I cambiamenti dello smart working tengono conto di nuove realtà lavorative e preferenze dei dipendenti?

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Si ricomincia a parlare in Italia di legge sullo smart working e di come cambierà a partire da Aprile 2024. Il lavoro a distanza, diventato comune a molti durante il periodo del lockdown e anche in seguito, potrebbe non essere più lo stesso se non in presenza di un accordo aziendale. In questo contesto di cambiamenti e di discorsi sul lavoro remoto, risultano particolarmente interessanti i dati di un nuovo sondaggio condotto sul territorio italiano da parte di Capterra, che fanno luce su preferenze, sfide e opportunità del lavoro remoto o ibrido.

Sfide e opportunità dello smart working

Come emerge dal sondaggio, l’accelerata digitalizzazione vissuta dopo l’esplosione della pandemia e la diffusione di modelli di lavoro ibridi o remoti hanno portato a un certo grado di collaborazione tra dipendenti che vivono in città e Stati diversi, tale per cui alcune attività si svolgono prevalentemente online, come per esempio le riunioni.

  • Tra coloro che lavorano in modo ibrido o completamente remoto, il 54% dei rispondenti dichiara di prendere parte a meeting tanto presenziali quanto online;
  • il 32% invece dice che i meeting sono prevalentemente virtuali,
  • e solo il 14% dice che sono maggiormente in presenza.

Le preferenze dei lavoratori variano a seconda del tipo di meeting:

  • quando si deve parlare con il proprio manager si preferisce farlo in persona, come afferma il 60% dei rispondenti,
  • così come per le riunioni di team building, selezionate dal 65% degli intervistati.
  • Quando lo scopo del meeting è quello di informare i dipendenti di aggiornamenti aziendali o avviare un progetto, la preferenza ricade sui meeting online, secondo rispettivamente il 62% e il 56% dei rispondenti che praticano smart working.

Benché creare un meeting sia tanto semplice quanto inviare un invito, perché questo sia efficiente e facile da seguire ci sono degli accorgimenti di cui bisogna tenere conto come, per esempio, un orario consono. Come suggeriscono le risposte dei lavoratori però, questo non sempre avviene:

  • per il 15% le riunioni non sono svolte in orari ragionevoli,
  • per il 23% i meeting non hanno un ordine del giorno chiaro e stabilito in anticipo,
  • e il 32% dice che dopo le riunioni non vengono inviate sintesi con i punti chiave trattati. Degli accorgimenti che potrebbero facilitare e rendere più produttive le riunioni.

A intaccare la produttività delle riunioni ci si mettono anche alcuni fattori che diminuiscono la soglia di attenzione.

  • Al primo posto troviamo la durata delle riunioni: se sono troppo lunghe portano a distrarsi, secondo il 43% dei lavoratori.
  • Al secondo posto c’è invece la durata dei discorsi, secondo il 31%: un discorso troppo lungo da parte di un solo interlocutore provoca distrazione.
  • Al terzo posto si colloca la pertinenza delle informazioni, secondo il 27% dei rispondenti: se le informazioni condivise durante la riunione non sono pertinenti o rilevanti per il proprio lavoro, la soglia di attenzione diminuirà.
  • In ultima posizione c’è la quantità di informazioni: se sono troppe ci si distrae, secondo il 26%.

Le difficoltà nel mantenere alta la produttività possono aumentare quando si lavora con colleghi in altri Paesi.

  • Il 56% dei lavoratori del sondaggio afferma di collaborare con colleghi che vivono in un altro Stato almeno una volta al mese.
  • Di questo segmento, il 50% segnala la volatilità degli orari come una delle principali sfide per la collaborazione con colleghi che vivono in altri Paesi. Ciò potrebbe essere risolto con una maggiore flessibilità oraria che tiene conto di fusi orari, festività diverse, ecc. Utilizzando soluzioni digitali che forniscono visibilità a tutto il team su informazioni di questo tipo, per esempio.

Sempre del segmento di lavoratori che collaborano con colleghi che vivono in un altro Stato su base giornaliera, settimanale o mensile,

  • il 45% considera le barriere linguistiche come la maggiore sfida di questa collaborazione.
  • Questo dato non stupisce se si prende in considerazione che, sulla base dell’intero campione, il 57% ha dichiarato di lavorare in team con colleghi che hanno una lingua nativa diversa dalla propria.

Infine, per il 26% degli intervistati sono le incomprensioni culturali a rappresentare la maggiore sfida del collaborare con colleghi che risiedono in altri Paesi.

Nonostante le difficoltà descritte finora, il sondaggio riporta un dato molto positivo: per l’89% degli italiani le differenze culturali sono un’opportunità di apprendimento.