Un terzo degli italiani adulti preferisce cercare informazioni in Google ancor prima di provare a ricordarle ed il 13% dimentica il risultato della propria ricerca appena trovata la risposta

intelligenza artificiale e sicurezza

In un mondo sempre più connesso dove la soglia di attenzione media si è ormai ridotta a 8 secondi[1], la nostra propensione a dimenticare fatti che possiamo recuperare da un dispositivo digitale o da Internet, meglio conosciuta come Digital Amnesia, può essere esasperata dal nostro bisogno di ottenere ciò che desideriamo in un millesimo di secondo. Kaspersky Lab ha condotto un’indagine che ha come risultato proprio questa conclusione. 

Dall’indagine, che ha coinvolto 6.000 utenti di 6 paesi europei, dai 16 anni in su, è emerso che il 55% degli italiani intervistati di fronte ad un quesito prova a rispondere in totale autonomia, mentre il 39% ricorre immediatamente a Internet. Percentuali che si dimostrano in linea con la media europea. Questi utenti sono riluttanti all’idea di impiegare del tempo per trovare le risposte ricorrerendo alla propria memoria, o dubitano della precisione dei propri ricordi.

Il 13% degli italiani ammette inoltre di dimenticare le risposte trovate online non appena ne hanno fatto uso. Percentuale che sale se guardiamo agli altri paesi europei: 33% Regno Unito, 27% Spagna, 23% Germania, 18% Francia e 21% Benelux.

Quest’ansia di accedere all’informazione più in fretta possibile, aggiunta ad una certa riluttanza nel ricordarla subito dopo ha implicazioni su vasta scala: dalla memoria a lungo termine alla sicurezza dei dispositivi ai quali facciamo riferimento per ottenere delle risposte alle nostre domande.

In termini di sviluppo della memoria, gli esperti interpellati per analizzare i risultati dell’indagine Digital Amnesia, hanno evidenziato che il fatto di non ricorrere alla propria memoria per recuperare le informazioni – privilegiando, invece, la ricerca online – possa procurare un indebolimento o addirittura la scomparsa di questi ricordi.

“Il nostro cervello rafforza la memoria di un ricordo ogni qualvolta ne facciamo uso e allo stesso tempo, dimentica ricordi irrilevanti che ci distraggono. Ricerche passate[2] hanno dimostrato che richiamare attivamente alla memoria delle informazioni è un modo molto efficace per creare un ricordo permanente. Al contrario, informazioni recuperate passivamente (ad esempio ricorrendo a Internet) non creano una solida e duratura memoria. Sulla base di questa ricerca, si può sostenere che la tendenza a cercare informazioni prima ancora di tentare di ricordarle rende più difficile la costruzione di ricordi a lungo termine”, spiega Maria Wimber, docente della School of Psychology, University of Birmingham.

“La Digital Amnesia è il riflesso di vite sempre più connesse e sovraccariche di informazioni. Il nostro studio dimostra che la mente non conserva più le informazioni che è possibile recuperare da un dispositivo digitale o da Internet. E’ emerso, inoltre, che la Digital Amnesia è influenzata anche da altri fattori quali ad esempio il bisogno di risposte tempestive di fronte ad un quesito. Per cui viene naturale domandarsi se siamo diventati incapaci di ricordare oppure semplicemente non vogliamo più farlo perché troppo impazienti”, afferma Morten Lehn, Managing Director di Kaspersky Lab Italia. – “Questa frenesia nella ricerca di dati mette gli utenti in pericolo perché indotti a sottovalutare la sicurezza. Sicurezza e velocità non dovrebbero escludersi a vicenda: adottare una soluzione di sicurezza adeguata permette ad entrambe le esigenze di convivere, proteggendo efficacemente i dati preziosi e lasciando agli utenti la libertà di navigare in Internet, potenziando la propria memoria personale e stimolando curiosità e ricerca”.

 


[1] http://www.statisticbrain.com/attention-span-statistics/ La soglia media di attenzione: 12 secondi nel 2000; 8,25 secondi nel 2015. Fonte: National Center for Biotechnology Information, U.S. National Library of Medicine, the Associated Press. Data della ricerca: 2 Aprile 2015.

[2] Roediger HL, Karpicke JD (2006). Test di apprendimento potenziato: fare memory test migliora la memoria a lungo termine. Psychol Sci, 17, 249-55.