Nuovo anno e tempo di bilanci per le imprese, non solo in termini di fatturato, ma anche in merito alla condizione psicologica dei propri dipendenti al termine dell’anno di ripresa dall’emergenza sanitaria. Per questo Reverse, società internazionale di headhunting e HR ha condotto un’analisi che individua i livelli attuali di stress psicologico, o burnout, sul posto di lavoro. I risultati sono più incoraggianti del previsto e sottolineano, un trend in miglioramento, anche se ancora molto lieve, complici gli orari flessibili, lo sportello psicologico gratuito e altre misure che le aziende iniziano a mettere in campo per tutelare il benessere delle proprie risorse.
Se è vero che l’edizione del 2022 dello STADA Health Report ha evidenziato come quest’anno rispetto al 2021 i livelli di burnout siano passati dal 49% al 59%, a causa delle numerose difficoltà socio-economiche che il Paese sta incontrando, la ricerca di Reverse mostra piccoli segnali che fanno ben sperare per il futuro: il campione di lavoratori intervistati si divide infatti equamente – indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda – tra chi sta vivendo una condizione di pesante stress lavorativo e chi invece dichiara di no. Può non essere un dato incoraggiante di per sé, ma lo diventa se pensiamo che l’84% degli intervistati ha anche dichiarato di aver vissuto momenti di burnout in passato. La condizione psicologica dei dipendenti potrebbe essere quindi in lento miglioramento? La risposta sembrerebbe essere sì e l’alleato principale in questo progressivo cambiamento pare risiedere nella sempre più diffusa introduzione della flessibilità oraria.
“Gli orari flessibili sono una diretta conseguenza dell’introduzione del lavoro per obiettivi che rappresenta a mio parere la vera e propria svolta per il futuro nel lavoro – commenta Alessandro Raguseo, CEO e Co-founder di Reverse – Intendiamoci, nel nostro Paese c’è ancora molto lavoro da fare per arrivare a una condizione economica e psicologica ideale per i dipendenti, ma dal nostro studio emerge che qualche piccolo passo in avanti si sta compiendo, facendoci quindi ben sperare per il futuro”.
Infatti, tra gli intervistati, la percentuale di lavoratori che, pur beneficiando di orari flessibili dichiara di subire lo stress lavorativo, è minore (40%) rispetto a quella di coloro che non possono usufruirne (50%). L’orario flessibile è anche la soluzione più suggerita dagli intervistati (51%) per contrastare in modo efficace in azienda una condizione di stress lavorativo constatato. Meno impattante del previsto, invece, lo il lavoro da remoto, equamente diviso tra chi si dichiara stressato e chi no.
Anche se il 74% dei lavoratori interpellati dichiara che la propria azienda non propone iniziative di supporto psicologico ai collaboratori, le realtà iniziano a muoversi in questa direzione. Lo sportello psicologico gratuito è la soluzione più gettonata: lo citano infatti il 54% degli intervistati, seguito da incontri formativi (27%) e dal Bonus Psicologo (13%).
Ancora una volta, i giovani i più stressati
La sostanziale parità tra chi si ritiene stressato e chi no si sbilancia leggermente soltanto sopra i 50 anni. Complici senza dubbio la maggiore esperienza ma anche la minor tensione subita una volta che la propria carriera è avviata. Il 28% degli under 40 dichiara invece di aver vissuto episodi di crisi di panico dovuti allo stress lavorativo, contro il 19% degli over 50.