Cresce il numero di imprese che ha difficoltà a reperire le giuste risorse. Le opportunità sono però ampie: formazione costante e certificazioni IT possono contribuire a ridurre questo divario.

In un mondo sempre più influenzato dai Social Network, Mobile, Cloud, Big Data e dall’Internet of Things, le aziende, al fine di cercare di ottenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti o semplicemente sopravvivere, hanno deciso di intraprendere il processo di digitalizzazione. Un fenomeno questo confermato da IDC: tutte le imprese diventeranno delle software house nel prossimo futuro. Più drastico è invece Bill Gates, fondatore di Microsoft, secondo cui “qualsiasi azienda che entro il 2018 non investirà almeno il 20% delle proprie risorse nel digitale sarà tagliata fuori dal mercato”.

Non mancano quindi le opportunità in ambito lavorativo: il digitale evidenzia una crescita del trend occupazionale tra il 30% e il 40% anno su anno, a seconda delle figure richieste, con picchi del 50% per alcune figure specializzate. Ad esempio, secondo una ricerca Red Hat, il 50% delle organizzazioni è intenzionata di assumere in ambito mobile nel corso dell’anno. Tra queste, il 32% è alla ricerca di competenze legate allo sviluppo front-end, il 27% cerca capacità di integrazione back-end, il 15% richiede DevOps in versione mobile.

Le competenze digitali diventano pertanto cruciali e rappresentano un requisito fondamentale non solo per tecnici specializzati, ma per tutti, poiché chiunque sarà chiamato a gestire, direttamente o indirettamente, attività e processi legati al digitale.

Ma esiste una problematica: la forza lavoro non è in grado di soddisfare le richieste del mercato a causa di un gap di competenze. La mancanza di un sufficiente numero di programmatori, sistemisti, esperti di cloud e di nuove tecnologie è concreta; ed è un limite al successo di aziende italiane di IT a livello internazionale. Questo è dovuto sia all’assenza di una strategia di lungo periodo che coinvolga aziende e sistema formativo, sia per un digital divide ancora endemico. Basti pensare che tra gli universitari italiani solo uno su cinque ha già fatto esperienza di progetti digitali, mentre solo il 25% dimostra conoscenze teoriche avanzate, riuscendo a dare la definizione giusta di concetti chiave delle tecnologie digitali applicate al business di oggi come “mobile advertising”, “cloud”, “fatturazione elettronica” o “big data”.
In ambito aziendale non sembra andare meglio: secondo l’Osservatorio delle Competenze Digitali, le giornate dedicate alla formazione sono pochissime. La media è di 6,2 giornate annue pro-capite nelle aziende ICT, 4 nella PA, 3 nelle aziende utenti.

Si tratta di numeri troppo bassi: l’innovazione corre rapida e chi si ferma è perduto. Solo la formazione costante è in grado di garantire le competenze adeguate necessarie a supportare il processo di trasformazione delle imprese.

Proprio per il gap di skill attuale, alcune figure risultano particolarmente ricercate. Ad assumente una posizione privilegiata sarà quindi chi avrà ottenuto una Certificazione IT. E le imprese lo confermano: il 72% delle aziende utilizza le Certificazioni IT come requisito necessario per accedere a determinati ruoli, mentre il 65% dei selezionatori le considera come fattore discriminante tra i candidati ugualmente qualificati.