Secondo un report di The Boston Consulting Group e MIT Sloan Management Review, dal titolo “Reshaping business with artificial intelligence”, le aspettative relative all’intelligenza artificiale sono altissime ma le aziende sono ancora agli albori nell’applicazione di questi sistemi ai propri processi o ai servizi offerti. Tra i tremila manager e analisti di 21 diversi settori intervistati in 112 Paesi, più di tre quarti si aspetta che l’intelligenza artificiale (AI) permetta alla propria società di creare nuove linee di business, o comunque (quasi l’85%) di guadagnare o mantenere un vantaggio competitivo. L’80% dei manager vede infatti l’AI come un’opportunità, mentre solo il 40% pensa che possa essere anche un rischio. Appena il 13% dei rispondenti non la vede né come un rischio né come un’opportunità.
Tuttavia, solo un’organizzazione su 20 ha sviluppato processi o offerte in maniera estensiva e appena una su cinque in maniera limitata. Inoltre, meno del 40% delle società ha una strategia relativa all’AI e tra le stesse grandi imprese, quelle con più di centomila dipendenti, solo la metà ne ha una. Dalla ricerca emerge che si sta allargando la distanza tra chi sta investendo sull’AI e chi no: tra le organizzazioni intervistate c’è un 19% di pionieri, ossia di società che hanno sia adottato qualche forma di AI sia capito quali siano i passi necessari per implementarla; all’estremo opposto ci sono i “passivi” (36%), che non hanno né soluzioni né comprensione del fenomeno.
Eppure la rivoluzione arriverà presto. Ben sei manager su dieci si aspettano che gli impatti sulle proprie organizzazioni saranno grandi entro cinque anni, in particolare sull’information technology, sulle operations & manufacturing, sulla gestione della supply chain e sulle attività di rapporto con i clienti. Occorre attrezzarsi su vari fronti: capire come sfruttare adeguatamente i potenziali di business; come organizzare la forza lavoro integrando le persone e i sistemi automatizzati; come rispettare i contesti regolatori su aspetti come la tutela della privacy. E, dal punto di vista tecnico, come predisporre una struttura dei dati efficace, che consenta agli algoritmi di essere “addestrati”, cioè di imparare dalle esperienze precedenti. È anche necessario dotarsi di database integrati, evitando di incanalarli in silos separati.
Escono invece ridimensionate le preoccupazioni sulla perdita di posti di lavoro dovuta all’AI. Nonostante gli allarmi diffusi nel dibattito pubblico, meno della metà dei partecipanti (47%) si aspetta che la forza lavoro delle proprie società si riduca nei prossimi 5 anni. Quasi l’80% crede che le attuali competenze dei dipendenti saranno aumentate. Meno di un terzo dei manager teme che l’AI porterà via alcune delle funzioni attualmente svolte da loro stessi.