L’addressability nella visione di Amélie Grenier-Bolay, Country Manager Italy and MENA di PubMatic

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Con la progressiva uscita di scena dei cookie di terza parte da Google Chrome, gli attori del digital advertising si trovano ad affrontare la sfida dell’addressability legata ai dati di prima parte. Ora, infatti, non è più sufficiente possederne o acquisirne di nuovi, ma è fondamentale essere in grado di attivarli facilmente per ottimizzare le performance delle campagne, rispettando la user experience e la privacy dei consumatori. Per navigare in uno scenario così complesso, è fondamentale che la filiera del programmatic venga semplificata e gestita in modo trasparente.

Il tramonto dei cookie di terza parte, sfide ma anche opportunità

La nostra industry deve iniziare da subito a rispondere alle sfide dell’era post-cookie e dell’addressability. E l’impresa è titanica: come faranno gli editori a continuare ad aggiungere valore ai dati nella catena del programmatic se a livello generale, stiamo già assistendo al calo dei CPM a partire dalla fase di implementazione di soluzioni alternative? Tenendo conto di altri fattori che sfuggono al controllo dei player dell’AdTech – in particolare le conseguenze dell’inflazione sui budget – c’è da aspettarsi una generalizzazione di questo trend nei mesi a venire.

Per agenzie e brand la posta in gioco è altrettanto alta, poiché non solo dovranno ottimizzare le performance delle campagne pubblicitarie, ma anche misurarle in modo trasparente. In tal senso i cookie di terza parte hanno rappresentato a lungo un elemento fondamentale del digital advertising, consentendo di tracciare il comportamento degli utenti e misurare le prestazioni delle campagne, ma con la loro scomparsa, sarà, complesso mantenere lo stesso livello di granularità nel targeting e nella misurazione delle performance.

Questa transizione nel settore offre, tuttavia, una reale opportunità di ripensamento dei metodi di tracking e misurazione, dando vita a un maggiore focus su approcci più etici e rispettosi della privacy, come il targeting basato su identificatori anonimizzati. Adottando un approccio trasparente rispetto alle modalità di raccolta e utilizzo dei dati, inoltre, i consumatori potranno riacquisire fiducia e, di conseguenza, si riavvicineranno ai brand. Se, da un lato, il tramonto dei cookie presenta sfide significative, dall’altro offre l’opportunità di promuovere un modo di fare digital advertising più responsabile e incentrato sulle audience.

Navigare nella complessità

In questa era post-cookie il mercato è in evoluzione e continuano a emergere molte soluzioni per aiutare editori e brand ad affrontare le sfide del targeting: targeting contestuale, identificatori unici, curation e strategie di total video (mirate ad affrontare la sfida della multicanalità) – per citarne alcune – mentre diventa sempre più complesso testare, confrontare e scegliere. A livello di soluzioni, è indispensabile che esse siano semplici e accessibili. Per questo, i vendor tecnologici devono offrire piattaforme unificate, attraverso le quali sia possibile attivare e testare diverse alternative da un unico hub, consentendo un’esecuzione più semplice ed efficiente. Questo approccio è esemplificato dalla Supply Path Optimisation (SPO), una soluzione “logica” per il settore, che risponde sia all’esigenza di semplificazione che a quella di efficienza, offrendo migliori interoperabilità e controllo, oltre a una maggiore varietà di scelte, garantendo allo stesso tempo un più elevato livello di trasparenza.

In definitiva, semplificazione e armonizzazione delle soluzioni alternative saranno la chiave per aumentare le prestazioni, semplificando al contempo l’implementazione e la gestione delle campagne. Dunque, per superare le sfide dell’addressability, l’industry dovrà ancora una volta dimostrare la propria agilità e resilienza.