Qual è il futuro del ransomware e cosa possono fare le aziende per difendersi? I professionisti della sicurezza si pongono queste domande con sempre maggiore frequenza da quando questo tipo di attacco malware è emerso per la prima volta circa 15 anni fa. Il problema è che ogni volta che le domande vengono poste, la risposta è differente
L’evoluzione del ransomware è stata così rapida che riuscire a difendersi può essere una sfida. Quello che è iniziato come un semplice attacco ai dati, criptando i file critici per l’azienda per estorcere qualche centinaio di dollari è diventato una sfida potenzialmente letale. Oggi, gli aggressori, dopo aver colpito anche aziende più grandi, hanno ben chiara la disperazione delle loro vittime e le richieste di riscatto hanno iniziato a salire, passando rapidamente da centinaia a migliaia e infine a milioni di euro.
L’ultima tendenza è rappresentata dalla doppia estorsione, in cui gli aggressori minacciano di pubblicare i dati per aumentare la pressione sulle vittime; o addirittura dalla tripla estorsione, quando gli aggressori contattano direttamente i clienti o i fornitori della vittima minacciando di esporre i loro dati. Questo è il problema del ransomware: ogni volta che si pensa di aver visto l’ultima novità, i criminali informatici escono con qualcosa di nuovo.
Ma l’innovazione più importante di tutte è avvenuta dietro le quinte e riguarda il modello di business del ransomware. I gruppi criminali hanno capito che potevano commercializzare i loro sistemi malware trasformando il ransomware in un servizio, creando così il ransomware-as-a-service (RaaS).
La genialità di questo non sta nel rendere il ransomware più sofisticato o efficace – obiettivi che sono stati già raggiunti molto tempo fa – ma più accessibile. Improvvisamente, il ransomware è diventato un servizio come qualsiasi altro e i criminali che non hanno la capacità tecnica di progettare il proprio malware possono ottenere gli stessi vantaggi noleggiando le competenze.
Anche se gli attacchi tradizionali e il ransomware spesso condividono molti dei vettori di attacco iniziali, è il loro impatto che li distingue. Gli attacchi tradizionali di esfiltrazione si traducono per lo più in perdite secondarie: danni alla reputazione, sanzioni amministrative o controversie legali, il ransomware, al contrario, si traduce in perdite primarie, come per esempio l’interruzione del business.
Ora questa democratizzazione alza il profilo di rischio del ransomware di un altro livello, aumentando anche la componente di frequenza del rischio. Gli attacchi di alto profilo da parte di gruppi specializzati come REvil, Conti e BlackMatter riscuotono spesso l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, ma i numerosi gruppi meno noti che hanno adottato un approccio RaaS potrebbero finire per fare più danni ancora. Per la maggior parte delle organizzazioni, gli attacchi di tipo RaaS rappresentano oggi la minaccia primaria.
Come difendersi?
Il numero di attacchi riusciti ha mostrato in modo inequivocabile che le difese tradizionali come la sicurezza degli endpoint e della rete possono fornire un grado di protezione accettabile, ma non sufficiente. Questo rimane vero anche quando molti prodotti vengono definiti esplicitamente anti-ransomware, e nonostante gli investimenti record destinati in generale alla cybersecurity.
La crisi di fiducia generata dagli attacchi ha guidato il mercato della cyber-assicurazione, che è emerso quasi dal nulla intorno al 2013, diventando oggi un settore in piena espansione. Sotto molti aspetti l’effetto dell’assicurazione è controverso: alcuni sostengono che questo rende le organizzazioni più propense a pagare riscatti nella consapevolezza che alcuni o tutti questi costi saranno coperti dalla loro polizza. Se gli aggressori hanno tenuto conto di questa disponibilità a pagare, allora è plausibile che l’assicurazione del ransomware stia peggiorando le cose nel lungo periodo. Inoltre, il ruolo dell’assicurazione è per eventi ad alto impatto e bassa frequenza, e come discusso la crescita di RaaS e i titoli dei giornali hanno dimostrato che il ransomware sta rapidamente diventando un evento ad alto impatto e alta frequenza.
C’è già una pressione da parte, per esempio, dei legislatori statunitensi per rendere illegali i pagamenti dei riscatti.
Il messaggio per le organizzazioni preoccupate per il ransomware è di non credere alla pubblicità. Si può mettere la parola anti davanti alla parola ransomware tutte le volte che volete, ma ciò che salva le organizzazioni non è una determinata tecnologia “magica”, ma la qualità della loro valutazione interna, la resilienza informatica organizzativa, il recupero e la risposta agli incidenti.
È necessaria una risposta integrata
Ci sono aziende che dispongono anche di 130 diversi strumenti di sicurezza. A quel punto, ciò che conta non è quanto ciascuno di questi sia valido a rilevare il ransomware, ma quanto siano ben orchestrati tra loro e automatizzati come un intero sistema. Per le organizzazioni, framework come MITRE D3FEND (per gli strumenti difensivi) e ATT&CK (per le tecniche e le procedure degli strumenti di minaccia, o TTP) sono di grande aiuto quando si tratta di valutare la sicurezza dei fornitori e di abbinare le minacce alle difese.
Componente fondamentale della resilienza e della risposta è il livello di integrazione tra le funzioni IT e di cybersecurity. Oggi, in troppe organizzazioni, queste funzioni sono separate o semplicemente sovrapposte in alcune aree. Questo significa che la prevenzione e il rilevamento saranno il lavoro del team di security, mentre la risposta agli incidenti è a cavallo tra i due. Il recupero, la funzione più importante di tutte, sarà interamente a carico del team IT.
Se questo approccio può aver funzionato per gli incidenti di cybersecurity del passato, è una debolezza evidente contro il ransomware, dove ogni secondo conta. In pratica, ogni risposta deve avvenire contemporaneamente al rilevamento e al rimedio con il recupero che deve essere un processo parallelo piuttosto che sequenziale. Idealmente, questi elementi dovrebbero supportare l’automazione e l’orchestrazione dagli strumenti in uso nei due team, abbassando i costi e aumentando l’efficienza e l’efficacia. Ciò implica un unico team con compiti diversi piuttosto che reparti separati che si affidano a relazioni personali e comunicazioni ad hoc.
È fondamentale che le organizzazioni comprendano che il momento attuale di crescita del ransomware non finirà finché i criminali informatici saranno in grado di eludere la legge e raccogliere enormi profitti. È un modello di business troppo allettante, reso ancora più accessibile dall’avvento del RaaS.
Quello che è certo è che il ransomware, in ogni sua forma, non è un problema temporaneo o una moda passeggera. Anzi, negli ultimi venti anni si è evoluto continuamente, accrescendo la propria presenza e potenziale impatto, e continuerà certamente a farlo. I difensori dovrebbero prepararsi al peggio e sperare nel meglio in un mondo in cui superare e sopravvivere agli attacchi di estorsione è diventato il prossimo vantaggio competitivo indispensabile.
di James Blake, Field CTO Security di Rubrik