La maggior parte delle aziende si affida al cloud ibrido soprattutto per i vantaggi economici, operativi e funzionali. Cloudera analizza le evoluzioni di questa tecnologia.

cloud ibrido

Secondo  451 Research, il 96% delle imprese sta attivamente perseguendo una strategia IT ibrida. Le aziende moderne necessitano di cicli di innovazione accelerati costosi e difficili da rispettare con piattaforme di dati legacy. Di conseguenza, le tecnologie cloud e i rispettivi service provider hanno sviluppato soluzioni ad hoc per affrontare queste sfide.
La premessa del cloud ibrido – due architetture di dati fuse insieme – offre alle aziende la possibilità di sfruttare queste soluzioni e di indirizzare i criteri decisionali, caso per caso.

Ma come è arrivato il cloud ibrido a dominare il settore dei dati?

1960 – Il concetto di cloud computing è nato quando il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha stabilito l’Advanced Research Projects Agency Network (ARPANET), una versione arcaica dell’internet che oggi conosciamo in cui, per la prima volta, i computer (mainframe) hanno interagito tra loro e gli utenti hanno potuto condividere simultaneamente la stessa risorsa informatica.

1970 – Sono nate le macchine virtuali, grazie alle quali diversi ambienti (virtuali) con i propri sistemi operativi potevano girare su uno stesso computer fisico.

1980 – I sistemi operativi di rete permettono ai computer di comunicare tra loro e lo storage dei dati cresce: un disco rigido da 5MB era considerato illimitato nel 1983 (se paragonato a un nastro magnetico con capacità di memoria di 10kB degli anni ’60). La quantità di dati aumentava e furono sviluppati i primi data warehouse.

1990 – Nel 1991, viene lanciato il World Wide Web (WWW) e l’informatica distribuita nella forma del modello client-server inizia a prendere forma. Nuove connessioni di rete private virtuali permettevano agli utenti di condividere l’accesso alla stessa infrastruttura fisica. “Big Data” diviene un tema di conversazione e viene coniato il termine “Cloud”.

Entro la fine del decennio, le aziende iniziano a offrire applicazioni aziendali sul web e arriva il Software-as-a-Service.

2000 – Non si parla ancora di cloud ibrido, ma i giganti tecnologici iniziano a lavorare sullo sviluppo di servizi basati sul cloud, come lo storage e il calcolo, e a offrirli ai clienti. In quel periodo, l’architettura includeva tipicamente due livelli, dove i fornitori cloud ospitavano il backend e i clienti inviavano le loro richieste tramite applicazioni web.

Quando le aziende hanno iniziato ad abbracciare la trasformazione digitale, sono stati raccolti e archiviati quantità sempre più elevate di dati ed è stato sviluppato il framework Hadoop per memorizzarli ed elaborarli, con l’obiettivo iniziale di indicizzare il world wide web.

Oltre a SaaS, anche Platform-as-a-Service (PaaS) e Infrastructure-as-a-Service (IaaS) diventano prodotti commerciali. E nel 2008, nasce Cloudera.

2010 – Con la crescita delle offerte di cloud, aumenta anche la domanda di agilità, velocità ed efficienza dei costi. Diventa evidente che non tutto può essere ospitato in un cloud pubblico per diverse ragioni, tra cui la sicurezza. Quindi i cloud privati, o i data center on-premise, diventano la scelta più indicata per i dati sensibili.

Nel 2019, Cloudera lancia l’enterprise data cloud, Cloudera Data Platform (CDP), che fornisce all’IT aziendale la possibilità di offrire analytics-as-a-service in qualsiasi ambiente cloud, mettendo a disposizione ricche funzionalità di sicurezza e lineage dei dati che minimizzano i rischi. Essendo un modello per sua natura vendor-agnostic, un cloud ibrido fornisce soluzioni adatte allo scopo invece che offerte puntuali che risolvono un problema specifico alla volta.

Lo stato attuale e le prospettive future

Oggi, l’adozione del cloud ibrido continua a crescere. Tra i molti benefici di questo tipo di architettura, ci sono tre vantaggi principali:

  1. Economico: consente un approccio orientato al valore per determinare se ha più senso dal punto di vista economico affittare (cloud pubblico) o acquistare (cloud privato) per un particolare caso d’uso.
  2. Operativo: I nuovi progetti si confrontano con l’ignoto. Il lancio di un cloud pubblico offre la flessibilità e il tempo per valutare i requisiti effettivi dell’infrastruttura prima che vengano fatti investimenti di capitale nel cloud privato.
  3. Funzionale: permette di liberare tutte le capacità delle applicazioni on-premise accedendo al cloud pubblico per sfruttare l’infrastruttura on-demand in caso di carichi di lavoro ad alta intensità di elaborazione.

Poiché la tecnologia più recente – edge computing, machine learning, e IoT – continuano a evolversi insieme al cloud computing, gli analisti si aspettano che l’adozione del cloud ibrido acceleri.

Secondo Mordor Intelligence, il mercato del cloud ibrido è stato valutato in 52,16 miliardi di dollari nel 2020 e dovrebbe raggiungere i 145 miliardi di dollari entro il 2026.