Paul Barth di Qlik spiega perchè non possiamo permetterci che le nuove generazioni restino indietro e come la data literacy sia utile per la ripresa.

Data literacy

Anche prima della pandemia, le lacune nell’istruzione e nella formazione di bambini e ragazzi erano motivo di preoccupazione. Ma, per usare le parole dell’UNICEF, “il Covid 19 ha esasperato la crisi educativa”. Nell’ultimo anno e mezzo, infatti, un bambino su sette nel mondo, ha perso oltre tre quarti del suo percorso formativo in classe.

Le conseguenze sono molteplici e importanti: per lo sviluppo della personalità dei più giovani, per la loro capacità di acquisire competenze e per gli effetti che tutto questo avrà sul mondo del lavoro e sull’economia. Non stupisce quindi ricevere diversi segnali d’allarme per una generazione segnata dalla pandemia e, per come, questo sconvolgimento potrà incidere sulla sua capacità di supportare la ripresa economica.

Come le Nazioni Unite hanno fatto notare in occasione del World Youth Skills Day, nelle società post COVID-19, le giovani generazioni, che sono chiamate a contribuire al lavoro per la ripresa, dovranno essere dotate delle competenze necessarie per gestire con successo le continue sfide ed essere abbastanza resilienti da adattarsi ai cambiamenti futuri”. Questo spiega bene perché dobbiamo capire esattamente quali competenze sono necessarie per i più giovani e per chi è responsabile di garantire loro l’opportunità di svilupparle.

Un nuovo insieme di competenze

Per tutti, gli eventi dell’ultimo anno hanno rappresentato una curva di apprendimento assai ripida. Che si trattasse di trarre vantaggio dall’opportunità unica del tempo a disposizione oppure semplicemente di assicurarsi la sopravvivenza, le aziende hanno dovuto prendere decisioni in fretta, per adattarsi a una situazione in continua evoluzione. Un elemento fondamentale in questa situazione, che riguarda allo stesso modo i CEO come i neolaureati, è stata la capacità di leggere e capire i dati. Questo trend è destinato ad aumentare perché le aziende rispondono ai cambiamenti a lungo termine, adattando le pratiche di lavoro e analizzando il comportamento dei consumatori. Via via che la nuova generazione entrerà nel mondo del lavoro, ci si attende che questi giovani talenti sappiano rispondere ai cambiamenti, interpretando velocemente le informazioni a disposizione e prendendo decisioni.

Le aziende, quindi, fanno affidamento sempre di più sulla capacità di capire il valore dei dati, ma per fare questo hanno bisogno di personale capace di leggerli, capirli, interrogarli e lavorare con essi, hanno bisogno cioè di persone alfabetizzate in materia di dati. D’altro canto, lo studio “Human Impact of Data Literacy” di Qlik e Accenture rileva che “solo il 16% dei dipendenti al di sotto del livello junior manager è effettivamente preparato a utilizzare i dati in maniera efficace all’ingresso nel proprio ruolo”.

Ciò dimostra che esiste un gap tra ciò di cui i datori di lavoro hanno bisogno e quello che i nuovi arrivati possono offrire quando si parla di data literacy. In ultima analisi, le aziende possono mettere a disposizione dei loro dipendenti più giovani tutti i dati del mondo, ma il valore si genera soltanto nel momento in cui, le persone, sanno come usarli per prendere decisioni sulla base delle informazioni che forniscono.

Il fatto che le persone entrano in un’azienda senza le necessarie competenze potrebbe essere un limite alla ripresa e potrebbe impedire di costruire il giusto grado di resilienza per adattarsi a eventuali cambiamenti futuri. Per rimediare a questo, possiamo guardare indietro al percorso formativo dei più giovani e mettere a loro disposizione le necessarie competenze in materia di dati?

Ognuno è responsabile

Chi vuole rispondere a queste domande guarderà naturalmente al sistema educativo. Tuttavia, formare adeguatamente i lavoratori di domani deve essere visto come una responsabilità condivisa tra le istituzioni dedicate all’istruzione, le aziende e i governi.

  1. Aumentare il focus sulla formazione professionale: C’è stato per lungo tempo una sorta di stigma che ha afflitto la formazione professionale. In alcuni istituti di istruzione superiore, l’idea di dare agli studenti competenze trasferibili era nel migliore dei casi in fondo alla lista delle priorità oppure un effetto secondario dell’educazione accademica. Tuttavia, sempre più università e scuole superiori iniziano a capire di avere un ruolo determinante nel preparare gli studenti in maniera più diretta per il mondo del lavoro. In parte, questo significa orientarsi verso modelli di studio ibridi o da remoto, che siano direttamente applicabili all’ambiente professionale nel caso in cui gli studenti lavorino in aziende che prevedono sia il lavoro in ufficio che da casa.

  1. Integrare competenze digitali nei programmi scolastici: In seguito è necessario integrare le competenze digitali negli attuali corsi di studio. Non serve uno stravolgimento completo: come tante scuole internazionali organizzano i loro corsi di studio in inglese, dando agli studenti l’opportunità di imparare una lingua importantissima prima di laurearsi, inserire le competenze dei dati negli attuali programmi didattici permetterà loro di essere pronti per il mercato del lavoro. Per alcune istituzioni questo è diventato una priorità, come per esempio per Radford University, dove il suo Center for Innovation and Analytics permette agli studenti di avvicinarsi a diverse discipline che hanno come base comune l’utilizzo dei dati, e non solo a quelli che frequentano facoltà tecniche. A quanti seguono un corso di laurea viene insegnato a identificare, applicare e interpretare i risultati con tecniche analitiche, per suggerire azioni da intraprendere o guidare il processo decisionale, mentre chi segue un MBA impara ad applicare e confrontare tecniche analitiche per cercare pattern all’interno dei dati e fare sì che le previsioni supportino le effettive decisioni manageriali.

  1. Formazione continua per i laureati: Detto questo, non tutto l’onere deve ricadere sul sistema educativo. Un inconveniente dell’apprendimento istituzionale è che programmi didattici e lezioni richiedono spesso diversi anni per essere definiti. Se questa è una buona cosa per materie vaste e fondamentali come matematica e lingua, quando si tratta di training professionali può rappresentare un ostacolo allo sviluppo di competenze importanti applicabili immediatamente sul posto di lavoro. E pertanto, le aziende devono anche capire come migliorare le competenze dei giovani lavoratori in materia di dati e in altri ambiti del digitale, qualora decidano di assumere laureati o altri lavoratori junior senza una formazione adeguata in queste aree. Questo potrebbe avvenire sul posto di lavoro attraverso una formazione su misura e sviluppata in azienda, ma potrebbe essere qualcosa che riunisca il meglio di entrambi i modelli – scolastico e aziendale – integrando l’eccellenza dell’insegnamento accademico e applicandolo alle situazioni della vita reale. Comprendere la teoria sottostante e vedere la sua applicazione pratica può fare sì che i giovani si abituino al tipo di informazioni che troveranno nell’ambiente professionale.

  1. Preparare le generazioni future: Ogni giovane dovrebbe avere diritto a una carriera che lo gratifichi e lo arricchisca. In un mondo in cui l’importanza dei dati è cruciale, è necessario che vengano trasmesse le competenze che permettano ai giovani di godere di questo diritto, cosa che è stata fino a ora impedita dalla crisi dell’istruzione dovuta alla pandemia. Si tratta di garantire che l’istruzione erogata sia dalle istituzioni scolastiche che sul posto di lavoro, si evolva insieme ai progressi tecnologici e alla stessa velocità che il mondo del lavoro richiede al processo decisionale. Per una piena ripresa, il mondo ha bisogno di persone in grado di capire velocemente le informazioni, adattarsi a situazioni in continua evoluzione e avvantaggiarsi delle opportunità che possono palesarsi. Sebbene il percorso della ripresa richiederà molte risorse, i Paesi che riusciranno a formare i giovani con le competenze rilevanti per le aziende moderne avranno una base solida per la produttività e la crescita economica.

Di Paul Barth, Global Head of Data Literacy, Qlik