Il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) definisce che gli utenti di siti web possano consultare l’informativa sulla privacy delle piattaforme in modo facilmente accessibile con modalità volte ad agevolare l’esercizio dei loro diritti, compreso quello all’accesso e all’eventuale cancellazione dei propri dati personali. Tuttavia il 98,7% dei siti web italiani non tende la mano a coloro che hanno svantaggi sotto il profilo linguistico, culturale, e neanche alle persone con disabilità sensoriali.
Ad evidenziarlo è uno studio condotto dal Gruppo di Lavoro per l’agevolazione dell’esercizio dei diritti dell’interessato di Federprivacy che ha esaminato un campione di 400 siti web italiani di organizzazioni pubbliche e private appartenenti a vari settori. L’obiettivo della ricerca è comprendere se e quanto gli utenti siano effettivamente agevolati nell’esercizio dei loro diritti in materia di protezione dei dati personali, verificando nello specifico il livello di accessibilità agli elementi informativi.
Se i più fortunati che navigano in rete rischiano spesso di imbattersi in privacy policy lunghissime e di difficile comprensione, peggiore è la situazione degli utenti che devono fare i conti con qualche forma di disagio, come rifugiati di guerra, cittadini con un basso livello di istruzione, o ipovedenti: solo l’1,3% dei siti web italiani presenta gli elementi informativi sul trattamento dei dati personali accessibili sotto forma di video, audio, icone ed altre modalità alternative diverse dalla consueta forma scritta in lingua italiana.
Anche se dal Rapporto “Siti web & diritti privacy, livello di accessibilità agli elementi informativi” emerge che la maggioranza dei siti web italiani esaminati (84,5%) presenta un’informativa privacy aggiornata alla normativa vigente generalmente accessibile con uno o due click, sotto il profilo dell’inclusività il quadro è però tutt’altro che confortante, come sottolinea Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy: “Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni per favorire l’inclusione delle persone con disabilità nella vita sociale fisica, nella dimensione digitale siamo invece purtroppo lontani dagli obiettivi della strategia della Commissione UE di migliorare la vita dei cittadini disabili. I risultati dello studio dimostrano che in realtà c’è una fetta importante di utenti svantaggiati che rischiano di rimanere sempre più esclusi proprio dalla vita online, ambito in cui si svolgono ormai la maggior parte delle attività sociali del nostro tempo”.
In un suo commento sul rapporto pubblicato da Federprivacy, esprime seria preoccupazione il professor Francesco Pizzetti, giurista e presidente emerito del Garante per la protezione dei dati personali che ha guidato l’Autorità dal 2005 al 2012, il quale ritiene che in assenza di un cambio di rotta potrebbe essere addirittura messo in crisi lo sviluppo del mondo digitale: “Non è possibile pensare a una vera e solida espansione della realtà digitale se l’accesso ad essa continuerà ad essere di fatto inibito a un numero inevitabilmente crescente di cittadini. Se il problema non sarà affrontato di petto e in modo deciso, tutte le aspettative che si stanno creando intorno a questo mondo e alla sua evoluzione potrebbero essere stravolte con implicazioni fortissime fino a condannare al fallimento lo stesso sviluppo tecnologico”.
Nell’ambito dell’indagine di Federprivacy è stato inoltre stilato un vademecum messo a disposizione degli addetti ai lavori per fornire linee guida che consentano di creare informative sul trattamento dei dati personali di più semplice comprensione per tutti nei siti web italiani.