In estate tutte le attenzioni sono concentrate sul vortice innescato dal calciomercato: i nomi sui giornali, le indiscrezioni, i tweet. In questi due mesi, però, le squadre lavorano dietro le quinte, iniziando lunghe preparazioni in ritiri di montagna o in tournee internazionali. All’immagine delle ripetute nei boschi e del recupero muscolare dei calciatori immersi nei torrenti ghiacciati si sono sostituti i rilevatori GPS che indossano i giocatori per capire velocità e intensità del lavoro, parametri importanti per costruire programmi personalizzati. Oppure i droni che registrano i movimenti della squadra, fornendo preziose informazioni tattiche ai Match Analyst, un ruolo moderno ma che ha radici antiche. Nato nel 1950 in Inghilterra grazie all’intuizione di un contabile, Charles Reep, che era solito annotare, con carta e penna, tutti gli eventi a livello statistico delle partite dello Swindon. Settant’anni dopo, il passaggio dall’analogico al digitale ha determinato la creazione e lo spostamento di milioni di dati su numerosi dispositivi: molte aziende sfruttano sempre di più le potenzialità dei Big Data e anche lo sport professionistico sta andando in questa direzione. Come emerso dal report di Research and Markets nel 2022 il giro d’affari per il mercato degli sport analytics ha raggiunto la cifra di 3 miliardi di euro, un volume che è destinato a crescere fino a 8 miliardi di euro nel 2026 (+27% CAGR). Un incremento del 166% in 5 anni.
“Più giro d’affari significa più dati generati, diffusi ed elaborati su differenti piattaforme. Questa enorme mole di numeri e statistiche ha bisogno di un sistema centralizzato di gestione: per questo motivo la Data Integration rappresenta il futuro per chi vorrà sfruttare al meglio questo tesoro di informazioni”, afferma Francesco Borraccino, Customer Success Manager di Primeur Group, azienda multinazionale italiana specializzata nei servizi di data integration presente in 28 paesi nel mondo.
Uno dei casi più eclatanti di Data Analysis è Moneyball, il film che racconta la storia della squadra di baseball degli Oakland Athletics. Nel 2001 il General Manager della squadra Billy Beane mette a punto un metodo innovativo per la campagna acquisti: selezionare gli atleti basandosi quasi esclusivamente sulla percentuale che indica il numero delle volte in cui il giocatore conquista una base senza aiuto di penalità. Questa vicenda ha contribuito a rivoluzionare il metodo con cui vengono misurate le prestazioni dei giocatori: con gli sport analytics, l’esperienza e l’intuizione tradizionali vengono integrate ad un approccio basato sui dati. Progressivamente altre squadre della NFL iniziano ad adottare questa visione e il metodo si diffonde anche ad altri sport come NBA, Formula 1 e calcio.
L’applicazione delle tecnologie di sport analytics ha raggiunto livelli di dettaglio impressionanti, e gli esempi sono diversi e trasversali: tutte le franchigie NBA hanno installato 6 telecamere nelle passerelle delle arene per tracciare i movimenti di ogni singolo giocatore e della palla ad una velocità di 25 volte al secondo. Anche dall’altra parte dell’oceano a guidare l’innovazione è il mondo anglosassone. Il Manchester City ha aggiunto allo staff degli analisti quattro astrofisici. Segue la stessa linea degli sport analytics la rivale, il Liverpool, che ha attirato talenti con un background completamente opposto a quello sportivo, assumendo fisici e neuroscienziati. Negli allenamenti precedenti alla finale di Champions League la squadra di Klopp ha utilizzato dei sensori applicati alla testa degli atleti con il fine di raccogliere dati su come reagiscono i circuiti cerebrali.
Se il calcio sta provando ad aumentare la quantità di dati a sua disposizione c’è un altro sport che ogni fine settimana ne genera più di quanto un club ne produca in una stagione: la Formula 1. Ogni vettura di F1 contiene 300 sensori che spostano 1,1 milioni di dati telemetrici al secondo trasmessi dalle vetture ai box. Durante ogni weekend di gara 160 terabyte di dati vengono inviati tra il circuito remoto e il centro multimediale e tecnologico della Formula 1. Le squadre sportive che necessitano di un accesso continuo ai propri dati stanno iniziando a cercare soluzioni cloud flessibili e sostenibili per migliorare le proprie capacità di archiviazione dei dati.
“Adottare una metodologia di pura data integration è estremamente vantaggioso anche nel caso del settore sportivo”, prosegue Francesco Borraccino. “Per evitare silos aziendali, in cui i dati risiedono isolati dal mondo circostante, giocano un ruolo strategico le piattaforme di data integration, come quella con cui Primeur fa viaggiare i dati in modo sicuro, affidabile e disaccoppiando chi produce i dati rispetto a chi li consuma. La metodologia di pura data integration ci consente di suddividere il flusso business in tre fasi: raccolta dati provenienti da sensori o da applicazioni, aggregazione dati o elaborazione con algoritmi di intelligenza artificiale ed infine consegna dei dati derivati ad altre applicazioni, ove gli esperti di dominio (ingegneri meccanici, ingegneri elettronici, matematici ecc.) potranno ulteriormente analizzarli per fornire indicazioni, ad esempio ai piloti, per una strategia vincente”.
Essere in grado di accedere senza problemi ai dati nel cloud per raccogliere informazioni utili dalle varie sorgenti al tempo opportuno, saperle trasformare e aggregare correttamente perché gli esperti possano effettuare le loro analisi, può fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta per alcune squadre sportive.
La rivoluzione dei Big Data non coinvolge solo i club a livello interno ma impatta sull’offerta dei broadcast, sulle scelte degli arbitri e sulle modalità di ingaggio degli appassionati. In Qatar, durante i Mondiali del 2022, verrà lanciato il fuorigioco semi-automatico. Questo strumento dispone di 12 telecamere di localizzazione e 29 punti di raccolta dati per ogni singolo giocatore, calcolando la loro posizione in campo 50 volte al secondo e sezionando ogni parte del corpo passibile di fuorigioco. All’interno del pallone verrà posto un sensore che invierà segnali alla sala di controllo 500 volte al secondo, risultando così fondamentale nei casi millimetrici. L’ultima decisione però spetta sempre all’essere umano: prima di segnalare l’infrazione, al VAR controlleranno manualmente i dati ricevuti e dopo pochi secondi potranno informare l’arbitro. La F1, invece, sta utilizzando il cloud computing anche per portare i fan all’interno dell’esperienza di gara in modo nuovo attraverso F1 Insights, proponendo alle trasmissioni di tutto il mondo i dati provenienti dai sensori insieme ai video delle telecamere di bordo. Questi approfondimenti aiutano i fan a comprendere le decisioni e le strategie di gara prese dai piloti o dai team in una frazione di secondo, che influenzano enormemente l’esito di una corsa.