
Omnicanalità: una parola di tendenza che, in quanto tale, è spesso utilizzata a sproposito, tanto che ciò che molti definiscono omnicanale non è altro che un’offerta frammentata mascherata da una bella etichetta. La vera omnicanalità, infatti, non consiste semplicemente nell’aggiunta al media mix di canali, schermi o dispositivi, ma nel raggiungere l’audience giusta ovunque essa si trovi e misurare l’impatto reale dell’annuncio. Parola di Quantcast, azienda leader nell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale al programmatic advertising, che ha scelto di smentire alcune false credenze diffuse su questo tema oggi sulla bocca di tutti.
Il falso mito dell’offerta
Molte piattaforme demand-side (DSP) portano avanti su questo tema una narrazione interamente incentrata sull’offerta. È comprensibile: la CTV, per esempio, rappresenta un’area in forte crescita e le piattaforme non vogliono lasciarsi sfuggire l’opportunità di capitalizzare le evoluzioni nelle abitudini di consumo dei media. Il problema, però, è che in questi casi l’omnicanalità non parte dai bisogni dell’advertiser, ma da ciò che può essere venduto. Questo non è un approccio omnichannel, ma focalizzato sul singolo canale.
Immaginiamo, per esempio, una squadra in cui ogni giocatore si allena da solo. Ogni componente potrà anche essere forte individualmente, ma senza un allenamento condiviso il team non riuscirà a mettere in atto gli schemi in partita. Allo stesso modo, solo la vera omnicanalità garantisce che i vari canali lavorino in sinergia, guidati da insight sull’audience e non da tattiche sconnesse.
Si può, però, adottare un approccio davvero olistico, che non obblighi gli inserzionisti a lavorare in compartimenti stagni. Come? Iniziando dall’asset più importante, l’audience: dalla costruzione di un singolo modello di audience personalizzato, è possibile raggiungere nuovi consumatori su tutti i canali, siano essi display, native, mobile, in-app, CTV, video online o audio.
Una misurazione che conta davvero
Un’autentica strategia omnicanale, inoltre, non riguarda solamente la reach, ma anche l’impatto della campagna. Aggiungere la TV connessa alla propria pianificazione, per esempio, è inutile se non si riesce a quantificarne il contributo incrementale alla performance. È cruciale, dunque, scegliere suite di misurazione pensate per tracciare i risultati di tutti i canali in un unico luogo, e non come dati sconnessi su piattaforme diverse.
Misurando l’engagement cross-device, i marketer possono capire come l’audience interagisce tra gli schermi e accedere non solo a una visione unificata delle performance, ma anche a prove concrete dei risultati. Niente più supposizioni o affermazioni del tipo “la CTV è in crescita, quindi dovresti esserci”; solo outcome trasparenti e misurabili.
L’illusione dell’identificatore: il problema degli ID univoci e dei dati di terze parti
Un’altra credenza diffusa è che un singolo ID proprietario sia la chiave in termini di addressability, ma ciò si basa sul presupposto errato che lo stesso indirizzo mail a cui è legato l’ID sia utilizzato sempre su tutti gli editori. Nella pratica, invece, le persone utilizzano mail diverse per scopi diversi e non è plausibile che un singolo ID possa coprire l’intero consumer journey senza lacune significative.
Lo stesso problema affligge i dati di terze parti, spesso obsoleti e raramente aggiornati, oltre che in ormai rapida scomparsa. Nell’odierno e mutevole panorama digitale sono necessari insight freschi e dinamici e con informazioni datate si rischiano grandi inefficienze e dispersione di budget. Contare ancora sui dati di terze parti può essere paragonabile all’utilizzo di una vecchia mappa per orientarsi in una città in evoluzione: restando ancorati a quell’immagine ferma nel tempo, la visione è incompleta, imprecisa e incline a errori.
Adottando una proposta agnostica rispetto tanto all’offerta quanto agli ID e utilizzando tutti gli identificatori, però, non è necessario assoggettarsi a una soluzione uguale per tutti. Grazie a tool che analizzano i segnali in tempo reale e si adattano all’audience di interesse senza focalizzarsi su un singolo ID o unico dataset, ogni data point disponibile è massimizzabile per migliorare le performance.
“Ciò che effettivamente conta per i marketer è accrescere la propria audience, acquisire più clienti e dimostrare il successo delle proprie campagne. Basarsi sulle vecchie modalità di acquisto dei media, in cui l’offerta detta la strategia, non è più sufficiente. – commenta Ilaria Zampori, VP of Southern Europe di Quantcast – Oggi il futuro appartiene a chi riesce a creare una connessione tra audience, attivazione e misurazione. Questa è la grande differenza tra definirsi omnichannel ed esserlo davvero”.