Cresce l’adozione nelle aziende delle applicazioni cloud-native, un percorso necessario per adattare le architetture applicative alle aspettative dei mercati digitali.

applicazioni cloud-native

Nelle previsioni di IDC, entro il 2024 le imprese di tutto il mondo avranno modernizzato circa il 70% del proprio parco applicativo valorizzando le logiche cloud-native. Container, microservizi e orchestrazione dinamica sono esempi di tecnologie e approcci che sostengono i modelli delle applicazioni cloud-native e che rappresentano oggi un percorso necessario per aumentare l’agilità e adattare le architetture applicative alle nuove aspettative dei mercati digitali.

A partire dalla metà del decennio scorso, lo sviluppo di applicazioni cloud-native è cresciuto costantemente. Architetture ibride e distribuite hanno reso possibile l’adozione di tecnologie come i container e le API per aumentare l’elasticità e la flessibilità dei workload aziendali, con migliori economie di scala rispetto ai tradizionali modelli. Questo ha reso le logiche cloud-native molto attraenti per le imprese e i fornitori di servizi digitali che cercano di introdurre nuove applicazioni o di ridisegnare quelle esistenti. Gli sviluppi più recenti, avvenuti negli anni successivi, tra cui il serverless computing (function as a service) e i microservizi, hanno permesso un’espansione ancora maggiore dell’impronta cloud-native.

IDC definisce cloud-native un’applicazione che sfrutta il cloud e le tecnologie collegate per abilitare due caratteristiche tipiche: un alto grado di scalabilità attraverso un’architettura di servizi distribuiti e un’elevata facilità di uso. Senza entrare nello specifico degli attributi tecnici, un’applicazione cloud-native incorpora uno schema di aggiornamenti automatici, supporta il provisioning automatico dell’infrastruttura, può essere eseguita in modo geo-disperso, è auto-ridondante e auto-configurabile in modo agnostico rispetto all’hardware. Insieme a questi attributi, propri delle applicazioni cloud-native, vale la pena di evidenziare altri elementi che sono spesso considerati collegati a questo concetto: l’uso di container o motori di orchestratori di container, di microservizi, di ambienti cloud pubblici e di architetture open source.

La crescita accelerata delle applicazioni cloud-native pone però la necessità di adottare nuovi strumenti per l’osservabilità delle prestazioni e per il controllo sui rischi e la sicurezza IT. Per ottimizzare le cloud operations, le imprese dovranno infatti necessariamente investire in strumenti di performance management (applicativo e infrastrutturale) e in soluzioni che abilitino il monitoraggio continuo, l’ottimizzazione e la risoluzione delle problematiche dei nuovi servizi digitali.

La consapevolezza del valore dei princìpi cloud-native si è ormai già fatta strada nelle imprese. Manager e professionisti IT hanno però bisogno di governare questa trasformazione superando sfide e complessità. Il supporto dell’ecosistema dei partner è fondamentale per consentire alle imprese di abilitare i processi digitali su nuove piattaforme e architetture di business”, sottolinea Fabio Rizzotto, Vice President, Head of Research and Consulting di IDC Italia.