Il percorso di trasformazione deve partire dall’interno. È questo l’imperativo da seguire per fare open innovation in una grande impresa.

fare open innovation in una grande impresa

È impossibile fare open innovation in una grande impresa senza una solida cultura aziendale orientata al cambiamento. E non esiste cultura aziendale senza il coinvolgimento delle persone, senza renderle partecipi del cambiamento che si vuole produrre. Una sfida che è duplice: da un lato c’è il bisogno di crescere e sperimentare nuovi modelli per non essere superati dai competitor; dall’altro c’è l’imperativo di convincere tutta la popolazione aziendale, dal più giovane fino all’amministratore delegato, di quanto l’innovazione sia parte integrante del processo industriale. L’innovazione non può permettersi di essere fine a sé stessa: deve essere centrale per il futuro dell’azienda. Sia che diventi disruptive, sia che le permetta di cogliere vantaggi a medio-lungo termine.

Ci sono diversi modi per arrivare a fare open innovation in una grande impresa e tutti possono rivelarsi efficaci e proficui, ma una cosa è fondamentale: il commitment delle key people, dei vertici del gruppo. Senza questo supporto, è praticamente impossibile ottenere risultati concreti, costruire dei processi interni e soprattutto una cultura aziendale in grado di far digerire qualche fallimento, che – non bisogna dimenticarlo – fa parte dell’innovazione stessa.

Dal top-down al team

Fare open innovation in una grande impresa è importante e un esempio è dato da Sapio, che è riuscita a intraprendere la strada giusta ma non attraverso la costruzione di un team dedicato a tempo pieno all’innovazione, ma piuttosto costruendo una squadra trasversale. L’obiettivo di questa scelta era assicurare alle persone impegnate nei processi trasformativi le competenze necessarie e le sensibilità di chi, quotidianamente, si interfaccia con lo sviluppo del prodotto e con la sua commercializzazione: dall’esperto di sanità a quello del settore industriale fino al digital manager. Questa scelta per l’azienda si è rivelata vincente. Come, anche, affiancare a questo team “liquido” un innovation board all’interno del quale sedessero manager c-level e perfino azionisti.

Un doppio, chiaro, segnale. Primo: fare open innovation in una grande impresa non può e non deve essere avulsa dal processo industriale. Secondo: i responsabili dei progetti di innovazione sono al di sopra di tutte le altre divisioni, in modo trasversale, a dimostrazione della sua primaria importanza. Nel caso di Sapio la missione è stata chiara fin dal primo momento: posizionarsi su nuovi mercati, quelli fuori dai radar del marketing, ma dai quali si potrebbe trarre valore; oppure quelli non direttamente collegati al core business dell’azienda, ma con un interessante potenziale di sviluppo in prospettiva.

Innovare, per ogni impresa, significa contaminarsi

In questo senso l’open innovation è il punto di caduta perfetto. Fare open innovation in una grande impresa vuol dire anche aprirsi all’esterno. Per farlo, però, bisogna essere solidi sul fronte dell’innovazione e soprattutto della cultura aziendale. Puntare sullo sviluppo di idee interne può essere una grande palestra per trovare la propria strada. Ed è quello è stato fatto in Sapio. Lavorare internamente ha insegnato una delle principali regole dell’innovazione: accettare gli errori e imparare da questi. Per esempio, non è possibile né proficuo valutare le idee innovative attraverso le metriche del business tradizionale. Da questa consapevolezza è nato il Sapiothon, una call for ideas aperta a tutta la popolazione aziendale orientata a identificare idee e soluzioni potenzialmente veicolabili sul mercato.

La contaminazione scatenata dal percorso per selezionare le idee, svilupparle e poi scegliere quella a più alto potenziale è stata così forte da essere essa stessa un fattore di successo. Da quel processo, infatti, sono nate altre idee grazie anche al coinvolgimento di tutte le persone all’interno dell’azienda. E questa strada ha portato l’azienda a ricercare nuovi progetti da testare, validare, attraverso un secondo Sapiothon, realizzato con Cariplo Factory.

Da qui, Sapio, sta cercando di fare diventare questa idea una vera e propria startup, una nuova azienda da lanciare sul mercato, forte ovviamente del suo modello di business innovativo e delle sinergie con il nostro gruppo in grado di assicurare competenze specifiche e una serie di operations in grado agevolare e velocizzare il time to market. Non si sanno ancora i risultati di questa iniziativa, ma si può dire che fare una startup ha permesso all’azienda di avere una migliore conoscenza delle logiche e dei bisogni che muovono queste realtà innovative.

di Fabrizio Salvucci, Chief Innovation Manager di Sapio Group