Secondo un’indagine di FPA commissionata da Appian l’80% delle PA richiede innovazione e automazione dei processi.

automazione dei processi

Il 79% delle Pubbliche Amministrazioni considera “molto” o addirittura “estremamente” prioritario il ripensamento di workflow e processi nel quadro dei piani e delle iniziative di ammodernamento delle proprie organizzazioni. È quanto emerge dal panel intervistato da FPA per l’indagine commissionata da Appian, “Automazione dei processi e sviluppo applicativo: opportunità e prospettive per la PA”, che ha coinvolto 80 tra le principali amministrazioni centrali e locali italiane, approfondendo le sfide e le opportunità legate all’adozione di un approccio allo sviluppo improntato al miglioramento dei workflow dell’organizzazione.

L’indagine evidenzia, inoltre, la centralità dell’automazione nelle iniziative per il miglioramento dei servizi al cittadino:

  • quasi l’80% degli intervistati concorda sul fatto che l’automazione dei processi è la chiave per migliorare i servizi, le amministrazioni locali in particolare concordano con questa affermazione.
  • il 50% del panel si aspetta l’efficientamento dei costi dovuto all’automazione.
  • il 43% concorda sul fatto che l’automazione permetta di ottimizzare la customer experience del cittadino perché contribuisce a migliorare l’interazione con l’utente.

L’indagine è stata voluta da Appian per comprendere lo stato dell’arte in termini di conoscenza e adozione da parte degli enti pubblici dei principali strumenti e delle metodologie più avanzate di sviluppo applicativo per l’automazione dei processi e provare ad individuare i principali ostacoli nello sviluppo di nuove applicazioni e le leve su cui agire per migliorare le performance della pubblica amministrazione.

Tra gli altri temi evidenziati dal panel emergono la volontà di adottare la tecnologia digitale per l’automazione (solo il 6% del panel ritiene che le iniziative in tema di automazione assumano un peso “poco” o “per nulla prioritario” all’interno della propria amministrazione), la necessità di formazione a vari livelli, i requisiti normativi che rischiano di rallentare l’innovazione, la centralità dell’automazione per migliorare i servizi ai cittadini.

Al ragguardevole 79% degli intervistati che riconosce nel tema dell’automazione dei processi un elemento centrale per le strategie di digitalizzazione, non corrisponde ancora oggi un livello sufficientemente elevato in termini di diffusione degli strumenti più avanzati e delle principali metodologie in materia. Se si esclude il solo Business Process Management (BPM) – già adottato in passato dal 70% circa del panel – sono relativamente poche le amministrazioni che hanno applicato soluzioni di intelligenza artificiale (il 37% del panel), di case management (31%) o di Robot Process Automation (21%).

Le dinamiche mutevoli, le crescenti aspettative di cittadini e imprese, i processi sempre più complessi e le continue modifiche normative richiedono agilità anche alla PA. L’adozione di piattaforme low-code può rappresentare un’importante innovazione in termini di sviluppo applicativo e automazione dei processi.

“Per poter trarre vantaggio dalle opportunità di innovazione, offerte dal mercato europeo e nazionale è necessario un processo decisionale veloce e un’esecuzione altrettanto veloce ed efficiente”, afferma Silvia Fossati, Area Vice President South Europe di Appian. “L’automazione low-code dei processi fornisce un aiuto concreto alla trasformazione digitale favorendo l’orchestrazione, lo sviluppo e l’adattamento rapido delle applicazioni”.

La conoscenza del low-code e di altre soluzioni di automazione intelligente non è ancora diffusa tra le PA coinvolte. I dati dell’indagine evidenzierebbero quindi un’apparente contraddizione tra la priorità riconosciuta al tema dell’automazione dei processi e la scarsa diffusione delle principali metodologie per la reingegnerizzazione dei processi.

Le ragioni di tale incongruenza sono molteplici: la scarsa visibilità sui potenziali benefici che tali approcci potrebbero offrire alle amministrazioni; la tendenza diffusa ad approcciare la digitalizzazione come l’informatizzazione dei processi esistenti; un quadro normativo e regolamentare che aggiunge ulteriori livelli di complessità al ripensamento dei processi interni; la scarsa propositività da parte dei partner tecnologici nell’offrire tali soluzioni alle pubbliche amministrazioni, preferendo approcci più tradizionali di cui si sentono più sicuri.

Emerge, tuttavia, una forte esigenza in termini di potenziamento delle competenze interne in tema di automazione dei processi e sviluppo applicativo. Se da un lato, l’insufficienza di risorse umane è considerato il maggiore ostacolo nello sviluppo di nuove applicazioni, lo sviluppo di nuove competenze specialistiche rappresenta il principale elemento di miglioramento su cui concentrarsi.

Anche in occasione di questa ricerca emerge come le competenze siano una delle principali leve sui cui lavorare”, sottolinea Gianni Dominici, Direttore generale di FPA. “Per rinnovare la PA servono persone in grado di cogliere tutte le potenzialità delle tecnologie che abbiamo oggi a disposizione, ma questo significa lavorare non solo sulle competenze tecniche, ma anche sulle competenze trasversali e che sostengono l’innovazione di processo e organizzativa. Ora che con il PNRR le risorse ci sono si deve investire, quindi, su una formazione che parta dai reali fabbisogni delle amministrazioni e che sia davvero di qualità”.

Da questo punto di vista, tanto le iniziative di formazione rivolte ai dipendenti quanto il reclutamento di nuove leve dovrebbe focalizzarsi sullo sviluppo di competenze in grado di avvicinare sempre più le direzioni IT al mondo del business; questo anche grazie all’individuazione di nuovi skill set ibridi, frutto della combinazione di competenze tecnologiche e amministrative.