Sono più di 3 milioni in Italia, secondo l’ISTAT, le persone che presentano una qualsiasi forma di disabilità, numero che sale a 87 milioni se si prende in considerazione l’intera Unione Europea. Che sia una disabilità di tipo cognitivo o motorio, questi cittadini possono incorrere in barriere per l’accessibilità a prodotti e servizi, anche digitale, basti pensare che in Italia il 97% dei siti internet non sono ancora navigabili da persone con disabilità (ciechi, ipovedenti, non udenti, daltonici, epilettici, utenti che non possono utilizzare il mouse, ecc).
E se c’è stato un fenomeno che ha amplificato questa criticità è stato il Covid, che però ha – allo stesso tempo – fatto in modo che venisse posta una maggiore attenzione nei confronti del problema della digitalizzazione.
“Tra le varie eredità che ci portiamo dietro dalla pandemia da Covid 19 vi è il fatto di aver posto maggiormente il problema dell’accessibilità digitale da parte di cittadini con disabilità, che improvvisamente si sono trovati a dover svolgere una lunga serie di attività, come ad esempio accedere a servizi pubblici, online”, spiega Luca Manara, CEO e Co Founder della piattaforma tecnologica UNGUESS. “Al giorno d’oggi, un’azienda attenta all’inclusività digitale possiede un vantaggio reputazionale nonché competitivo sugli altri non indifferente”.
Ma perché in questi mesi si è parlato così tanto di accessibilità digitale?
Negli ultimi mesi si è sentito parlare con più insistenza di questa tematica, e questo poiché i membri della UE hanno imposto di adottare e pubblicare agli stati membri la propria Digital Accessibility Law. Dalla fine del mese di giugno, infatti, coloro che producono prodotti e servizi digitali (dagli hardware alle piattaforme di commercio elettronico, dai servizi bancari per consumatori alle app ai portali per il trasporto pubblico; dagli e-book agli e-reader) dovranno iniziare a lavorare per garantire (con deadline a Giugno 2025) la conformità ai requisiti di accessibilità digitale.
“Rendere i propri prodotti o servizi digitalmente accessibili non dev’essere solo un obbligo normativo, ma anche e soprattutto un dovere morale”, spiega Luca Manara. “Si tratta di una questione di inclusività: è giusto che tutti i cittadini possano accedere a tutti i servizi online, di qualsiasi tipologia questi siano. E se non basta il dovere morale, sono previste anche sanzioni fino al 5% del fatturato per quelle aziende che non si adegueranno entro la scadenza”.
Ma per rendere accessibile un’impresa sono sufficienti solo 4 step
Cosa possono fare quindi le aziende per essere a norma? In 4 step è possibile adeguarsi alle nuove linee guida, e fornire i propri prodotti o servizi digitali in maniera completamente accessibile e inclusiva.
- Organizzare sessioni formative dedicate al proprio team di produzione: la formazione sull’accessibilità digitale deve includere sia i designer sia gli sviluppatori (quindi tutto il team di produzione) perché deve riguardare sia il codice che l’interfaccia del prodotto. Formare le giuste risorse permette quindi di essere pronti alle future esigenze di produzione, ma anche di avere risorse interne ideali per ottimizzare i prodotti già esistenti.
- Testare i prodotti digitali, ovvero valutare la conformità del prodotto digitale rispetto alle più recenti linee guida per l’accessibilità dei contenuti web (WCAG 2.1). Queste servono a valutare se il sistema è utilizzabile da parte del maggior numero di utenti possibili, senza discriminazione, inclusi gli utenti con disabilità, gli utenti con abilità non ottimali e gli utenti operanti in ambienti non ottimali.
- Remediation: se presenti, in questo step si lavora per eliminare le barriere di accessibilità digitale per persone con disabilità, facendo così in modo che i siti web rispondano ai più recenti requisiti di accessibilità richiesti dalla normativa.
- In ultimo, il Crowdtesting: in questa fase vengono effettuati test di valutazione dell’usabilità eseguiti direttamente da utenti con disabilità. Se garantire l’accessibilità significa mettere l’utente al centro del prodotto, includere gli utenti reali nel processo di test permette di assicurarsi che il prodotto sia efficace a tutta la sua audience.
“UNGUESS può essere un valido partner per aiutare ogni azienda che lo necessita a diventare al 100% accessibile. Valutare l’accessibilità digitale e mettere in atto misure di remediation è infatti una delle nostre attività che sta ricevendo sempre maggior interesse. Da quest’anno siamo anche felici di supportare le aziende nella redazione dell’annuale Dichiarazione di Accessibilità”, conclude Luca Manara.