1 dipendente su 3 vuole l’AI (sebbene 6 milioni siono a rischio sostituzione). Ma con diffusione AI più veloce delle regole si aprono buchi legislativi. Parla l’avv. Nadia Martini

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Oggi ben 15 milioni (su 22) di lavoratori italiani sono esposti allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E 6 milioni sono a diretto rischio di sostituzione. In particolare chi lavora nei settori bancario e finanziario, delle comunicazioni e dei trasporti. Ma l’intelligenza artificiale applicata ai processi lavorativi evidenzia anche aspetti di grande criticità, soprattutto perché la legislazione non si evolve allo stesso ritmo, generando così potenziali buchi legislativi. 

L’avv. Nadia Martini: “Con AI e tecnologia possibile maxi-raccolta dati dipendenti, persino le emozioni”

“La digitalizzazione – spiega l’avv. Nadia Martini di Rödl & Partnerproduce senz’altro degli importanti vantaggi nel mondo del lavoro. Basti pensare alla maggiore efficienza legata alla riduzione dei tempi dei vari processi, alla riduzione di errori umani; alla robustezza legata all’uso di logiche predittive, nella manutenzione come nella produzione, che automaticamente riduce i costi, problemi di guasti e interruzioni e migliora la produttività; alla sicurezza che, mediante l’automazione e la manutenzione predittiva, riduce i pericoli a cui sono esposti i lavoratori.”

“Tuttavia – continua l’avv. Martini – la digitalizzazione senza regole può cagionare anche rischi nel mondo del lavoro quali minacce ai diritti fondamentali (discriminazione, protezione dei dati personali, deepfake), concorrenza sleale e possibile scomparsa di molti posti di lavoro a causa del crescente utilizzo di Artificial Intelligence, rischi per la sicurezza (per via di hacker o mal progettazione), problemi per la trasparenza (riferiti alle disuguaglianze nell’accesso alle informazioni).”

I livelli d’impatto da considerare

Tre in particolare sono i livelli di impatto da tenere in conto quanto si parla di lavoro e tecnologie: quelli di privacy, Artificial Intelligence, cybersecurity, spiega l’esperta:

Anzitutto, gli strumenti possono arrivare a raccogliere massivamente dati personali di dipendenti, dai dati di contatto a quelli di salute o persino sulle emozioni, ingenerando così temi di liceità in termini privacy di raccolta di dati personali. Inoltre, possono addestrare strumenti intelligenti, che imparerebbero a pensare e sentire come gli uomini. Infine, potrebbero diventare target di interesse per gli hacker. Per evitare che l’uso di questi dati pregiudichi l’interessato – continua l’avv. Martini di Rödl & Partner – dovremo quindi rispettare le normative europee e nazionali, dal Regolamento Privacy Europeo sino all’AI Act e alla normativa NIS2 e Dora. Normative che stabiliscono un principio di responsabilizzazione, chiedendo a ogni organizzazione di adottare un processo di risk management, ossia un metodo volto a valutare il livello di rischio connesso ai singoli strumenti adottati, per poi stimare le necessarie azioni di remediation e monitoraggio.”

Sono poi molti altri gli studi che fotografano o prevedono veloci trasformazioni nel quotidiano lavorativo degli italiani a seguito dell’introduzione dell’intelligenza artificiale in azienda, trasformazioni cui le imprese si preparano con la formazione: il Workmonitor 2024 di Randstad rileva infatti che il per il 46% dei dipendenti in Italia è in corso un aggiornamento per le cosiddette ‘future skill’, le capacità professionali del futuro; formazione che – continua il rapporto – anche lato lavoratori è rilevante laddove il 32% degli intervistati dichiara che non terrebbe in considerazione una nuova opportunità lavorativa che non garantisse una formazione capace di renderli al passo coi tempi. E il 34% delle richieste è di formazione sul tema dell’intelligenza artificiale (AI).

“In un’epoca di grandi cambiamenti globali che impattano sul mercato del lavoro – commenta Maria Cristina Vaccarisi, Partner Public Sector – Società Partecipate e Utilities, di Keystone Executive Search (divisione di Randstad Italia) – è necessario osservare e comprendere le ambizioni, le attitudini e le aspettative di coloro che operano all’interno delle organizzazioni, prestando particolare attenzione alle diverse prospettive generazionali. Ciò che spicca tra i macro-temi globali della ricerca Randstad Workmonitor 2024, è il ruolo centrale dell’intelligenza artificiale, diventata una priorità per l’attraction e la retention nelle organizzazioni”.