Gli Italiani si scoprono sempre più attivi sul fronte dei pagamenti virtuali via smartphone. Merito di una serie di servizi semplici, veloci e di tendenza, che stanno contribuendo a rivoluzionare un’economia con la necessità di ridurre drasticamente l’utilizzo del contante

Convegno a Milano

A cura della Dott.ssa Anna Capuano, Blogger Marketing & Comunicazione

In un’Italia sempre più digitale, dove si arriva a preferire un social network alla lettura di un quotidiano e dove sono sempre più in voga piattaforme online come Netflix e SkyGo, fa specie leggere questo dato: l’86% dei pagamenti viene ancora effettuato in contanti, siamo terzultimi in Europa per utilizzo di carte e bancomat. A fine 2017, secondo un’analisi condotta dall’Osservatorio della Community Cashless Society, il contante in circolazione in Italia ammontava a 197,7 miliardi di euro. Non solo: nonostante un rallentamento nell’ultimo biennio, monete e banconote continuano ad aumentare anno dopo anno dal 2008. Tra i Big-5 dell’Unione Europea, siamo il Paese con più alto incremento del valore dei prelievi allo sportello (+8,9% tra 2008 e 2016 contro il -0,6% del Regno Unito) e la scelta del governo italiano di innalzare la soglia delle operazioni in contante da 1.000 a 3.000 euro non ha certo favorito la diffusione di strumenti di pagamento innovativi. Tuttavia, siamo anche uno dei Paesi con la maggior diffusione di smartphone. Ed è da qui che può partire la rivoluzione cashless dell’Italia.

Dopo anni di lento movimento, il recente rapporto dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano ha registrato un trend di crescita nell’utilizzo dei pagamenti elettronici. Il 2017 ha segnato un momento di svolta per le abitudini degli italiani: le transazioni digitali hanno toccato i 220 miliardi di euro, pari al 28% dei consumi delle famiglie, mentre gli acquisti via mobile hanno raggiunto i 6,7 miliardi (+60% rispetto all’anno precedente). Merito di un’infrastruttura che è andata consolidandosi, ma soprattutto di un nuovo approccio di consumatori ed esercenti: i primi più propensi a preferire i pagamenti elettronici (pari al 75% degli italiani, fonte Osservatorio Findomestic) anche per acquisti sotto i 5 euro (il 40%); i secondi, soprattutto i retailer più grandi, sembrano aver compreso il valore dei nuovi sistemi di pagamento. «La crescita dei New Digital Payment proseguirà nei prossimi anni, superando nel 2020 il valore di 100 miliardi di euro», ha affermato, presentando i dati, Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce. «Il contributo maggiore a questa crescita sarà probabilmente riconducibile ai Contactless Payment e ai Mobile Proximity Payment (pagamenti presso i punti vendita attraverso il cellulare, ndr), finalmente in fase di decollo».

Sicuramente, il fatto che l’Italia sia stata uno dei primi Paese a recepire la direttiva Ue sui servizi di pagamento, la cosiddetta PSD2 (Payment Services Directive), ha contribuito ad accelerare un fenomeno già in evoluzione, consacrando il 2018 come l’anno dei pagamenti digitali. «Ma i nuovi mercati e il gradimento dei consumatori non nascono per legge», ammette Francesco Luongo, presidente di C4DiP, nuova coalizione di associazioni che punta a informare sulla sicurezza e comodità dei pagamenti elettronici (vedi intervista in pagina). «Il provvedimento europeo ha avuto, però, il merito di rompere il monopolio bancario, aprendo il mercato ad altri soggetti», numerose fintech e tante multinazionali attratte dal mercato, non solo per la gestione delle transazioni ma anche per l’ampia mole di dati e informazioni in gioco. Parliamo di sistemi di pagamento come Satispay, realtà italiana che si sta facendo largo tra le soluzioni dei colossi hi tech come Apple Pay, Samsung Pay e il recente Google Pay, senza dimenticare Poste Mobile e il più recente Bill di Sisal che, come il già citato Satispay, non richiede l’utilizzo di una carta di credito, utilizzando l’Iban dell’utente, e che può davvero rappresentare il punto di svolta per il Mobile Proximity Payment in Italia, potendo contare su rete di oltre 40 mila punti vendita già convenzionati e un bacino potenziale di 13 milioni di italiani (leggi di più a pag. 74).

Un ruolo principale per l’affermazione di questi strumenti di pagamento va attribuita senza dubbio agli smartphone, ormai punto di riferimento per accedere a qualsiasi tipo di servizio. «Da un’indagine su più di 7 mila utilizzatori dei mobile wallet, emerge che gli utenti ne apprezzano l’esperienza d’uso», commenta Leda Riva, Director Customer Experience della società di ricerca Kantar Tns. «Si evidenzia ancora una volta la propensione a trasformare lo smartphone in un vero e proprio portafoglio in grado di contenere, oltre alle altre carte di pagamento, tutta una serie di servizi accessori come l’accesso a sconti e promozioni e a programmi di incentivi e rewarding». Ma i servizi di Mobile Payment hanno successo anche perché rispondono a quelle esigenze di semplicità, velocità e appealing richieste dai consumatori ed evidenziate in un recente studio condotto da Assofin, Nomisma Crif e Gfk. «Gli italiani sono ancora in una fase di esplorazione di questi nuovi strumenti», aggiunge Francesco Luongo, «ma abbiamo verificato in chi li ha già utilizzati una user experience più agevole e con livelli di sicurezza più elevati», rispetto ai pagamenti con carta, anche per l’introduzione dei sistemi di verifica biometrica. «L’integrazione di un lettore di impronte digitali o del viso su uno smartphone è quella garanzia in più che mancava, forse decisiva per il successo di questa tipologia di pagamento», aggiunge il presidente di C4DiP. Non è un caso che negli ultimi mesi la categoria dei Mobile Proximity Payment, pur rappresentando una piccola frazione sul valore totale dei pagamenti in mobilità, stia facendo passi da gigante: nel 2017, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il transato registrava poco più di 70 milioni di euro, ma in crescita del 600% rispetto all’anno precedente. Un’accelerazione che induce a pensare che entro il 2020 questa tipologia di pagamenti avrà un valore compreso tra i 3,2 e i 6,5 miliardi di euro.

In un’Italia dove il numero delle carte di credito è sempre risultato sotto la media Europea – secondo il già citato rapporto Assofin, Nomisma Crif e Gfk, è addirittura in calo – il canale mobile si candida a ruolo di protagonista per lo sviluppo cashless. Un po’ come è avvenuto in Cina, dove applicazioni come AliPay e WeChat hanno portato a una rivoluzione nei pagamenti digitali con 695 milioni di utenti attivi, più della somma di Ue (343 milioni) e Stati Uniti (262 milioni). La speranza è che anche l’Italia imbocchi questa strada che, attenzione, non deve portare alla fine del contante, ma a un riequilibrio nei pagamenti. Cancellare monete e banconote contribuirebbe sicuramente ad abbattere evasione fiscale e criminalità, ma potrebbe avere anche conseguenze negative. Un po’ come sta accadendo in Svezia, dove il contante viene utilizzato solo per l’1-2% delle transazioni e anche la questa in chiesa avviene via carta o smartphone. La banca centrale svedese ha lanciato l’allarme: in assenza di contante e, di conseguenza, sportelli per i prelievi, in caso di catastrofe naturale o tecnologica i cittadini potrebbero trovarsi senza la possibilità di acquistare beni di prima necessità indispensabili per la sopravvivenza.