Federico Bertamino, esperto di Reti Informatiche e Cybersicurezza ha commentato la decisione del Garante della Privacy Italiana di bloccare il servizio ChatGPT per l’Italia.

ChatGPT

Il 30 marzo 2023 il Garante della Privacy Italiana ha bloccato, temporaneamente, il servizio di Intelligenza Artificiale ChatGPT gestito dalla società americana OpenAI. Poi, il 13 aprile i Garanti della privacy europei, riuniti nel Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), hanno deciso di lanciare una task force sulla regolamentazione dell’uso di ChatGPT.

Di seguito condividiamo il commento dell’esperto di Reti Informatiche e Sicurezza Informatica Federico Bertamino relativamente al blocco di ChatGPT. Buona lettura!

Alla fine è arrivato, provvidenziale o no, il passo indietro. Il Garante della Privacy ha rivisto la decisione di impedire l’accesso al servizio di intelligenza artificiale messo a disposizione dell’azienda americana OpenAI, meglio noto come ChatGPT. La delusione di molti utenti che qualche settimana fa si sono trovati di fronte ad un laconico messaggio che di fatto liquidava ogni possibilità di utilizzo del servizio, con tanto di rimborso dell’abbonamento per chi aveva già effettuato il pagamento, ha lasciato spazio alla soddisfazione. È stata una situazione provvisoria ma che ha portato molte persone a scelte pericolose per bypassare il blocco”.

Inutile negarlo, l’intelligenza artificiale di questo ChatBOT è utile. Molto più potente di Google o di qualsiasi motore di ricerca, ChatGPT è uno strumento potente in molti settori. Ad esempio, nel mondo informatico, è capace di scrivere in molteplici linguaggi codice in maniera quasi perfetta. Tanto utile e performante che, come detto, molti utenti non si sono fermati davanti al veto imposto dal Garante. Ma come è stato possibile bypassare il blocco? È bastato utilizzare una VPN, (acronimo di Virtual Private Network), uno strumento che permette di collegare con “cavi virtuali infrastrutture di rete geograficamente situate in posti diversi. È possibile realizzare queste infrastrutture in totale autonomia, a patto di avere le competenze informatiche necessarie, oppure, in alternativa e con molta semplicità, usufruire di servizi a pagamento, dal costo di pochi euro al mese, che offrono “in affitto” la propria infrastruttura VPN. Fra i più famosi ci sono NordVPN e ProtonVPN che, con i suoi server basati sulla Svizzera assicura i più alti standard di sicurezza esistenti”.

La VPN ha permesso a molte persone di utilizzare la versione gratuita di ChatGPT senza problema alcuno. Diverso il discorso per chi aveva un abbonamento, dal momento che in quel caso OpenAI, l’azienda creatrice del bot, riconosceva gli utenti tramite lo strumento di pagamento utilizzato. Se l’utilizzo di servizi sicuri (che hanno un costo, per quanto basso) non costituiva nessun pericolo per l’utente, diverso è il discorso per chi ha scelto servizi VPN gratuiti di dubbia gestione. Infatti, utilizzando questi servizi, l’utente ha letteralmente affidato “le chiavi di casa” della propria rete ad un estraneo. Quando viene offerto un servizio sul web a titolo gratuito, la domanda che l’utente dovrebbe sempre farsi è “come si sostenta questa azienda?””

La risposta potrebbe risultare assai sconveniente per molti: pirateria, attacchi informatici, furti di dati sensibili, etc. Altro aspetto da considerare nello scegliere un servizio VPN è la cosiddetta latenza, quindi il tempo in cui un’informazione va da mittente a destinatario e torna indietro. Applichiamola a ChatGPT: la latenza sarà il tempo impiegato dalle informazioni, che in rete si chiamano pacchetti, che compongono la nostra domanda ad arrivare al ChatBot e a tornare a noi. Solo a quel punto lei comincerà a rispondere. Questa grandezza si esprime nell’unità di tempo, per la precisione in millisecondi. Introdurre una VPN, per quanto ottimizzata, aumenta necessariamente i valori di latenza, perché invece di fare una strada diretta fra te e ChatGPT, viene introdotta una lunga deviazione fino ai server del gestore VPN e da lì al ChatBOT e la stessa strada dovrà venir percorsa dalle risposte. Se il servizio VPN scelto non è ottimizzato o in particolari situazioni di congestione della rete, ChatGPT potrebbe semplicemente non riuscire a rispondere alle richieste qualora i valori di latenza diventino troppo elevati. Questo fenomeno si chiama “timeout”. Anche se oggi possiamo nuovamente utilizzare la piattaforma, bisogna sempre rimanere aggiornati su possibili futuri cambiamenti. L’Italia non può permettersi di non percorrere la via dell’innovazione, quindi, per scongiurare nuovi inconvenienti, troviamo delle soluzioni o nuove regole più adeguate all’evoluzione dello scenario se non vogliamo rimanere indietro”.