Nella Relazione Annuale presentata a luglio 2022, il Garante per la protezione dei dati personali ha evidenziato che dal 1° gennaio 2021 al successivo 31 dicembre sono state notificate 2.071 violazioni dei dati personali, il 50,5% da parte di soggetti pubblici e il 49,5% da privati.
Comparando la Relazione Annuale con quella del 2021 emerge che rispetto al 2020, dove i casi segnalati erano stati n. 1.387, vi è stato un aumento dei data breach di quasi il doppio, rendendo il 2021 “un anno particolarmente difficile sul fronte della cybersecurity e della protezione dei dati personali”.
Mancano ancora alcuni mesi per capire quale sia stato l’andamento del 2022, ma dalle diverse testimonianze di aziende impegnate nella cybersecurity non si prospettano risultati incoraggianti: le violazioni di dati personali continuano ad essere consistenti in tutto il mondo, e inizieranno ad essere alimentate anche da nuove strategie di attacco basate sull’AI o dalle vulnerabilità legate all’ampliamento dei confini aziendali con il lavoro ibrido.
È necessario, dunque, guardare alla protezione dei dati come forma di protezione del patrimonio economico e culturale aziendale e provvedere non solo a mettere in campo le giuste tecnologie, ma anche ad assicurare gestione adeguata delle piattaforme di cybersecurity, e una loro efficace integrazione a livello di organizzazione e di processi.
L’errore umano rimane la prima vulnerabilità sfruttata dagli attori malevoli
Entrando nel merito delle violazioni, la Relazione riporta come queste abbiano interessato, nel settore pubblico, soprattutto comuni, istituti scolastici e strutture sanitarie (Asl, Aziende ospedaliere, Policlinici e Irccs) mentre nel settore privato, piccole e medie imprese e professionisti nonché grandi società del settore delle telecomunicazioni, energetico, bancario e dei servizi.
La criminalità informatica è stata legata ad episodi malevoli rappresentanti soprattutto dalla diffusione di malware di tipo ransomware che ha compromesso la disponibilità dei dati all’interno dei sistemi server, delle postazioni di lavoro e dei data base. Il ransomware è una minaccia particolarmente diffusa in Italia e questi episodi hanno inciso, in alcuni casi, anche sulla riservatezza delle informazioni trattate, consentendo l’accesso non autorizzato o illecito ai dati trattati all’interno di sistemi informativi complessi nonché la diffusione accidentale di dati personali a causa di erronee configurazioni dei sistemi software di gestione della posta elettronica.
In questo contesto, e come indicato anche dal Garante, investimenti in sicurezza e misure di difesa dai ransomware sono la priorità per la protezione dei dati personali.
Prevenzione e intervento tempestivo restano le migliori strategie di difesa
Dal punto di vista della difesa, l’opzione più efficace rimane la prevenzione: è possibile contrastare gli hacker utilizzando tecnologie di threat intelligence e logiche di “deception” per costringerlo in aree di osservazione e controllo e studiarne i movimenti. Parliamo di interventi che interessano tutti i sistemi utilizzati dalle aziende, dai più piccoli ai più grandi: dai sistemi di controllo delle e-mail in entrata e in uscita e dei device (PC, cellulari), dai servizi di crittografia e cifratura dei dati ai sistemi di Data Loss Prevention e di VPN.
Tuttavia, limiti di budget e divergenze nelle priorità aziendali spesso non consentono alle aziende di dotarsi di strumenti di prevenzione sofisticati, e quindi l’unica possibilità è essere pronti ad agire tempestivamente e rivolgersi a un team di esperti di assistenza che, attraverso metodologie di settore e tecnologie innovative, possono immediatamente prendere in carico la situazione di crisi.
Ad ogni modo, pagare gli autori dei ransomware non solo può non essere risolutivo (una percentuale significativa di questi casi non riesce a recuperare i propri dati), ma spesso comporta ugualmente la cessione delle informazioni al mercato nero degli hacker.
Coordinamento tra tutela ed evoluzione della gestione dei dati
Da quanto esposto emerge come il rischio di diffusione di dati preziosi rimane alto se non si intraprende, sia a livello di business che da un punto di vista di mentalità aziendale, un approccio di security by design. A ciò va aggiunto come la gestione dei dati in sé sia continuamente soggetta a cambiamenti normativi e/o di settore, il che richiede uno sforzo costante di adattamento e conformità.
È nello spirito dell’avvio di uno scambio di informazioni e buone pratiche di sicurezza cibernetica che il Garante ha avviato una collaborazione con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che si pone proprio l’obiettivo “di garantire i diritti e la tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico”.
Questa stretta collaborazione tra Garante e l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale conferma che non si può garantire la cyber security senza la protezione dei dati e viceversa; cyber security e protezione dei dati sono strettamente connesse e sono due facce della stessa medaglia.
La cyber security del futuro va esattamente in questa direzione, integrando, da un lato, di servizi di cyber security in grado di gestire il rischio cyber e, dall’altro, servizi avanzati di consulenza per governare le informazioni e per adeguarsi delle normative privacy in continua evoluzione.
Di Andrea Lambiase, Chief Digital & Innovation Officer, e Elena Cannone, Data Protection Officer di Axitea