Quindi i tool basati sull’intelligenza artificiale sono pronti a sostituire l’essere umano? E’ un vecchio dibattito, risalente agli anni ’60, quando si ipotizzava che i robot potessero assumere una propria coscienza e insidiare l’uomo.

Intelligenza artificiale

Il mondo del web ha un vocabolario tutto suo, al quale col tempo ci siamo abituati. Una delle ultime parole arrivate sul mercato è ChatGPT, un acronimo con un suo significato: Chat Generative Pre-trained Transformer. Facendo una traduzione in italiano, si potrebbe dire: trasformatore pre-istruito generativo di chat, ovvero programmi per creare un dialogo fra essere umano e bot.

Un software di intelligenza artificiale che ha fatto molto parlare di sé per l’altissimo livello qualitativo dell’aspetto “creativo”. La caratteristica di ogni AI è infatti proprio questa, riuscire a creare qualcosa o a rispondere a domande in maniera automatizzata.

Nel caso di ChatGPT, questa fase creativa si sviluppa nel linguaggio, nel rispondere alle domande degli utenti e nel creare veri e propri testi; addirittura, c’è chi sta ormai scrivendo libri interi con questo strumento.

Quindi i tool basati sull’intelligenza artificiale sono pronti a sostituire l’essere umano? E’ un vecchio dibattito, risalente agli anni ’60, quando si ipotizzava che i robot potessero assumere una propria coscienza e insidiare l’uomo.

Finora però questo scenario non si è mai verificato ed è assai improbabile che accada. L’intelligenza artificiale è semplicemente uno strumento e come tale ha pregi e difetti, come è possibile approfondire in questo articolo http://www.ilpolodigitale.com/news/chatgpt-pregi-difetti/. Polo Digitale, company di Reggio Emilia la cui mission è supportare le aziende nel loro processo di digitalizzazione, conosce molto bene questi strumenti, intuendone le straordinarie potenzialità ma anche i punti critici nei quali deve entrare in gioco la capacità di analisi critica umana.

Quando incontriamo l’intelligenza artificiale

Era il 2001 quando l’intelligenza artificiale divenne nota al mondo grazie al film di Steven Spielberg, AI, acronimo dell’espressione inglese artificial intelligenze. Qui si analizzavano, in maniera molto romanzata, i rapporti fra l’uomo e una macchina completa di sentimenti propri dell’essere umano ma incapace di gestirli davvero.

Nella quotidianità, però, l’intelligenza artificiale è meno romantica e molto più pratica di quanto venga raccontato tramite libri e film. Ognuno di noi incontra questi strumenti ogni giorno, senza neppure farci caso. Uno dei più utilizzati è l’algoritmo che permette di scegliere quali annunci mostrare agli utenti dei social. In base alle ricerche effettuate e ai propri gusti, a un utente apparirà la pubblicità di un balsamo per capelli piuttosto che delle crocchette per i cani.

Chiunque si occupi di digital marketing, come gli esperti di Polo Digitale, conosce l’importanza di sfruttare questi algoritmi per raggiungere il proprio cliente tipo, quello che sarebbe disposto a comprare il prodotto pubblicizzato. Ma è proprio al momento del lancio della campagna che serve la capacità di discernimento dell’uomo: individuare il target in base a età e sesso, dare le indicazioni precise su comportamenti e gusti permette davvero di trovare il proprio cliente. Diversamente, la campagna rischia di andare a vuoto. Dopotutto, a tutti è capitato di veder apparire nella propria bacheca social pubblicità di prodotti che non compreremmo mai; in quel caso, all‘intelligenza artificiale mancavano indicazioni più chiare per sapere come operare.

Detto questo, i vantaggi dell’AI nel marketing sono evidenti. Per esempio, i bot permettono di rispondere in tempo reale ai clienti, in qualsiasi ora del giorno, dando almeno le comunicazioni di base. Un servizio che, se fosse fornito da risorse umane, avrebbe costi troppi alti da sostenere per la stragrande maggioranza delle aziende.

Le alternative sul mercato

In un mondo in costante evoluzione come quello di Internet, è impensabile che un prodotto, per quanto all’avanguardia, resti un unicum. Il colosso google ha infatti già predisposto uno strumento alternativo a ChatGPT dal nome Bard, che nasce con l’obiettivo di sopperire alle mancanze del suo concorrente. Uno di questi è la frequenza degli aggiornamenti, che per Bard sono più frequenti. L’aggiornamento è un passaggio indispensabile: bisogna tenere conto che tutto ciò che uno strumento di AI “conosce” è ciò che è stato messo nel database, ed è da lì che trae informazioni.

Questo è uno dei motivi per cui nessun testo, libro o spiegazione potrà valere quanto un prodotto nato dalla creatività umana, che ha meno informazioni memorizzate ma che può metterci il proprio senso critico per trovare soluzioni innovative e inaspettate. A patto, ovviamente, che la persona in questione abbia voglia di investire il proprio ingegno; diversamente, l’intelligenza artificiale è pronta a sostituire quei lavoratori che oggi compiono mansioni ripetibili e prevedibili.