I risultati emersi dal Climate Reality Barometer di Epson, giunto alla terza edizione, rivelano che il cambiamento climatico è oggi considerato a livello mondiale il problema più importante da affrontare. Le opinioni espresse da oltre 30.000 persone in 39 Paesi, dicono anche che la tecnologia è vista come un fattore chiave per risolvere la crisi.
Quest’anno poi, mentre ci avviciniamo alla COP 28 negli Emirati Arabi Uniti, Epson si concentra anche sulle prospettive di coloro che sono nati dopo la prima COP del 1995, la cosiddetta generazione COP, esplorando le loro esperienze ed esigenze nel contrastare il cambiamento climatico.
Temperature marine record, bassi livelli record di ghiaccio marino artico e antartico, ed eventi climatici estremi in tutto il mondo, di cui si è avuta purtroppo evidenza anche in Italia: ecco quanto registra il preoccupante Climate Barometer. Gli eventi sempre più negativi spiegano probabilmente perché ben il 55% degli intervistati cita il cambiamento climatico quale problema più importante, davanti all’aumento dei prezzi (53%), alla povertà (37%) e ai conflitti (23%).
Yasunori Ogawa, presidente di Epson, ha dichiarato: “Con l’accelerazione dell’impatto negativo del cambiamento climatico, dobbiamo comprendere ora più che mai l’atteggiamento da tenere per contrastarlo. Epson si impegna a raggiungere l’obiettivo 13 dello sviluppo sostenibile dell’ONU (promuovere azioni a tutti i livelli per combattere i cambiamenti climatici) attraverso azioni positive per il clima e a fornire soluzioni che arricchiscano la vita e creino un mondo migliore. Il Climate Reality Barometer ci ha permesso di raggiungere aree geografiche, generazioni ed economie diverse e ci ha fornito informazioni su come il cambiamento climatico trasformi il nostro modo di vivere e come tutti noi possiamo contrastarlo. Siamo convinti che ascoltare le nuove generazioni aiuterà governi, comunità e aziende ad allineare meglio le azioni positive.”
La generazione COP: l’ottimismo dei nativi del cambiamento climatico
L’indagine Climate di Epson mette in luce gli atteggiamenti delle persone nate dopo la prima COP del 1995 (generazione COP), che attualmente hanno meno di 29 anni. Sono i nativi del cambiamento climatico, che hanno vissuto tutta la loro vita all’ombra di eventi meteorologici sempre più avversi: le loro esperienze e intuizioni devono essere al centro di soluzioni efficaci.
A livello globale la generazione COP è la fascia di età più ottimista (a pari merito con la fascia 35-44 anni), con quasi la metà (49%) che crede che la crisi climatica si risolverà entro l’aspettativa di vita. Questo dato contrasta con le fasce d’età 45-54 e 55+, che registrano l’ottimismo più basso, rispettivamente al 42% e al 32%.
Le fasce d’età destinate a investire nei prossimi decenni, per se stessi o per i propri figli, mostrano i più alti livelli di ottimismo sulla nostra capacità di risolvere la crisi. Non solo: mentre la generazione COP è la fascia di età più ottimista, il gruppo più fiducioso di tutti (55%) è costituito da genitori di figli di età inferiore ai 18 anni, ovvero il gruppo “Padri e Madri” di tutto il mondo.
Climate: Azione e inazione
In questo orizzonte ottimista, alcuni gruppi di intervistati dichiarano tuttavia che non agiranno mai nelle aree chiave.
Ad esempio, il 38% dichiara di aver già ridotto i viaggi internazionali di lavoro e di piacere, mentre un ulteriore 30% prevede di farlo. Rimane quasi una persona su sei che afferma: “non lo farò mai” (17%). La riluttanza ad agire sui viaggi internazionali è notevolmente più elevata in mercati come Singapore, Spagna e Regno Unito (21%), Giappone e Paesi Bassi (22%), Canada e Germania (23%), Australia e Serbia (26%) e Israele (31%). Mentre appare minore per persone provenienti da Paesi come Corea del Sud (9%), Cina (10%), Egitto e Turchia (11%), Marocco ed Emirati Arabi Uniti (12%).
A livello globale, la risposta “non lo farò mai” risulta anche in settori come “Ridurre il consumo di prodotti animali” (18%), “Boicottare i marchi non sostenibili” (15%) e “Incoraggiare amici e familiari a informarsi sulla crisi climatica” (10%).
I motivi di questa resistenza sono complessi e includono fattori geografici, culturali ed economici, nonché la fiducia nella capacità dalla famiglia umana di risolvere il problema, senza dover intraprendere azioni individuali.
La tecnologia come fattore abilitante
La tecnologia è dunque considerata come l’arma più importante nella lotta contro i cambiamenti climatici. Alla domanda su “quale sia l’aspetto che ritiene più importante che un’azienda possa fare per affrontare il problema”, il 48% ha citato gli investimenti in tecnologie ambientali. Seguono a ruota il miglioramento nel riciclo e nel riutilizzo dei prodotti (45%) e la riduzione dell’utilizzo delle risorse (28%), la partecipazione dei dipendenti alle attività ambientali (21%) e la compensazione dell’impatto di anidride carbonica e plastica (21%).
“Il Climate Reality Barometer di Epson – ha dichiarato Henning Ohlsson, Director of Sustainability di Epson Europe – ha evidenziato che problematiche quali la familiarità e l’accessibilità economica sono possibili ostacoli all’azione di milioni di giovani. Ciò dimostra che alcune persone continuano a ignorare i cambiamenti climatici e si rifiutano, o si sentono incapaci, di agire. Questi problemi, tuttavia, non sono circoscritti a gruppi specifici: sono sfide per tutti noi. Se vogliamo risolvere la crisi climatica, dobbiamo agire in modo unitario. Il Barometer ci indica anche la strada da seguire, in quanto le persone si aspettano che siano le aziende a prendere l’iniziativa per la transizione ecologica. Epson vede la tecnologia come fattore abilitante, con prodotti progettati per utilizzare meno risorse durante produzione e l’utilizzo, che durino più a lungo, siano più facili da riparare, possano essere riutilizzati e riciclati con maggiore facilità.”