto i nostri occhi da quando il cloud è apparso sulla scena e ha letteralmente preso d’assalto le aziende. Anche quando le organizzazioni hanno adottato il cloud, la maggior parte di esse – operando da venti, trenta o addirittura cinquant’anni – aveva ancora a che fare con ambienti tradizionali on-premises, disponendo di un portafoglio consolidato che abbracciava (e abbraccia tuttora) ogni generazione delle principali architetture di app, dai monoliti ai microservizi, dal client-server al mobile.

Il report di F5

Per questo, nell’ultima edizione dello State of Application Strategy Report, abbiamo voluto analizzare nello specifico gli ambienti on-premises, desiderosi di capire la realtà che i nostri clienti stanno affrontando. I dati parlano chiaro: le aziende sono state e continuano a essere ibride.

E non è solo il report SOAS ad affermarlo. Indovinate cosa è emerso dal sondaggio di F5 NGINX rivolto alla sua community open source? Che l’ibrido è qui per restare.

Ora, senza che siano rivelati nel dettaglio tutti i risultati del nostro prossimo rapporto State of Application Strategy, desidero affermare che anche se la tendenza verso le applicazioni moderne è indubbiamente forte, ci sono indicatori che ci fanno pensare che alcune organizzazioni non saranno disposte a sostituire tutte le loro applicazioni tradizionali con versioni più moderne.

Ergo, le aziende rimarranno ibride per molti anni a venire.

Questo scenario ci porta anche a chiederci: cosa significa questo per la sicurezza, e in particolare per la sicurezza delle app e delle API?

L’hybrid IT e le implicazioni per la sicurezza di app e API

Se partiamo dal presupposto che le organizzazioni siano ibride sia per quanto riguarda il portfolio stesso delle applicazioni, sia per quanto riguarda i loro ambienti operativi, le implicazioni per la sicurezza di app e API sono piuttosto critiche quanto profonde.

Questo perché alcuni ambienti applicativi, come i container, hanno esigenze di sicurezza uniche che non possono essere soddisfatte dalle soluzioni di sicurezza tradizionali. Ciò significa anche che, se le applicazioni rimangono anche on-premises, le organizzazioni faranno fatica a trovare soluzioni di sicurezza coerenti in grado di proteggere congiuntamente il deployment dei carichi di lavoro sul core, sul cloud e all’edge. Ma non è tutto: il persistere di applicazioni tradizionali nell’ambito dei datacenter on-premises, comporta il mantenimento di soluzioni tradizionali esistenti, soprattutto di quelle che si concentrano sulla protezione delle applicazioni e delle API dalle minacce degli exploit e dell’abuso dei protocolli.

Sfortunatamente, per le aziende oggi avere un hybrid IT non implica – e non potrebbe farlo – avere una sicurezza ibrida.

Con “sicurezza ibrida” intendo “mescolare” i servizi di sicurezza delle app e delle API di un provider con un altro, e un altro ancora. Sebbene lo spostamento della sicurezza a sinistra nel ciclo di vita delle app sembri un’ottima soluzione, troppo spesso conduce alla via di minor resistenza: una moltitudine di servizi di sicurezza per app e API incompatibili che complicano e vanificano gli sforzi per proteggere tutte le app e le API.

Stiamo già sperimentando l’impatto della complessità degli strumenti cloud e delle API sulle organizzazioni nell’incapacità di applicare la sicurezza in modo coerente su tutte le applicazioni. Un approccio “mix-and-match” alla sicurezza di app e API non funziona per la maggior parte delle organizzazioni, come dimostra l’aumento sostanziale delle violazioni nell’ultimo anno, attribuite a vulnerabilità ed exploit di app e API.

La realtà dell’hybrid IT in materia di sicurezza app e API è che l’approccio frammentario e “à la carte” non sarà strategico a lungo termine. Abbiamo bisogno di un approccio migliore, che riconosca che l’IT e l’azienda sono, e saranno nel prossimo futuro, ibridi.

di Lori MacVittie, Distinguished Engineer, F5