Le auto connesse, la guida autonoma e la stessa elettrificazione, sono aspetti della più generale digitalizzazione dei veicoli. Si tratta di veri e propri digital device.

Digitalizzazione dei veicoli

La crisi di approvvigionamento di componenti elettronici – la cosiddetta chip crunch – ha fatto di colpo venire alla ribalta il livello di digitalizzazione dei veicoli, soprattutto dell’automobile. In un’auto ci sono in media oltre 1.400 microcomponenti elettronici e anche se il loro valore unitario è di solito basso, il loro numero lo fa salire a diverse migliaia di euro. I fattori importanti sono però più profondi. Per questo Next Generation Mobility, in programma al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino dal 3 al 5 maggio dedica l’intera mattinata del terzo giorno a questi temi, per metterne in evidenza la duplice faccia che si cela dietro ad essi: il loro lato luminoso e per quello oscuro.

Tra i fattori di base da considerare vi è innanzitutto la percentuale crescente di “chip logici”, ossia microprocessori o controller sempre più evoluti e complessi, su cui opera il software con codice di alto livello. In secondo luogo, l’azione di questi veri e propri computer è attiva, ossia interviene sul funzionamento del veicolo e non si limita a monitorarlo. In terzo luogo, quasi tutte le auto sono nodi di una rete locale e tutte le reti sono collegate in Internet, anche con più di un punto di accesso al modem cellulare.

Il lato Luminoso

Oggi e sempre più in futuro, un’auto è un oggetto il cui funzionamento, uso e spesso anche caratteristiche dipendono dal software. I vantaggi della digitalizzazione dei veicoli sono chiari. Il software ottimizza le prestazioni: ad esempio le auto elettriche senza un sistema digitale di gestione del powertrain e delle batterie che avrebbero performance incomparabilmente inferiori; mentre quelle tradizionali, senza centinaia di migliaia di linee di codice non potrebbero rispettare i parametri ambientali. Ma l’elenco è lunghissimo: oggi il software può modificare i parametri dei sistemi di bordo abitacolo secondo le preferenze di ciascun guidatore (e in certi modelli arriva a riconoscerlo autonomamente). Può riconoscere le condizioni ambientali e cambiare assetto e i parametri di accelerazione e frenata. Sulla base dei dati di geolocalizzazione e di quelli di funzionamento (massa e disposizione del carico, velocità, accelerazione, stato delle gomme e dei freni), nonché dei sensori esterni (video, radar, lidar) delle informazioni di rete (dall’infrastruttura e da altri veicoli, V2X) può suggerire il migliore comportamento di guida (navigazione predittiva). Gli antifurto digitali e le scatole nere per l’assicurazione dai rischi sono ormai onnipresenti.

Il lato Oscuro

Via software si possono anche controllare le caratteristiche di un’auto. E se l’auto è elettrica, il controllo è assoluto. In questo modo un costruttore può produrre un solo modello a livello industriale e semplicemente intervenire sul software per poi differenziarlo con evidenti benefici sui costi. Diventa possibile acquistare potenza ulteriore o anche maggiore autonomia pagando l’upgrade, persino sotto forma di abbonamento. Se si rinuncia o non si paga, le prestazioni ritornano quelle basic. Lo stesso può avvenire per esempio per l’accesso a funzioni di ausilio alla guida o di guida autonoma.

Ma le possibilità sono molte di più, specie considerando la sempre più alta percentuale di accesso all’uso dell’auto in forma diversa dalla proprietà. Pensiamo a un contratto di noleggio a lungo termine che non preveda l’uscita da un determinato territorio. La digitalizzazione dei veicoli si va incontro a un geofencing “hard”, ossia l’auto si ferma o degrada molto le proprie prestazioni, se si cerca di superare un certo confine. Un geofencing “soft” può invece eliminare i caselli autostradali (ma permettere anche di introdurre pedaggi ovunque, per esempio su un ponte, senza i problemi di ostruzione del traffico che queste pensate comportano, e limitano). Per non parlare delle varie Zone B, C, Ztl.

Sul fronte manutenzione, la digitalizzazione dei veicoli fornisce strumenti formidabili di diagnostica, ma anche di “selezione” delle officine e di aumento del fatturato e dei profitti aftermarket da parte delle Case automobilistiche a discapito di meccanici e carrozzieri indipendenti.

Un’auto digitale, per di più connessa in continuo, incontra gli stessi problemi di un computer, in primis la sicurezza. Con la digitalizzazione dei veicoli e l’introduzione di nuove tecnologie e parametri, che vanno sotto la definizione di metamobilità, la garanzia di sicurezza dei dati deve essere ancora più stringente. La combinazione di sensori sempre più precisi e diffusi sulle auto, con la crescente potenza di calcolo di bordo (anche grazie all’applicazione dei concetti di edge computing) e connessioni wireless in banda larga e bassissima latenza (leggasi 5G) trasformano le auto in centri di raccolta di dati e informazioni sul mondo esterno. Verranno introdotte nel mercato delle applicazioni che utilizzano le telecamere di bordo per identificare il degrado del manto stradale e avvertire chi di dovere. Questo avviene senza che il guidatore non solo debba dare l’autorizzazione ma nemmeno ne sia consapevole. Un noleggiatore a lungo, ma anche a medio, breve o brevissimo termine (sharing) potrebbe stringere accordi per la fornitura di questo tipo di informazioni con un’amministrazione comunale o regionale. Anche un trasportatore con centinaia o migliaia di autocarri potrebbe fare lo stesso, magari con un gestore autostradale. Non solo, il punto debole delle applicazioni di informazioni sul traffico verrebbe eliminato di colpo, andando ben oltre quello che fa Google, per esempio, basandosi sui dati aggregati di navigazione.

Nell’immediato si tratta di tutti lati luminosi, ma le implicazioni per la privacy o le possibilità di monitoraggio e anche di spionaggio rappresentano quelli oscuri della digitalizzazione dei veicoli.