Gli ultimi due anni hanno visto enormi cambiamenti nelle priorità sia per le persone che per le aziende. La pandemia ha drasticamente cambiato le carte in tavola e le persone hanno colto l’opportunità per riflettere su alcune questioni del loro quotidiano il cui approccio stava diventando obsoleto. I lavoratori che sono stati costretti a lavorare da casa hanno potuto valutare cosa effettivamente contasse per loro, il che ha portato a un cambiamento in positivo verso una vita più equilibrata. Oggi la sostenibilità è considerata un valore centrale in questo cambiamento: avendo lavorato a lungo da remoto, molte persone sono più consapevoli dei consumi energetici delle loro abitazioni e tanti lavoratori ritengono che l’attenzione alle tematiche green per ridurre l’impatto ambientale sia un aspetto importante al momento di valutare una proposta di lavoro.
Green IT, Cloud e zombi
Uno dei modi più importanti in cui un’azienda può “diventare green” è la riduzione del proprio consumo energetico. Complessivamente, nel 2020, il settore IT ha rappresentato il 5-15% del consumo globale di energia, il che lo rende una delle principali aree target su cui concentrare le iniziative green. L’IT è ancora un settore in rapida crescita e si prevede che la sua domanda di energia raddoppierà entro il 2030.
Una delle strategie chiave che le aziende possono mettere in atto per ridurre l’impatto ambientale e ottimizzare i loro consumi, è trasferire i dati in cloud. Un recente studio, ha stimato che, tra il 2021 e il 2024, la crescente adozione del cloud computing potrebbe prevenire l’emissione di più di 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica (CO₂). Questo perché i cloud server sono più efficienti e permettono una gestione ottimizzata dei dati rispetto agli hardware locali, garantendo di conseguenza una riduzione delle emissioni complessive di CO₂.
L’impiego dei server è una delle maggiori problematiche quando si parla di uso inefficiente dell’energia. Anche quando sono inattivi, i server possono utilizzare fino al 50% della loro potenza, il che significa che in standby, consumano ancora quantità significative di energia. Il sottoutilizzo dei server può anche creare “server zombie”, che funzionano senza visibilità o collegamenti esterni e non contribuiscono a nessuna funzione utile. Circa il 30% dei server fisici all’interno dei datacenter sono considerati server zombie e le stime suggeriscono che ce ne siano oltre 10 milioni in tutto il mondo. Lo spreco di energia di questi sistemi è equivalente alla produzione di otto grandi centrali elettriche. I dispositivi inutilizzati e sottoutilizzati occupano anche uno spazio fisico significativo, aumentando ulteriormente i costi energetici del settore.
Virtualizzazione per lavorare alla massima capacità
Molte organizzazioni impiegano server che funzionano solo per una frazione della loro potenza, spesso perché vogliono utilizzarli per funzioni specifiche, ma questa è una scelta estremamente inefficiente perché si traduce in una capacità in eccesso che non viene sfruttata, portando a un maggiore consumo di energia e a costi operativi più elevati.
Le aziende possono invece appoggiarsi a una virtual desktop infrastructure (VDI) per ridurre l’impatto ambientale e supportare le loro iniziative in tema di sostenibilità. Le tecnologie di virtualizzazione fanno un uso più efficiente delle risorse disponibili, compresa l’energia. Grazie alla VDI, le organizzazioni possono eseguire più sistemi operativi e applicazioni su un minor numero di server. Questo riduce il consumo complessivo di energia, la dispersione dei server e il fabbisogno in termini di spazio e sistemi di raffreddamento.
Il lavoro da remoto diventerà semplicemente “lavoro”?
Uno degli effetti duraturi più tangibili della pandemia è stato il passaggio dal lavoro in ufficio al lavoro da casa. Stabilire un modello di lavoro da remoto funzionante è stato essenziale durante il primo periodo di lockdown. I lavoratori si sono abituati a vivere senza il pendolarismo quotidiano verso l’ufficio e il 77% di loro dice di essere più produttivo mentre lavora da casa, ambiente nel quale viene riscontrato un minor numero di distrazioni (75%).
Il lavoro da remoto permetterà alle aziende di riconsiderare i loro bisogni in termini di spazi fisici, in quanto potranno valutare se “spostarsi” completamente online. Una simile scelta non solo riduce i costi generali dell’energia (pensiamo ad esempio all’illuminazione, al riscaldamento e all’aria condizionata), ma riduce anche la quantità di CO₂ emessa quando i dipendenti si spostano da e verso l’ufficio. Chi lavora da remoto spesso si affida alla VDI per connettersi ad applicazioni e desktop tipicamente accessibili solo dall’ufficio. Questi spazi di lavoro virtuali permettono agli utenti e alle risorse di connettersi digitalmente, indipendentemente dalla loro posizione o dal dispositivo utilizzato.
Le aziende, nei prossimi anni, punteranno a ridurre l’impatto ambientale per poter continuare a far crescere il proprio business, in quanto da parte di clienti, dipendenti e partner c’è una maggiore consapevolezza su questi temi e in particolare sulla responsabilità delle organizzazioni in quest’ambito.
La pandemia ha spinto le persone a vivere in modo più sostenibile per affrontare la minaccia del cambiamento climatico. Il fatto di essere costretti a lavorare da casa ha probabilmente cambiato l’atteggiamento verso il remote working e con questo si sono aperte nuove opportunità per ridurre l’impatto ambientale provocato dal lavoro.
di Prashant Ketkar, Chief Technology and Product Officer di Corel