L’economia digitale internazionale si evolve in favore di clouding e IoT. Le nuove tecnologie si integrano di più con le dinamiche economiche e sociali

L’economia digitale cambia volto, asseconda e favorisce mutamenti di carattere sociale ed economico e gli Stati hanno saputo articolare strategie e tecnologie più ampie, svincolate dalla mera comunicazione e più impattanti sulla vita dei cittadini. Questi ultimi facilitano la transizione, dimostrano di adattarsi con rapidità alle trasformazioni, vivono un rapporto sempre più stretto con l’utilizzo di internet e con i servizi ad esso integrati. Portali come supermoney.eu per la comparazione delle tariffe ADSL permettono ai consumatori di individuare i servizi di rete più adatti alle proprie esigenze, il mercato evolve verso un assetto via via più concorrenziale, i servizi si integrano in maniera sempre più inclusiva.

L’economia digitale cambia: il rapporto dell’Ocse

Gli equilibri globali mutano di pari passo con le politiche dei governi e con le abitudini degli individui. Secondo quanto riportato al’interno dell’Ocse Digital Economy Outlook 2015, dei 34 Paesi facenti parte dell’organizzazione internazionale, ben 27 di essi hanno saputo sviluppare un piano di economia digitale organico, in grado di apportare benefici economici e sociali alla cittadinanza. In linea di massima, gli Stati dimostrano di avere pienamente compreso le opportunità e le risorse offerte dalle nuove tecnologie di rete.

Privacy, banda larga, piattaforme cloud e net neutrality i temi principali

Delle 27 realtà nazionali che hanno dimostrato di aver saputo articolare un piano di digital economy, molte di esse lo hanno sviluppato negli ultimi due anni. Privacy e formazione sono due aspetti ancora scarsamente considerati. Il tema della sicurezza tende ancora ad essere visto come una questione a carico delle autorità di vigilanza e non sono stati strutturati piani adeguati a garantire la giusta protezione degli utenti. Allo stesso modo, il rapporto Ocse rivela l’assenza di piani e investimenti organici volti a favorire la formazione dei cittadini in ambito ICT, che dovrebbero agevolare la creazione di nuovi profili lavorativi in grado di misurarsi con le nuove realtà digitali.

Bene sulle nuove tecnologie

Riscontri positivi invece per ciò che riguarda lo sviluppo delle nuove infrastrutture ICT: la diffusione della banda larga prosegue su ritmi sostenuti e circa un quinto dei Paesi può contare su più di un abbonamento alla banda larga pro capite. La diffusione degli smartphone è favorita dall’abbattimento dei costi dei device e in Italia, Turchia e Nuova Zelanda si sono riscontrati, tra il 2012 e il 2014, gli abbassamenti più significativi. Il settore ICT offre lavoro a una quota compresa tra il 2 e il 4% degli impiegati totali nei Paesi coinvolti nello studio, con una media prossima al 3%. Le tecnologie dell’Internet of Things oggi contano circa 1 miliardo di oggetti integrati alla rete ma le stime di settore prevedono che si raggiungeranno i 14 miliardi entro il 2022.

L’economia digitale in Italia

Per l’Italia il bilancio sull’economia digitale può definirsi in chiaroscuro. Siamo tra i leader per quanto riguarda la diffusione e l’utilizzo di piattaforme di cloud: il 40,1% delle aziende del nostro Paese utilizzano servizi di cloud computing, un dato superato solo da Finlandia (50,8%) e Islanda (43,1%).

Il tasso di occupazione nell’information and communication technology nel Belpaese è pari al 2,54%, valore in media con quelli stimati negli altri Stati. L’economia digitale italiana, tuttavia, fatica ad apportare un significativo valore aggiunto all’economia reale del Paese. Il rapporto Ocse, infatti, rivela un tasso di valore aggiunto all’economia nazionale da parte delle politiche italiane sul digitale pari al 3,72%, significativamente inferiore al 5,5% della media totale.