Dal White Paper di FLU emerge che solo il 30% dei brand ha un team dedicato all’influence marketing e non tutti monitorano e garantiscono la brand safety.

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Le tendenze dell’Influence Marketing a livello mondiale sono chiare: entro il 2025 i brand spenderanno circa 22 miliardi di dollari.

Sempre più aziende oggi inseriscono questa leva all’interno del proprio marketing mix, in sinergia con altri touchpoint. L’Influence Marketing appare dunque come un settore multi sfaccettato, che non può più essere affrontato con superficialità, sia per la rilevanza a livello di investimenti, sia per tutte le implicazioni che porta con sé.

Il maggiore spazio che trova all’interno dei piani di comunicazione ha trasformato, inoltre, le dinamiche del settore, creando la necessità di lavorare con metriche più puntuali e di avere una regolamentazione aggiornata.

Influence Marketing: un mercato in controtendenza

Stando alle stime di UPA in Italia questo settore vale oltre 300 milioni, ma in controtendenza a una crescita costante solo metà delle aziende italiane utilizza tool per monitorare e garantire la brand safety e solo il 30% ha una figura o un team dedicato alla gestione delle attività di influence marketing.

I dati, da un certo punto di vista sorprendenti, emergono da una nuova ricerca condotta da FLU, realtà specializzata in influence marketing parte di Uniting Group, che ha da poco pubblicato “BRAND SAFETY e Influence Marketing: strumenti legali e guideline per tutelare la tua campagna”, white paper realizzato con il contributo di IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) e dello studio legale DGRS.

Uno strumento che mira a rispondere ad alcune delle domande più comuni da parte di aziende e attori del settore sul rapporto tra Influencer e sicurezza del brand, ma anche sulla tutela degli stessi creator e dei loro intermediari.

I risultati principali del White Paper

Tra le principali evidenze che emergono dalla ricerca non sorprende invece che per l’80% dei marketer l’elemento più importante quando si parla di brand safety è la credibilità, mentre 7 marketer su 10 sono preoccupati per l’accostamento con influencer e talent che spesso prendono posizione su tematiche eticamente controverse.

La ricerca, grazie al coinvolgimento di un campione selezionato di importanti aziende italiane e multinazionali operanti in Italia, mira ad esaminare i principali rischi, gli strumenti legali e linee guida da seguire quando si affronta una campagna di influence marketing per poter garantire la brand safety.

Contratti di Influence Marketing non è ancora standardizzato

Il white paper dedica poi un approfondimento alla Digital Chart, strumento particolarmente importante dato che, come emerge dal white paper, solo 1 brand su 2 utilizza clausole di esclusività nei contratti di influence marketing e solo il 40% inserisce eventuali penali.

“Oltre cinque anni di esperienza nel settore, ci hanno permesso non solo di monitorare l’evoluzione dell’Influence Marketing e dell’utilizzo di questo asset all’interno del marketing mix, ma anche di constatare come, ancora oggi, le aziende si approccino in maniera molto differente. La tipologia di interlocutori con cui dialoghiamo è molto ampia e questo è un indicatore piuttosto eloquente del fatto che a questa tipologia di attivazioni siano attribuiti differenti obiettivi”, afferma Rosario Magro, Co-Founder e Chief Operating Officer di FLU. “Esistono, ovviamente, casi specifici e tantissime eccezioni, ma è interessante creare correlazioni ricorrenti per capire la percezione dell’Influence Marketing da parte delle aziende e studiare progetti il più possibile su misura rispetto alle loro esigenze”.