Il nuovo regolamento europeo per chi acquisisce e gestisce dei dati (GDPR) non scalda i cuori degli utenti italiani di internet: il 40,6% degli intervistati non lo ritiene fondamentale perché “anche prima era possibile e ettuare scelte precise in materia di privacy”. Un ulteriore 31,6% dichiara di non conoscerlo e di non essere comunque interessato […]

Scienza e fantascienza: le nuove frontiere della privacy

Il nuovo regolamento europeo per chi acquisisce e gestisce dei dati (GDPR) non scalda i cuori degli utenti italiani di internet: il 40,6% degli intervistati non lo ritiene fondamentale perché “anche prima era possibile e ettuare scelte precise in materia di privacy”. Un ulteriore 31,6% dichiara di non conoscerlo e di non essere comunque interessato alla cosa ( g.8).

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Contemporaneamente, la maggior parte degli utenti non si si fida della gestione dei dati da parte dei social network (69,6%) e dei motori di ricerca (60,5%) ( g. 9). Maggiore è invece la fiducia che viene accordata ai di soggetti pubblici, alle banche e ai siti di e.commerce.

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D’altra parte, per circa 2/3 degli utenti internet la tracciabilità viene ritenuta il prezzo inevitabile della rete globale ( g.10). Solo tra le persone che si auto-collocano nei gradini più bassi della sfera socio-economica nazionale si registra una certa preoccupazione per l’impatto negativo di tutto ciò in tema di sicurezza e di democrazia. Di fronte a questo disincanto” prevalente non stupisce che il 79% degli utenti preferisca disporre di servizi gratuiti consapevole di pagarli indirettamente attraverso la messa a disposizione dei propri dati di navigazione o di profilo ( g.11).

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In ogni caso, in materia di trattamento dei dati si rileva una di usa disinformazione. E’ ad esempio molto radicata la convinzione che le nostre “tracce di navigazione” vengano in possesso di soggetti di erenti da quelli che le acquisiscono ( g.12).

Ma a ben guardare non potrebbe che essere così. Basti pensare che più della metà degli utenti tende a non leggere le informazioni sulla privacy. Si rileva dunque oltre al generale disincanto, un notevole disinteresse e molta presunzione. Se questo vale in generale, è comunque opportuno rimarcare che la componente femminile dell’utenza risulta in generale più attenta e scrupolosa di quella maschile ( g.13).

 

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Naturalmente la nota vicenda di Facebook e di Cambridge Analytica costituisce un po’ la prova del nove di quanto n qui riportato. Gli utenti di Internet che dichiarano che i loro com- portamenti sul social Facebook non sono stati minimamente condizionati dallo scandalo Cambridge Analytica sono il 47,7% del totale. Solo una quota assolutamente residuale (2,7%) ha cancellato il proprio pro lo. Una quota del 12,8% è invece intervenuta modificando i propri comportamenti (riduzione dell’attività per evitare il tracciamento), cercando di assumere informazioni puntuali sull’uso dei dati (21,6%) e variando le condizioni della privacy (14,0%).

Fonte: Rapporto Agi-Censis 2018