Il nuovo petrolio sono i dati, utilizzati per sviluppare quella che oggi gli esperti chiamano data economy

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Ogni 60 secondi nel mondo inviamo oltre 200 milioni di e-mail, pubblichiamo su Facebook oltre 3 milioni di post, scriviamo 342.000 tweet e facciamo oltre 3 milioni di ricerche su Google. Si calcola che entro il 2020 saranno generati 44 Zettabyte di dati on line (fonte: Osservatorio Bigdata – Politecnico Milano – 2017). Un’enorme quantità di dati eterogenei, in continua crescita, analizzabili in tempo reale, che provengono dalle interazioni sui social network, dai click su un sito, dai sensori intelligenti, o dal geoposizionamento dei nostri smartphone.

Stiamo vivendo nell’era della data economy, ma siamo in grado di interpretare questa enorme mole di informazioni? Chi ne detiene il controllo e può garantirne il corretto utilizzo? Quali sono gli impatti sulle persone, sui loro diritti e sulla loro privacy? In che modo i dati possono creare nuovi servizi e nuove opportunità per i cittadini? Sono le domande a cui ha voluto dare risposta il convegno “Verso nuovi mondi. Dati, intelligenza artificiale, cultura”, organizzato oggi a Torino dal CSI Piemonte.

Al centro dell’incontro, promosso dal Comitato Tecnico Scientifico del Consorzio, il confronto su una delle materie prime più preziose dei nostri giorni: i dati. Le informazioni rappresentano il “nuovo petrolio” del nostro tempo. Una risorsa che ha bisogno di competenze tecnologiche e visione strategica per essere correttamente estratta, raffinata, immagazzinata e distribuita.

L’intelligenza artificiale oggi ci aiuta a capire quali sono le tendenze profonde che si nascondono dentro i dati, anche dal punto di vista socio-economico. Fornisce una prospettiva completamente nuova che permette di estrarre evidenze anche dai dati statistici, un tempo considerati poco significativi. Si tratta di un’enorme potenza di calcolo, che permette, quando usata in modo sofisticato, di ottenere una lettura profonda dei fenomeni. Sollevando però importanti interrogativi dal punto di vista etico: chi possiede questo tipo di strumenti e di sapere può infatti influenzare in modo significativo la vita delle persone, la politica e la società.

La sfida dell’intelligenza artificiale è quindi quella di affiancarsi all’intelligenza umana per individuare percorsi dotati di senso tra le grandi masse di informazioni. Occorre ripensare l’organizzazione della cultura partendo dalla digitalizzazione dei grandi “giacimenti” esistenti, per generare nuove spinte creative, prospettive di lavoro, strutture istituzionali e pratiche di fruizione.

Si tratta, insomma, di uno scenario in continua evoluzione, in cui opera a pieno titolo anche la nostra regione con il suo enorme patrimonio informativo culturale. Il CSI, per esempio, gestisce per conto della Regione Piemonte 2.650.000 titoli librari, circa 5 milioni di pagine provenienti dai Giornali del Piemonte e dall’Archivio Storico della Stampa, 129.000 file multimediali tra immagini, fotografie e video, 70.000 oggetti digitali e 500.000 schede descrittive di beni museali e archivistici.

“Il rapporto fra dati e cultura è multiforme”, spiega Giulio Lughi, Presidente del Comitato tecnico Scientifico del CSI. “Innanzitutto i dati costituiscono uno strumento potente per valorizzare i giacimenti culturali esistenti, la cultura tradizionale. Ma c’è di più: ormai abbiamo bisogno di una vera e propria “cultura dei dati”, cioè la capacità di capire l’ecosistema informativo in tutta la sua complessità, Si parla di infoetica, di infoeconomia, ma anche di infoestetica: infatti sempre più prodotti artistici e culturali traggono ispirazione proprio dalla complessità dei dati”.