Energia sostenibile, infrastrutture intelligenti e Big Data alcuni dei principali binari su cui si muovono le politiche di sviluppo
A frenare la volontà delle aziende la poca conoscenza, i costi di passaggio e la mancanza di competenze
Circa un quinto delle aziende italiane (23%) ha introdotto, nel triennio 2013-2015, un’innovazione di prodotto o di processo produttivo. Tre su dieci (31%) sono pronte a investire nell’arco del prossimo triennio (soprattutto nel ramo Industria e manufacturing). In aumento anche l’impiego di risorse interne dedicate allo sviluppo in innovazione (21% delle imprese) e digitalizzazione (19%). Quasi quattro aziende su dieci hanno previsto attività di formazione del personale per l’acquisizione di nuove competenze, per tre su dieci si tratta di attività di formazione specificatamente legata alla digitalizzazione. E’ quanto risulta dall’indagine “I trend dello sviluppo digitale. L’innovazione nell’economia italiana”, messa a punto da Istituto Piepoli e Siemens Italia e presentata a margine dell’annuncio della nascita del nuovo quartier generale della società.
Scopo dello studio: fotografare l’attuale momento del comparto industriale italiano e tracciare il percorso che le aziende hanno intrapreso o hanno intenzione di imboccare per implementare modelli produttivi più efficienti e moderni. La ricerca si è concentrata sui settori legati all’Industria Manifatturiera (38% del campione), alle Utilities (14%), al Terziario (32%), e all’area dell’Edilizia (16%). La propensione ad innovare cresce con l’aumentare delle dimensioni dell’azienda ed è superiore tra le imprese manifatturiere, a seguire tra le utilities e nel terziario. Per il campione preso in esame, le principali leve che guidano gli investimenti sono la definizione di prodotti e servizi più attraenti per il mercato (50%), la riduzione dei costi di produzione (35%) e di manutenzione (34%), l’efficientamento dei processi produttivi (32%).
Non manca, inoltre, il desiderio di ridurre il time to market, uno dei maggiori vantaggi percepiti dalle aziende quando si parla di Industria 4.0, ritenuta da oltre la metà del campione un traguardo necessario, se non addirittura indispensabile per progredire in maniera concreta e competitiva, sia in Italia sia all’estero. Emerge, tuttavia, una discrepanza tra questo dato e quello relativo agli investimenti già presenti in innovazione 4.0. Se, infatti, il 55% è a favore del passaggio a un nuovo modello, solo il 2% ha implementato ad oggi soluzioni 4.0, con un 8% che sta valutando l’ipotesi. Tutto ciò dovuto al fatto che, al di là dei vantaggi, si temono i costi del passaggio (75%) e si pensa alla mancanza di competenze interne all’azienda (35%). Timida anche l’apertura verso il 3d printing dove, al contrario del trend generale, a fare da capofila sono le piccole imprese, alle quali va il merito di avere scommesso su questa tecnologia prima e più delle medie e grandi aziende: a coloro che l’hanno già adottata nel triennio in esame (4% del campione) si unisce un 3% che ne sta valutando l’adozione nel prossimo triennio (soprattutto, in questo caso, tra le grandi aziende).
“Questi dati inquadrano un contesto condizionato dal timore e dalla diffidenza delle aziende. Su questo gap è necessario continuare a intervenire con un approccio che sappia integrare formazione e consapevolezza, impegno aziendale e istituzionale. L’obiettivo è stimolare l’intero sistema produttivo italiano a scommettere con maturità e lungimiranza su un percorso di sviluppo e crescita che possa davvero costituire la leva per il rilancio economico del Paese. Gli strumenti esistono, le potenzialità anche, e sono ben visibili laddove il percorso è stato già avviato” ha dichiarato Federico Golla, Presidente e AD di Siemens Italia.
La partita dell’innovazione made in Italy si gioca su altri due campi strategici, individuati dalla ricerca come driver di sviluppo produttivo: energia sostenibile e infrastrutture intelligenti.
A guidare la prima le utilities che registrano un significativo desiderio di innovazione: quattro aziende su dieci stanno già investendo o intendono farlo nell’ambito dei servizi energetici innovativi. In particolare l’area della digitalizzazione evidenzia delle interessanti opportunità con il 32% che intende investire. Tra le soluzioni più citate: prima di tutto le smart-grid (11%), a seguire le micro-grid e lo storage.
L’area dell’e-mobility sembra una tra le più promettenti, con investimenti da parte del 4% delle utilities e la proiezione al 13% nell’immediato futuro.
In termini più ampi l’area della mobilità vede una propensione ad investire in innovazione in circa un quarto delle aziende che operano nel trasporto di persone e merci, con una tendenza alla crescita per il prossimo triennio. A guidare questo tipo di scelte sono la sicurezza (65%), l’efficienza (57%), il risparmio (41%), la continuità del servizio (37%).
Tra le altre infrastrutture in esame, due aziende su dieci mostrano propensione a investire in piattaforme intelligenti di building technology per i prossimi tre anni. Lasicurezza (32%) e il risparmio energetico (23%) sono i criteri che più di altri orientano le scelte di un building digitalizzato.
Una delle frontiere di innovazione esaminate da Siemens Italia e Istituto Piepoli riguarda i Big Data, altro importante banco di prova: il 26% delle aziende intervistate li raccoglie e li conserva; la quota cresce nel terziario (67%) e nelleutilities (38%). Si raccolgono soprattutto dati relativi a transazioni commerciali e finanziarie, quasi sempre archiviati in server (94%), in cloud per un caso su quattro. Il 10% delle aziende ha effettuato investimenti nei Big Data negli ultimi tre anni – traendone benefici in termini economici e di maggiore competitività nel 74% dei casi – e/o intende farlo nel futuro. Tra le aree di miglioramento emerse una scarsa adozione di politiche di scurezza (68%) che obbliga le aziende ad attivarsi in questa direzione.
Buoni margini anche per l’ambito Service: un’azienda su tre ci si affida già regolarmente, e per oltre il 50% – soprattutto del ramo edilizia e manufacturing – costituisce un elemento fondamentale per la competitività, su cui investire da qui a pochi anni. La manutenzione predittiva è nota a una quota non particolarmente elevata del campione (36%), ma il 10% l’ha utilizzata investendo mediamente il 22% della spesa totale in Service. Più alti la conoscenza e l’utilizzo nei settori utilities ed edilizia.