I contact center rappresentano uno strumento fondamentale per le aziende nella gestione della customer experience. Il particolare momento storico che stiamo vivendo ha messo in di rispondere al meglio alle richieste dei clienti, soprattutto in caso di situazioni critiche.
Con la pandemia, infatti, sono cambiate le aspettative degli utenti che non solo sono diventati più ansiosi, ma anche più esigenti e impazienti, anche nelle relazioni con i contact center, vissuti in questi mesi d’emergenza come l’unica possibilità di dialogo con l’azienda o di risoluzione dei loro problemi.
Ciò nonostante, molti servizi clienti trovano tuttora difficile comprendere i veri bisogni dei clienti, dimostrandosi troppo concentrati sulla chiusura del maggior numero possibile di ticket nel minor tempo e meno attenti (o nulla) alla soddisfazione delle esigenze, anche emotive, dei loro interlocutori. Non stupisce quindi che anche quando viene fornita la risposta o la soluzione richiesta, si possa comunque generare un sentiment poco positivo o persino negativo da parte dell’utente.
Ecco perché garantire una experience il più possibile positiva attraverso il proprio contact center deve essere oggi un obiettivo prioritario delle aziende. In questa sfida, l’utilizzo di piattaforme di CEM (customer experience management ) in grado raccogliere i feedback in tutti i punti di contatto, di combinarli con altri segnali e dati attraverso soluzioni di AI e di deep learning permette di avere una fotografia completa e precisa dell’utente e di come far fronte alla sua richiesta, pianificando una risposta o un’azione adeguata – e perché no, anche personalizzata – in tempo reale.
Inoltre questo approccio consente agli operatori di lavorare con maggiore serenità e a tutta l’area “customer service” di fornire un’assistenza di eccellenza nel numero maggiore possibile di interazioni con i clienti.
Disporre di dati, strumenti di analisi e di apprendimento automatico permette anche di capire quando offrire un’assistenza digitale e quando diversamente è necessario l’intervento di una voce umana, supportando le imprese nel trovare un bilanciamento fra efficienza nei costi e customer satisfation, fra automazione e human touch.
Per di più la tecnologia può aiutare gli operatori a predisporre i comportamenti più idonei nella conversazione con l’utente, favorendo così la creazione di una conversazione empatica, anche nel caso di grandi flussi di chiamate, come nelle settimane di lockdown.
Non va infatti sottovalutata la figura degli operatori del contact center che, di fatto, possono essere considerati fra i principali ambassador dell’azienda. Sono loro che forniscono una prima assistenza ai clienti e nello stesso tempo rappresentano il punto di contatto capace di fornire all’azienda indicazioni pertinenti e mirate su cosa funziona e cosa no, dando la possibilità di intervenire prontamente sulle cause che provocano frizioni o problematiche ricorrenti. Grazie a loro viene massimizzato l’appagamento degli utenti, ma vengono anche ridotte le fonti di stress e le chiamate ripetute, quindi anche i costi.
Proprio per questo, nell’ottica di una ‘new wave’ del customer service, è sempre più evidente l’importanza di adottare tool e software per migliorare anche la agent experience: strumenti di condivisione e integrazione di tutti i dati relativi a ogni cliente per garantire coerenza e fluidità nel dialogo con l’utente e maggiore tempestività e reattività verso le richieste più urgenti.
Oggi, in una situazione di home working anche dei servizi clienti, è necessario aiutare ancora di più gli operatori a migliorare il proprio lavoro, in particolare fornendo loro gli strumenti per quello che chiamiamo il “close the loop” (chiudere la problematica). È importante anche supportare loro e i loro responsabili in una valutazione delle loro performance per capire i punti forti e deboli nel contatto con il cliente e condividere le best practice in ottica migliorativa e di sviluppo del coinvolgimento.
Su questa strada non è sufficiente prendere in considerazione i classici kpi (first call resolution, call duration, ASA, etc.) ma occorre valutare la capacità del proprio contact center di generare esperienze positive analizzando il tono della telefonata, l’abilità dell’addetto di coglierlo, i silenzi o -al contrario- l’eccessiva loquacità. In altre parole, è importante recuperare insight quantitativi ma anche qualitativi per trasformare le telefonate in indicazioni strategiche anche nella creazione di una relazione duratura con la propria clientela e quindi in valore per l’azienda.
“La tecnologia ha dato sicuramente un importante contributo all’evoluzione del ruolo del contact center, ma ha moltissimo ancora da esprimere soprattutto nell’attuale contesto. Grazie all’AI, infatti, è ora possibile analizzare un’importante mole di dati e di argomenti provenienti da fonti differenti: testo, chat, chiamata, post sui social, fino ai commenti o alle recensioni video – commenta Alberto Albano, nuovo industry director & head of financial services di Medallia per l’Italia. Questa evoluzione deve aiutare le aziende a dotarsi di soluzioni software avanzate che permettano non solo di raggiungere la massima efficacia ed efficienza nella risposta al cliente, ma anche per far vivere al cliente un’esperienza il più possibile positiva, legandolo così al marchio. Non dimentichiamo che il momento della verità per qualsiasi azienda è quando i clienti hanno bisogno di aiuto!”.
A cura di Alberto Albano, nuovo industry director & head of financial services di Medallia per l’Italia