Cambia il modo di lavorare delle persone, spinte sempre più verso il lavoro agile. Ecco come si trasforma di conseguenza il settore immobiliare

Home office: come facilitare il lavoro del team IT - smart working efficace

Il lockdown e l’avvento dello smart working stanno ridefinendo le richieste di immobili da parte di aziende, professionisti e persone private. Si tratta di un fenomeno passeggero? Quali implicazioni porterà a livello economico ed organizzativo? Sono queste alcune delle domande che abbiamo posto a Luca Guffanti, amministratore delegato di Ginvest, gruppo specializzato nel settore delle costruzioni edili, nella progettazione, nello sviluppo, nella vendita e locazione immobiliare, oltre che nella gestione di immobili a reddito.

Quali variazioni ha subito il settore immobiliare a causa della pandemia di Covid-19?

Facendo riferimento alla Lombardia, il mercato commerciale e degli uffici ha subito importanti cambiamenti che dipendono però dall’ambito di attività e dalla struttura aziendale dell’impresa coinvolta. Per quelle realtà dove ad ogni centro di ricavo è riconducibile direttamente un immobile perché fondamentale per l’attività, gli effetti della pandemia si sono concretizzati rapidamente nei rapporti tra proprietari e conduttori con la richiesta di una rinegoziazione. Per fare un esempio concreto, sia le catene commerciali sia i gestori delle RSA hanno reagito tempestivamente cercando di rinegoziare i canoni perché i costi locativi incidono direttamente sulla loro attività e inoltre, sono maggiormente attrezzati alla gestione di queste pratiche avendo numerosi contratti di locazione.

Al contrario invece, gli uffici nei centri città, anche se locati a grandi società multinazionali, non hanno per ora visto la reazione dei conduttori in quanto, meno sensibili al costo della locazione e soprattutto meno attrezzati ad una rapida rinegoziazione del canone, avendo un numero di immobili ridotto da gestire rispetto ai casi accennati sopra.

Va comunque evidenziato che in queste attività lo smart working è risultato maggiormente efficace ed applicabile, consentendo così di ridurre gli impatti economici della pandemia: di ciò anche il settore immobiliare dovrà tenere conto nel prossimo futuro.

Il lavoro agile è stato quindi determinante?

Non in tutte le attività ed in tutte le mansioni è applicabile, ma laddove lo è si è dimostrato un elemento fondamentale per contenere l’impatto economico dovuto all’emergenza sanitaria, e per fortuna oggi ci sono le tecnologie per poterlo adottare. Se la pandemia fosse avvenuta 20 anni fa, la situazione a livello economico sarebbe stata ancora più disastrosa. Bisogna comunque sottolineare che in certi settori lo smart working è purtroppo impossibile da applicare, per gli altri nei quali è invece attuabile, porta benefici da diversi punti di vista.
In ogni caso il lavoro agile rappresenta sicuramente un fenomeno in netta ascesa, anche se bisogna ricordare che molte organizzazioni utilizzavano già questa metodologia prima dell’emergenza, riuscendola così a gestire al meglio. Durante il lockdown, le organizzazioni ancora poco digitalizzate si sono viste costrette ad innovare rapidamente.

Ove possibile, si lavorerà quindi tutti da casa?

No, a meno di altri lockdown: probabilmente nei prossimi mesi si assisterà ad un’alternanza tra il lavoro da casa e la presenza in ufficio. Inoltre, soprattutto nelle aree centrali delle città, gli uffici diventeranno luoghi di rappresentanza per l’incontro con i clienti, mentre i dipendenti lavoreranno maggiormente in aree più esterne o in smart working.

Che ripercussioni ha avuto e avrà il mercato immobiliare residenziale a seguito del Coronavirus e dell’avvento dello smart working?

Sì è assistito ad una riduzione della richiesta di soluzioni di affitto, soprattutto nei grandi centri urbani: molti lavoratori o studenti sono infatti tornati alle loro città di origine, lavorando o studiando da remoto. Al contempo però è aumentato l’acquisto di soluzioni abitative.

La tipologia di immobile richiesta è variata rispetto che in passato?

Sì. Le soluzioni al piano terra con giardino, ovviamente al di fuori dei centri urbani, sono prevedibilmente andate sold-out e anche gli appartamenti con terrazzi hanno avuto un notevole incremento. Allo stesso tempo abbiamo assistito ad uno spostamento verso l’esterno dalle grandi città: a parità di budget disponibile, spostandosi verso la provincia, è possibile acquistare o affittare immobili più grandi nei quali si può più facilmente destinare un’area allo smart working.

Sarà questo un trend a lungo termine?

Ci aspettiamo che questa tendenza durerà per i prossimi 18-24 mesi e sarà sicuramente influenzata dall’evoluzione della pandemia di Covid-19. In futuro però, quando l’emergenza sarà passata, a mio avviso assisteremo ad un ritorno ad una società più dinamica e flessibile, con un conseguente maggior ricorso alla locazione per soddisfare i bisogni abitativi e probabilmente riprenderà il processo di continua crescita in estensione già in atto con le grandi città, Milano in testa, come già avvenuto a Parigi o Londra negli ultimi anni

Anche il settore immobiliare è stato toccato dalla digitalizzazione?

Sì, e siamo convinti che nei prossimi anni l’intero comparto investirà fortemente in digitale

Ginvest lo ha già fatto?
Abbiamo spinto sull’automazione della gestione dei contratti di locazione e dei flussi di incasso degli affitti così da aumentare il controllo e ridurre le risorse destinate a questi compiti. Utilizziamo un CRM evoluto per gestire al meglio le richieste e abbiamo migliorato la relazione con il cliente. Anche il portale online è stato ottimizzato, in modo da ridurre le tempistiche per la ricerca degli immobili desiderati.

Guardando nel lungo termine, grazie all’evolversi della tecnologia, crede che tutto il processo di acquisto di un’abitazione possa svolgersi da remoto?

Più che tutto da remoto, tutto digitalizzato, grazie anche alla blockchain, che è una tecnologia indubbiamente innovativa e che ritengo potrà dare grande impulso alla sburocratizzazione anche in ambito immobiliare.