Fino ad oggi, i cookie di terze parti hanno consentito alle aziende di tracciare e profilare gli utenti su diversi siti web, raccogliendo dati sul loro comportamento che hanno permesso di creare campagne pubblicitarie precise e mirate alle preferenze e i gusti degli utenti; ma ora le cose cambiano, e la raccolta di questi dati non sarà più possibile.
Infatti la tanto annunciata fine dell’era dei cookie di terze parti è arrivata. È la decisione presa da Google per consentire una maggiore privacy agli utenti per il tracciamento dei loro dati, che però mette in difficoltà le strategie di marketing delle aziende che si basavano proprio su questi ultimi. Le aziende dovranno ormai trovare soluzioni alternative per mantenere l’efficacia delle loro campagne pubblicitarie.
Così presentata la notizia potrebbe far supporre un panico generale fra le aziende, che si ritroveranno ad avere meno dati su cui fare affidamento per comunicare con gli utenti, ma una nuova ricerca indica diversamente. Con il fine di indagare come stanno reagendo le aziende italiane alla fine dell’era dei cookie di terze parti, Capterra ha intervistato 258 lavoratori italiani di dipartimenti marketing o inerenti, e richiesto il punto di vista di Eleonora Baglini, esperta di digital advertising e parte dei Top 10 Digital Talents under 35 nominati da Nova, per interpretare meglio le sfide e le opportunità che si profilano per le aziende.
Niente panico, per le aziende nuove opportunità
Per le imprese la raccolta di dati di terze parti è piuttosto importante come rivelano i dati: il 68% degli intervistati dichiara che i cookie di terze parti sono “molto utili” per la strategia di marketing della propria azienda, mentre il 30% li considera “abbastanza utili”. I principali motivi per cui le aziende utilizzano questi dati sono per raccogliere informazioni generali sugli utenti e per creare pubblicità personalizzate (risposte selezionate dal 94% degli intervistati) e per tracciare il comportamento degli utenti (risposta selezionata dal 90% degli intervistati).
L’utilità dei cookie di terze parti però non è direttamente proporzionale alla paura che questi scompaiano. Infatti, dalla ricerca emerge che il 67% dei marketers non sono “per nulla preoccupati”. Anzi, il 49% pensa addirittura che questo cambiamento avrà un impatto “molto positivo sul business dell’azienda”, e solo il 5% prevede un impatto in qualche modo negativo.
Come faranno i marketer a costruire messaggi pubblicitari personalizzati?
Le parole della Dott.ssa Baglini fanno chiarezza su questa apparente contraddizione. Baglini spiega che Google ottiene la maggior parte degli introiti attraverso la pubblicità e di conseguenza non dovrebbe avere interesse a far crollare il mercato della pubblicità su cui si basa. Consapevoli di ciò, è probabile sia questo il motivo per cui le aziende non sono così preoccupate per la fine dei cookie di terze parti, e aggiunge:
“Penso che da un lato, le aziende abbiano grande fiducia nei dati di prima parte di cui dispongono e abbiano anche voglia di iniziare ad utilizzarli di più. Dall’altro lato, però, credo ci sia una generale fiducia affinché si trovi una soluzione condivisa quanto prima. Se questa non dovesse essere trovata, penso che rimanga, di fondo, la speranza che Google possa rimandare di un altro anno la deprecazione dei cookie, come ha già fatto in passato”.
Come pensano allora i marketer di costruire messaggi pubblicitari mirati in un mondo in cui la personalizzazione è sempre più importante, senza fare affidamento sui cookie di terze parti?
- Il 67% dei marketer vuole sviluppare nuovi metodi per collezionare dati. In questo contesto i dati di prima parte potrebbero acquisire maggiore rilevanza. La Dott.ssa Baglini afferma che deve essere compito delle imprese riuscire a raccogliere direttamente quei dati che prima venivano comprati da fornitori esterni.
- Il 57% dei marketer pianifica di investire in nuove opportunità di marketing e pubblicità. Per la Dott.ssa Baglini, una strategia che sta avendo sempre più notorietà è quella del Retail Media: “I grandi retailer, infatti, oltre a mettere a disposizione gli spazi forniscono anche dati di altissima qualità, relativi alle ricerche e agli acquisti che gli utenti effettuano sulle loro properties. Dati che, poiché raccolti dal retailer, si configurano come dati di prima parte e che non subiscono l’impatto della deprecazione dei cookie di terza parte”.
- Il 42% dei marketer vuole implementare contenuti protetti, garantendo l’acquisizione dei dati da parte degli utenti che di loro volontà rilasciano informazioni personali per poter fruire di determinati contenuti.