La parola chiave è allettante per gli hacker che cercano di fare breccia nella sicurezza dei sistemi aziendali

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Nell’emergenza in corso, le parole chiave sono smart working, business continuity e comunicazioni testuali personali. Se da una lato ci sono le aziende che hanno potuto ricorrere a modalità di smart working e remote working, dall’altro ci sono le persone, in quanto tali, che si avvalgono in gran parte dell’opportunità fornita dalla tecnologia e dagli strumenti digitali attuali per sentirsi vicini nonostante la lontananza fisica obbligata. È indubbio che tra gli hot topic vi sia quello del coronavirus, che secondo un’analisi condotta dall’italiana Libraesva, specializzata in soluzioni di email security, si attesta a quasi il 17% del totale delle email analizzate (16,86% per la precisione) quotidianamente nell’ultima settimana. Una percentuale elevata che mostra come a tutti i livelli l’impatto del virus stia accompagnando le nostre vite.

Allo stesso modo, la parola chiave ‘coronavirus’ è allettante per gli hacker informatici che cercano di fare breccia nei sistemi aziendali così come in quelli privati per comprometterne la sicurezza.

“A questo riguardo ci teniamo a ribadire alcune buone pratiche di ‘buon senso’ perché anche i tentativi di questi criminali risultino vani” afferma Paolo Frizzi, ceo di Libraesva.

Innanzitutto occorre tenere sempre alta la guardia sui mittenti delle email che si ricevono così come sulla forma che queste comunicazioni hanno quando appaiono sui nostri schermi. Mittenti sconosciuti o i cui dati – indirizzo email, oggetto della mail e così via – risultino presentare errori di battitura o imprecisioni devono subito destare allerta.

I contenuti delle email inoltre meritano di attenta analisi in termini di forma: se anche qui a prima vista risultano esserci assenza di riferimenti aziendali o di contatto nella firma, paginazioni con caratteri differenti tra una paragrafo e l’altro oppure evidenti errori di scrittura, allora è opportuno non rispondere né tantomeno inoltrare la mail per evitare di innescare un ‘contagio’ informatico. In ultimo, ma non per importanza, attenzione agli allegati – PDF, word, exe etc – poiché in questi sempre più di frequente risiedono le minacce più subdole.

Se si ricevono infine in questo momento storico, così particolare, email provenienti da emeriti esponenti di Istituti Sanitari quali Ospedali, Cliniche o ancora di Assicurazioni e Banche, in cui si trattano argomenti incentrati sulla pandemia in corso, l’invito è a considerare come non legittime e affidabili queste fonti. “Ricordiamo una volta di più che questi Enti e Istituti comunicano esclusivamente sui propri canali ufficiali (dalle news sui siti alle aree predisposte nell’home banking personale, ad esempio), e invitiamo a verificare sempre su questi ambienti la veridicità dei contenuti che riceviamo via email, già prima di condividerli o di aprirne gli allegati per approfondimento” conclude Frizzi con un rinnovato invito condiviso alla responsabilità di tutti, ancor più operando da remoto attraverso reti Wi-Fi libere o non coperte da sistemi IT aziendali controllati e protetti.