Una recente ricerca – svolta somministrando questionari anonimi nel corso di incontri formativi all’interno e all’esterno delle scuole ad un panel di 300 giovani di ogni estrazione economica e sociale – ha evidenziato che il 43% degli under 20 passerebbe volentieri più tempo con i genitori, riducendo quello trascorso sul web e sui social network. Oltre il 30% afferma che anche i genitori trascorrono troppo tempo sui social.
Obiettivo della ricerca era quello di comprendere le necessità dei giovanissimi e le dinamiche alla base della scarsa comunicazione in famiglia. Il risultato appare quindi particolarmente sorprendente, anche alla luce del fatto che l’esigenza nasceva proprio dalle lamentele dei genitori riguardo la poca predisposizione alla comunicazione dei figli.
I social sono però solo lo strumento attraverso il quale si manifesta il vero problema, che ha radici profonde ed è associato al tema dell’appartenenza. La comunicazione elettronica, infatti, è sempre più veloce, ed altera in maniera esponenziale la “mistica della partecipazione” – termine usato dall’antropologo Levy-Bruhl per indicare la connessione tra due persone a livello di psiche, di natura primitiva, da cui deriva un forte legame inconscio. Una proiezione identificativa, come direbbe Jung, di una parte della propria identità su un’altra persona, divenuta lo strumento su cui sperimentare ciò che è stato proiettato.
Un modo del tutto innaturale, che ha destabilizzato sia il rapporto di coppia sia il rapporto genitori/figli, senza tralasciare l’importanza del ruolo, nella sua collocazione simbolica, della figura del marito/padre e della moglie/madre. Nel primo caso, si è passati dal pater familias, al pater virtualis: da chi, inizialmente, imprime il suo potere mediante modelli di autorità a chi, nella sua assenza, sparisce come punto di riferimento. Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella figura della “madre” che, seppure meno indebolita, sembra oggi destinata alla stessa “virtualità”.
“Se il simbolo e il concetto di “Famiglia” non sono più ereditati, e compresi spontaneamente come accaduto per secoli, occorre nuovamente farli conoscere, e comprendere nella loro essenza, e, subito dopo, diffonderli mediante un insegnamento scevro da qualunque forma di condizionamento e interesse di tipo speculativo.” ha commentato Andrea Pandolfi, consulente specializzato in dinamiche familiari. “I legami familiari, per quanto indeboliti, sono ancora potenzialmente forti. Ecco perché il “simbolo” può essere ricostruito attraverso un percorso di consapevolezza. E i più consapevoli del problema, ma anche i più predisposti al suo superamento, sono proprio loro: i giovanissimi, ossia quelli che, paradossalmente, scontano di più questa mancanza.”