Da sempre l’imprenditoria femminile è sempre stata ostacolata. In termini di parità di genere in campo imprenditoriale, l’Italia è ancora un passo indietro rispetto agli altri Paesi europei: secondo i dati ufficiali di Unioncamere, a fine settembre 2022 le aziende femminili erano più di 1 milione 342 mila, rappresentando il 22,18% dell’imprenditoria italiana, mentre negli altri paesi dell’UE la percentuale media è intorno al 32%.
A confermare uno scenario imprenditoriale europeo non sempre bilanciato tra generi è anche l’Osservatorio Women in Business condotto da SumUp, azienda specializzata nella tecnologia finanziaria che serve oltre 4 milioni di small merchant in tutto il mondo, in 4 nazioni (Italia, Regno Unito, Francia e Germania) con l’obiettivo di individuare come vivono l’imprenditoria femminile, quali sono gli strumenti abilitanti e gli ostacoli da rimuovere per la crescita femminile nel mondo manageriale.
La burocrazia l’ostacolo più grande per l’imprenditoria femminile
Secondo l’Osservatorio di SumUp, motivano le imprenditrici italiane ad aprire un’attività soprattutto il desiderio di fare impresa (20,5%) e la possibilità di essere creative (21%), mentre nelle altre nazioni sono la voglia di autonomia professionale (54,5% in Francia) e personale (work-life balance al 37,7% in UK) i principali fattori motivanti.
Tuttavia, in Italia non mancano le difficoltà legate – per oltre metà delle imprenditrici (56,4%) – alla burocrazia, cui si affianca il tema della gestione degli impegni familiari (21,9%). In altri Paesi le problematiche si presentano in una fase più evoluta dell’impresa, per esempio durante la ricerca di personale qualificato (una sfida nel 41,4% dei casi per le imprenditrici in Germania) e le fasi di accesso al capitale (29,2% in Francia).
D’altro canto, le imprenditrici italiane mostrano di avere obiettivi molto chiari: tra le priorità hanno la ricerca del work life balance (47,5%) e l’espansione della propria attività nel 44,8% dei casi, rispetto ad esempio al 20.1% delle inglesi.
Scarsa fiducia in sé stesse frena le imprenditrici italiane
Dall’analisi condotta da SumUp emerge inoltre tra le imprenditrici italiane un mindset non positivo, oltre a un evidente senso di inadeguatezza. Anche se solo il 13,5% delle imprenditrici indica stereotipi e pregiudizi di genere come un ostacolo alla propria affermazione, è necessario un cambio di mindset nelle donne perché abbiano maggiore fiducia in loro stesse: nel 35,7% dei casi ammettono infatti di essere frenate dalla paura di fallire e oltre 4 donne su 10 percepiscono di avere più difficoltà a far crescere un’impresa rispetto agli uomini. Una visione, questa, che altrove è percepita in misura minore (18% in Francia, 29,4% in UK, 29,5% in Germania) e che nel 54,8% dei casi non è condivisa dai colleghi imprenditori in Italia. Un cambio di mentalità che, guardando i dati, potrebbe essere già in corso: il 38% delle imprenditrici tende ad avere una forza lavoro composta tra il 75 e il 100% da donne, con l’obiettivo di contribuire all’empowerment femminile.
Assunzioni: personalità e carattere battono esperienza sul campo
La personalità e il carattere sono considerati più rilevanti dell’esperienza e delle qualifiche professionali nelle scelte di assunzione, in particolare quando ad assumere sono le donne. Si tratta di una tendenza presente in tutte le nazioni e più evidente in Germania, dove la personalità è l’elemento principale per l’82% degli imprenditori e delle imprenditrici intervistati. In Italia, nel 61% dei casi si ritiene rilevante la personalità, l’esperienza nel 55% e le qualifiche solo nel 27%. Quando ad assumere sono le donne, la rilevanza della personalità sale al 64%.
Tecnologia a supporto dell’imprenditoria femminile
“C’è una grande potenzialità del femminile nel business, e in Italia è ancora in parte inespressa”, commenta Umberto Zola, Growth Marketing Lead di SumUp. “I dati ci dimostrano che bisogna lavorare su due fronti. Da un lato burocratico e legislativo, per supportare l’imprenditoria femminile con progetti dedicati. Dall’altro, sociale: sono ancora troppe le donne che si scontrano con pregiudizi e micro-disuguaglianze. In questo senso, la tecnologia può fungere da abilitatore positivo per fare impresa, offrendo a tutti le stesse possibilità”.
A dimostrare il ruolo della tecnologia è anche un ulteriore dato di Unioncamere: sono 2mila le startup innovative femminili registrate a fine settembre 2022, con una crescita del 40% rispetto allo scorso biennio.