Siamo a un momento cruciale della nuova era dell’attuazione dell’Agenda Digitale. Oggi il PNRR mette a disposizione risorse mai viste prima per la digitalizzazione dell’Italia: 47 miliardi di euro dal 2021 a giugno 2026 (40 miliardi della Missione 1, più le iniziative di digitalizzazione di altre cinque), pari al 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale nel Next Generation EU. Molto più di tutti gli altri Paesi in Europa: la Spagna prevede di spendere per il digitale 20 miliardi di euro, la Germania 13, la Francia 9, 19 Stati meno di 2 miliardi.
Un grande impegno, che l’Italia ha gestito bene
L’Italia ha già realizzato il 53% delle milestone e dei target concordati con l’Europa (151 dei 290 previsti) e a oggi siamo il Paese con maggiori risultati raggiunti nella digitalizzazione nell’ambito del PNRR. Ma ora la partita si fa seria, con molti nuovi target da raggiungere, per cui sono attesi risultati con effetti concreti sull’economia e il benessere collettivo. Lo evidenzia la ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano presentata questa mattina al convegno “Italia Digitale: oltre le colonne d’Ercole”.
“Si apre una nuova fase per l’Agenda Digitale dell’Italia, ancor più ricca di opportunità e di criticità che in passato – afferma Alessandro Perego, Direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation –. Mentre siamo impegnati a realizzare nei tempi previsti gli interventi del PNRR, è necessario pensare a come dare un futuro sostenibile alla trasformazione digitale. È importante farlo ora, mentre entriamo nella fase più critica del Piano e impostiamo le politiche di coesione, per garantire continuità d’azione e un uso corretto delle risorse disponibili. Perché non ci possiamo permettere che la fine del PNRR rappresenti le ‘colonne d’Ercole’ per gli interventi di digitalizzazione del Paese”.
La sfida della Pubblica Amministrazione
La PA è fondamentale nell’attuazione del PNRR e nel raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione. Almeno il 60% delle risorse del Piano (e nello specifico il 33% di quelle della Missione 1 per la trasformazione digitale) sono destinate a PA centrali, locali o imprese pubbliche. Tutte le risorse sono gestite e rendicontate da PA.
“Arrivati a metà del periodo disponibile per completare il Piano, possiamo trarre un bilancio positivo dello stato di implementazione – afferma Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale – Fino ad oggi l’Italia ha gestito ottimamente le risorse straordinarie ottenute, accelerando su ambiti chiave per una pubblica amministrazione più moderna ed efficiente. Ora però entriamo nella fase più critica in cui gli investimenti e le riforme per la digitalizzazione devono dimostrare di produrre risultati concreti, con un forte impatto sull’economia del Paese e il benessere della collettività”.
In particolare, entro fine 2024 l’Italia deve confermare i target di fine 2023 sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, su quelli per realizzare quanto previsto e sulla gestione dei relativi pagamenti; deve spedire almeno 3 milioni di lettere di conformità e generare un gettito fiscale, da queste, di almeno 2,7 miliardi di euro; deve ridurre del 65% le cause pendenti nei tribunali ordinari e del 55% quelle nelle corti di appello civili.
La digitalizzazione dell’Italia
Tramite i propri Digital Maturity Indexes, l’Osservatorio ha analizzato gli indicatori raccolti nel 2023 dalla Commissione Europea per confrontare i Paesi verso gli obiettivi di Digital Decade 2030, evidenziando una situazione che, come negli scorsi anni, è caratterizzata da luci e ombre. Infrastrutture digitali. Con un balzo di 22 punti in un anno, nel 2022 le famiglie italiane con banda larga a 100 Mbps hanno superato per la prima volta la media europea (60% contro il 55%): facciamo meglio di Francia (51%) e Germania (39%), ma siamo lontani dalla Spagna (88%). Sulla connettività a 1 Gbps siamo allineati alla media europea (13%). Negli indicatori Digital Decade 2030 siamo avanti sul 5G, leggermente sotto media sulle linee FTTP, tra gli ultimi in Europa per copertura VHCN. Rimane critico l’effettivo utilizzo della rete: l’uso di internet da parte degli italiani è tra i più bassi d’Europa (83% degli individui 16-74 anni).
- Digitalizzazione delle imprese
Il 70% delle PMI italiane ha un’intensità digitale di base, leggermente superiore alla media europea (69%), solo la Finlandia ha già raggiunto il target fissato per il 2030 (90%). Cresce la percentuale di fatturato delle PMI da eCommerce (14%) e le imprese italiane sono messe bene sull’adozione del cloud (52%). Siamo indietro nello sfruttamento dei big data e nell’impiego dell’IA, ma anche i Paesi EU più avanti sono ancora lontani dai target europei.
- Competenze digitali
Solo il 46% degli italiani fra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali di base contro il 54% della media europea. L’obiettivo del 80% entro il 2030 è già raggiunto solo dalla Finlandia. Solo l’1,5% dei nostri laureati è in ambito ICT, la media europea è 4,2%. Con solo il 3,9% dei dipendenti italiani specialisti (contro il 4,6% a livello europeo), il nostro Paese contribuisce poco all’obiettivo comunitario fissato per il 2030.
- Servizi pubblici digitali
Malgrado ottimi risultati nella disponibilità di open data (7° posto in Europa), il nostro Paese è distante dalla media europea per moduli di eGovernment precompilati a disposizione dei cittadini, nei servizi pubblici digitali offerti alle imprese e, in generale, nella trasparenza dei servizi pubblici digitali. Negli indicatori della Digital Decade 2030 siamo allineati alla media europea solo per il numero di cittadini che consultano digitalmente i referti sanitari; per il resto in rincorsa. Ma superiamo la media Europea per la quota di cittadini che interagiscono online con la PA: il 76% degli utenti italiani contro il 74% europei.
A livello geografico
Si confermano ampie differenze tra le Regioni italiane su diversi indicatori e il divario endemico tra le Regioni del Mezzogiorno – con valori al di sotto della media italiana – e quelle del Centro- Nord. A livello europeo, poi, emerge che più una regione è digitalizzata, più è efficace nell’affrontare le grandi sfide di sostenibilità: c’è una relazione tra 9 indicatori di digitalizzazione disponibili in 212 Regioni europee e 4 obiettivi di sviluppo sostenibile.
“Se vogliamo ridurre i divari storici dell’Italia con altri Paesi e tra i nostri stessi territori, servono strategie differenziate che raccordino il livello nazionale a quello regionale – afferma Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale -. L’attuazione dell’agenda digitale deve essere portata avanti con strategie multilivello, differenziate e il più possibile basate su solide evidenze empiriche, che tengano conto anche degli effetti degli interventi sulla riduzione delle disuguaglianze economico-sociali”.
Il modello Government as a Platform
L’Italia ha compiuto passi avanti sul modello di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali “Government as a Platform”. A fine 2023, si evidenziano miglioramenti nella digitalizzazione della PA per quanto riguarda i 4 pilastri del modello: dataset e componenti condivisi, piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici, modelli di interoperabilità basati su API e soluzioni cloud.
- Tra le basi dati condivise
L’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani aderenti e la possibilità di scaricare 15 certificati anagrafici; si stanno integrando le liste elettorali, digitalizzando i processi di registrazione e gestione degli atti di stato civile e rendendo interoperabili altre anagrafi. Il Fascicolo Sanitario Elettronico non è ancora completamente operativo e interoperabile, ma oltre 418 milioni di referti digitalizzati sono già accessibili e il PNRR destina 1,3 miliardi di euro a rendere pienamente operativa la soluzione. Continua il popolamento del portale dati.gov.it, con oltre 60.000 open data importati automaticamente dalle PA aderenti (897).
- Tra le diverse piattaforme
PagoPA ha oltre 16.000 PA aderenti e, da quando è attivo, per il nodo dei pagamenti sono transati oltre 209 miliardi di euro; il PNRR destina 370 milioni di euro all’attivazione e alla migrazione di servizi di incasso superiori a 250.000 euro.
SPID è nelle mani di 36 milioni di italiani (da cui viene usato oltre un miliardo di volte l’anno) mentre sono oltre 40 milioni le CIE rilasciate; il Governo ha indicato di voler portare le due piattaforme a convergenza e evolverle verso il digital identity wallet; il PNRR destina 285 milioni di euro per rilasciare 42 milioni di identità digitali entro giugno 2025.
L’App IO è stata scaricata da 36 milioni di italiani e le 15.000 PA presenti offrono oltre 274.000 servizi che saranno potenziati con 390 milioni di euro del PNRR. Nel 2023 a SEND (che permette l’invio di notifiche digitali con valore legale) si sono integrati 1.400 enti pubblici; il PNRR fornisce 245 milioni di euro per raggiungere 6.400 PA entro giugno 2026.
- Tra i sistemi di interoperabilità
La PDND (che abilita lo scambio automatico di dati tra PA) in poco più di un anno ha accolto 4.000 enti che espongono circa 900 API. Il PNRR destina 556 milioni di euro per creare, entro giugno 2026, almeno 1.000 API in modo da migliorare la gestione di servizi previdenziali, sanitari, fiscali, pensionistici, scolastici e di welfare. Il progetto MaaS for Italy, invece, dedica 57 milioni di euro all’integrazione e all’interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato; 6 progetti pilota dovranno essere realizzati in altrettante città entro marzo 2025.
- Tra le infrastrutture digitali
Oltre 200 PA centrali, ASL e Aziende Ospedaliere hanno presentato piani di migrazione di dati e applicativi al Polo Strategico Nazionale. Il PNRR destina 900 milioni di euro alla creazione e migrazione entro giugno 2026 di dati e servizi di almeno 280 enti. Nel frattempo, è iniziata la migrazione al cloud di dati e servizi pubblici “guidata” dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Il PNRR mette a disposizione 1 miliardo di euro a Comuni, Scuole e ASL/AO per migrare verso soluzioni qualificate nel cloud marketplace. A fine 2023 oltre 13.300 enti hanno presentato piani di migrazione, già terminati da oltre 1.000.
Digitalizzazione: oltre le colonne d’Ercole
Non ci possiamo permettere pause nella trasformazione digitale dell’Italia. È necessario impostare fin d’ora come navigare in modo sostenibile oltre la scadenza del PNRR di giugno 2026. L’Osservatorio Agenda Digitale ha messo in fila le azioni necessarie per riuscirci.
Nella strategia è importante mantenere un doppio focus di attuazione, sul PNRR e su interventi strategici complementari. La piena attuazione del PNRR, infatti, non è sufficiente a realizzare gli obiettivi della Commissione nell’ambito della Digital Decade 2030: è necessario raccordarlo ad altri Piani strategici come la strategia sull’IA. Sul fronte delle risorse è fondamentale accelerare la spesa dei fondi PNRR, in modo complementare con i fondi strutturali o il programma quadro Horizon Europe, affiancando in questo le Regioni italiane che, nella programmazione 2014–2020, hanno speso solo il 71% delle risorse previste per il digitale.
“Bisogna assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della PA siano spesi in modo efficace, monitorandone l’impiego nel tempo – afferma Giuliano Noci, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale -. Ma è necessario potenziare i meccanismi di affiancamento e supporto agli enti locali che gestiranno gran parte delle risorse complementari al PNRR. Ed è quindi fondamentale un forte presidio e coordinamento: gli interventi sono molteplici, complessi, da realizzare in pochissimo tempo da una pluralità di attori pubblici e privati. Serve una regia forte che tenga alta l’attenzione di tutti a fare la propria parte nella partita complessiva”.
Infine, conclude Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale, “è fondamentale portare avanti il processo di digitalizzazione della PA guardando oltre il PNRR, facendo attenzione agli effetti di più lungo periodo sul mercato dei fornitori di soluzioni digitali e sulle competenze dei lavoratori pubblici. Bisogna evitare che il mercato e le competenze si concentrino nelle mani di pochi fornitori e assicurare che le persone che lavorano all’interno delle Amministrazioni acquisiscano professionalità per gestire con la necessaria autonomia i servizi pubblici”.
In particolare, nel procurement va completata la riforma del Codice dei contratti pubblici, accelerando la loro completa digitalizzazione. La PA italiana nel 2022 ha comprato lavori, servizi e forniture per 290 miliardi di euro: con processi di procurement pubblico più efficaci ed efficienti potremmo fare vere riforme strutturali, con impatti dirompenti. Per farlo è tuttavia necessario superare gli annosi problemi che caratterizzano il mercato di soluzioni digitali alla PA italiana: il 69% della spesa dal 2016 a fine 2022 è concentrato nelle mani di 50 fornitori e il 34% nelle mani dei primi 5. Inoltre, sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica, senza considerare i tempi per prepararla e quelli per gestire i ricorsi.