In Italia solo un laureato su quattro nelle materie Stem è donna. Secondo l’ultimo Focus Gender Gap realizzato da Almalaurea, tra i laureati in scienze, discipline tecnologiche, ingegneria e matematica le donne rappresentano il 40,9%, rispetto al 59,1% degli uomini che entrano a far parte dei team li lavoro. Una tendenza che si rispecchia anche nel mondo professionale in termini di tasso di occupazione e divario retributivo. La tendenza è ancora più marcata nel mondo della cybersecurity: secondo l’Osservatorio sulle competenze digitali 2023, nei corsi di laurea magistrale in sicurezza informatica su 100 laureati solo 6 sono donne.
Molti ostacoli da superare
Che cosa si può fare per invertire questa tendenza e portare a una maggiore diversità di genere nel settore della cybersecurity? Senza dubbio, occorre superare una serie di ostacoli.
- Il primo è di tipo strutturale, legato al rapporto che i giovani in età di apprendimento hanno con la matematica: bisogna “riconciliare” tutti gli studenti – maschi e femmine – con questa materia a partire dai banchi di scuola.
- Il passo successivo consiste nel convincere le studentesse che le professioni ingegneristiche (biologia, automotive, aeronautica, informatica, ecc.) possono essere praticate dalle donne. In questo caso, la barriera da superare è legata alle rappresentazioni: nella nostra società, l’ingegneria è spontaneamente associata al maschile, anche se le donne sono perfettamente in grado di svolgere queste missioni ad alto valore aggiunto tecnico.
- Anche altri “soffitti di cristallo” devono essere superati: la segregazione “verticale” del mercato del lavoro, che fa sì che la presenza delle donne diminuisca quanto più si sale nella gerarchia del potere, ma anche il fatto che genitori e insegnanti pretendano di più dagli uomini, insieme a numerosi altri miti sul “genio maschile” che relega la donna al solo ruolo di “musa”.
La co-educazione, un prerequisito per l’intelligenza collettiva
Proviamo per un attimo ad allontanarci da queste dinamiche e osserviamo cosa accade realmente all’interno dei team impegnati nel campo della cybersecurity. A questi gruppi di lavoro si richiede autonomia, iniziativa, adattabilità, resistenza, reattività. Essere direttamente coinvolti in questioni di sicurezza richiede un rapido processo decisionale a seconda della situazione. Lo vediamo tutti i giorni: di fronte a un attacco informatico, è importante che un team sia in grado di dare rapidamente un’occhiata complessiva al problema in modo obiettivo. Saper comunicare e sviluppare buone capacità relazionali è, quindi, essenziale: una qualità che le donne possiedono indiscutibilmente. Si tratta anche di dimostrare un’intelligenza collettiva: anche in questo caso, ciò depone a favore della parità. È un bene prezioso. Secondo uno studio dell’Harvard Business Review, la diversità di genere nei team professionali migliora notevolmente le prestazioni. Più in generale, è stato dimostrato che le aziende che sottovalutano il ruolo delle donne rischiano di non riuscire ad affrontare le grandi sfide del nostro tempo, dagli attacchi informatici ai cambiamenti climatici (fonte: Banca europea per gli investimenti).
Nel 2024, non c’è alcuna ragione per cui le donne non debbano entrare nel mondo della cybersecurity, e dovremmo aspettarci di vedere team di lavoro misti che vi lavorino. Incoraggiamo quindi le giovani generazioni ad abbracciare questa carriera. Nella lotta alla criminalità informatica, il genere non conta: è il talento a determinare tutto. Oggi molte organizzazioni cercano di assumere donne nei settori dell’ingegneria e della tecnologia: ciò non solo dà loro un vantaggio competitivo, ma anche un maggiore margine di negoziazione. E questo è tanto più vero se si considera che i clienti con cui parliamo elogiano regolarmente la capacità delle donne di dimostrare un alto livello di rigore, nonché la loro capacità di ascoltare, comprendere e riformulare le esigenze.