Refinitiv presenta il suo annuale report sui processi di Risk & Compliance indagando sulle conseguenze dell’emergenza pandemica.

processi di Risk & Compliance

La situazione pandemica ha portato i governi, le imprese e i consumatori a un cambiamento di priorità e a una riallocazione di risorse; allo stesso modo sono cambiate anche le forme dei crimini finanziari e i loro impatti. Per indagare questo fenomeno e capire come l’impatto di dati e tecnologia sta ridisegnando il perimetro di rischio percepito dalle aziende, Refinitiv ha condotto l’annuale Global Risk and Compliance Report, che quest’anno si concentra sulle conseguenze dell’emergenza pandemica sui processi di Risk & Compliance: dalla due diligence di clienti e terze parti ai rischi connessi a crimini finanziari e attacchi cyber.

L’indagine è stata condotta su un campione composto da 2920 Manager (dal Chief Level al middle Management) che sono responsabili o si occupano dei processi di Risk & Compliance. Le aziende di cui fanno parte i manager del campione sono di grandi dimensioni, con un turnover medio di 24,3 miliardi di dollari, e provengono da 30 Paesi, tra cui l’Italia.

Dai risultati del Report, emerge come a causa dell’emergenza molte imprese siano state costrette a focalizzare la propria attenzione sulle necessità più urgenti del business. L’84% dei manager italiani ha dichiarato che si trova, o si troverà nei prossimi mesi, sotto estrema o significativa pressione per aumentare i ricavi della società. I dati Refinitiv sul report dedicato ai processi di Risk & Compliance, mostrano inoltre come la pressione sull’aumento dei ricavi comporti un movimento inversamente proporzionale nell’attenzione su controlli e processi di due diligence. In Italia il 62% dei manager (65% nel mondo), dichiara di essere stato costretto ad utilizzare scorciatoie nei processi di selezione clienti e due diligence.

In totale, il 44% del campione ha riportato di aver condotto attività iniziale di due diligence su terze parti (-5% rispetto al 2019); in Italia tale attività si è limitata al 41% dei casi (-6% rispetto al 2019). In questi casi le società sono riuscite ad ottenere in media solo il 46% dei dati e documenti legali richiesti per svolgere le verifiche. Inoltre, in Italia il 43% degli intervistati aggiorna la due diligence di clienti o terze parti almeno una volta all’anno.

Questo trend distensivo è stato favorito in parte dalla minor pressione esercitata da fattori esterni sulle imprese, una attenuazione della pressione regolatoria dovuta alla necessità di supportare le aziende nell’attività economica complessiva a fronte di uno scenario macroeconomico depressivo. Rispetto ai dati del report Refinitiv sui processi di Risk & Compliance del 2019, infatti, i manager avvertono un generale ammorbidimento della pressione da parte del governo (-8%) e dei regolatori (-14%), così come dei fornitori, associazioni di categoria e mondo dei media (-10%). C’è da segnalare, però, come la percezione di tale allentamento in termini di pressione sia avvertita in maniera sensibilmente minore sul territorio italiano, dove complessivamente la differenza si limita al -4% tra il 2019 e il 2021.

L’utilizzo delle tecnologie nei processi di Risk & Compliance viene identificata come una delle principali variabili nella lotta ai crimini finanziari. Come mostrano i dati, circa 9 manager su 10 (86%) concordano sul fatto che le tecnologie digitali innovative hanno aiutato a identificare un maggior numero potenziale di crimini finanziari. Tra questi, i cyber-crimini sono tra quelli che hanno registrato una maggiore crescita in termini di priorità dopo la pandemia. In Italia, il 40% dei crimini finanziari noti ai manager è stato riportato formalmente all’esterno dell’organizzazione.

Luci ed ombre in tema Sostenibilità: il 43% (39% Italia), a seguito della pandemia, ha dichiarato come la propria Società abbia dato maggiore rilevanza ai crimini “green”, ma questo trend non risulta accompagnato da una crescita sostanziale delle risorse investite dalle aziende per prevenirlo: infatti solo l’8% delle azioni sono volte a contrastare i “green crime”, mentre la maggior parte delle risorse è impiegata per contrastare la frode (20%), il riciclaggio (16%), il furto e i crimini cyber (14%).