Secondo la ricerca di SWG il 64% degli italiani è pronto ad accettare le nuove tecnologie. L’Intelligenza Artificiale è la più conosciuta.

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Il cambiamento tecnologico non ha portato un’ondata di positività nella percezione degli italiani. Negli anni però le cose sono cambiate e, come ogni cosa, l’innovazione diventa “di casa”. Il 64% degli italiani (86% tra i 18-34enni) si dichiara pronto al cambiamento introdotto dalle nuove tecnologie abilitanti (AI, Realtà virtuale/aumentata, Metaverso, Non-fungible token, Blockchain).  A dirsi più impreparati sono gli over 55enni (47%), i ceti fragili (49%) e le persone con bassa scolarizzazione (48%). L’80% conosce l’Intelligenza Artificiale bene o in generale (lo zoccolo duro dei soli che dichiarano di conoscerla bene è al 29%, in aumento di 10 punti percentuali da marzo 2023). In calo di 10 punti rispetto a marzo 2023, invece, quanti dichiarano di conoscerla solo a grandi linee. La Realtà virtuale/aumentata è conosciuta da 7 italiani su 10 (24% chi ritiene di conoscerla bene). Il livello di conoscenza scende al 39% quando si parla di NFT (Not Fungible Token, 15% chi dichiara una conoscenza più approfondita) e al 37% indicando la Blockchain (qui lo zoccolo duro di chi ne sa di più è al 12%). Dal punto di vista generazionale, se consideriamo solo la fascia 18-34 anni, la conoscenza dell’Intelligenza Artificiale tocca il punto più alto (87%), quella della Realtà virtuale/aumentata l’85%, i Non-Fungible Tokens il 66%, la Blockchain è conosciuta dal 46%. Tra gli over 55enni invece si rilevano livelli di conoscenza inferiori: Intelligenza Artificiale 76%, Realtà virtuale/aumentata 61%, i Non-Fungible Token il 23%, la Blockchain il 25%.

I dati sono quelli della ricerca di SWGIA e dintorni: cosa ne pensano gli italiani” (Metodo di rilevazione: sondaggio CAWI su un campione rappresentativo nazionale di 1.000 soggetti maggiorenni).

I giudizi degli italiani nei confronti dell’Intelligenza Artificiale

La più conosciuta delle nuove tecnologie abilitanti l’Intelligenza Artifciale; il suo sviluppo, secondo la ricerca, è giudicato positivamente dal 57% degli italiani (in diminuzione di 10 punti percentuali vs marzo 2023 e – 11 punti vs 2020). La quota sale al 70% nella fascia 18-34 anni. Risulta, d’altra parte, in crescita anche la parte degli intervistati che dà, in merito all’AI, un giudizio negativo (+7 vs marzo 2023), che riguarda soprattutto i ceti fragili (41%) e i meno istruiti (45%). Nel 2020 i giudizi negativi erano al 23%. Nel dettaglio: nel giugno 2023 i giudizi molto positivi sono all’8%, nel marzo 2023 erano al 12%, nel 2020 al 18%. Le opinioni abbastanza favorevoli all’Intelligenza Artificiale in giugno toccano il 49%, in marzo erano al 55% e nel 2020 al 50%. Chi teme i rischi elevati connessi all’Intelligenza Artificiale in giugno è al 25%, mentre era al 23% nel marzo 2023, e al 19% nel 2020. Infine, quanti giudicano l’Intelligenza Artificiale molto pericolosa e assolutamente da evitare sono l’11% in giugno. In sintesi, risultano in diminuzione i giudizi positivi e sale l’incidenza di quanti intravvedono nell’Intelligenza Artificiale un pericolo.

Intelligenza Artificiale si…

In merito alla disponibilità ad affidare all’AI una serie di determinate attività della quotidianità, emerge che il 70% farebbe gestire all’Intelligenza Artificiale la temperatura di casa e gli elettrodomestici, il 69% scadenze e appuntamenti analogamente alla videosorveglianza della propria abitazione. Il 62% farebbe monitorare all’AI il proprio stato di salute, il 61% la impiegherebbe in attività formative (66% tra i 18-34enni), il 56% la utilizzerebbe nel proprio lavoro (specialmente i colletti bianchi al 61%). Altri impieghi dell’AI vengono indicati da quote inferiori del campione: al 55% nella gestione delle scorte alimentari, al 48% nell’assistenza agli anziani, al 45% in attività ludiche (61% tra i 18-34enni), al 45% nella programmazione delle vacanze (18-34enni al 59%), al 42% nella gestione di animali domestici, al 25% per conoscere nuove persone.

Intelligenza Artificiale no…

Sul versante opposto, sono stati presi in esame i fattori deterrenti rispetto all’utilizzo di sistemi di AI. Come primo elemento di cautela si rileva il timore di delegare a una macchina la responsabilità delle proprie scelte (40%, 50% gli autonomi), connessa al rischio che l’AI decida per me (34%, soprattutto gli over 55 al 45%). Segue l’inaffidabilità delle informazioni che possono provenire dall’AI (28%), e la perdita di controllo dei dati personali (anch’essa al 28%, specialmente tra gli over 55 al 39%). L’opacità dei processi decisionali degli algoritmi si colloca al 27% degli elementi frenanti, mentre le questioni etiche legate all’impatto sulla società occupano il 19%. In fondo alla classifica si trovano il timore di essere rimpiazzati nelle proprie competenze (15%, soprattutto operai al 21% e ceti fragili al 22%), il fatto che l’AI costituisca un sistema discriminatorio (13%), o il caso di non possedere competenze digitali a sufficienza (11%).

Nuove tecnologie abilitanti: metaverso, AR e VR

Lo studio dedicato alle nuove tecnologie abilitanti si estende anche al concetto di metaverso, contestualmente a quello di AI. Per il 51% il metaverso rappresenta il futuro (61% tra i 18-34enni), per il 30% (dato in crescita di 5 punti rispetto a febbraio 2022 ma in linea con il 32% del novembre 2021) il metaverso è un concetto esagerato che non si realizzerà. Si tratta di opinioni, sullo sviluppo del metaverso, in fase di assestamento e di crescita in quanti non prevedono prospettive interessanti.

È stato, inoltre, sondato a quale livello sia l’interesse a trasferire alcune attività “dentro” il metaverso. Ne emerge un quadro variegato. Il 57% del campione (61% tra i 18 e i 34 anni)  vorrebbe accedere al metaverso per recarsi presso sportelli e/o uffici pubblici virtuali, il 56% (75% 18-24 anni) fare incontri di formazione, il 49% (72% 18-34 anni) accedere a spazi virtuali per il benessere/salute mentale, il 43% (65% 18-34, 61% autonomi) lavorare in una stanza virtuale, interagendo in tempo reale con i colleghi attraverso avatar, il 42% fare esperienze nel tempo libero (concerti, musei, tour), il 36% (60% 18-34 anni) acquistare/vendere beni virtuali, il 32%  (51% 18-34) conoscere e incontrare nuove persone in forma virtuale, il 28% (38% 18-34) praticare sport all’interno di una realtà aumentata.

Fra i fattori di deterrenza rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie abilitanti di realtà virtuale/aumentata risultano esserci la sensazione di isolamento sociale (46%), il rischio di sviluppare una dipendenza (28%, 36% over 55enni), la perdita dei propri dati personali (24%, 29% over 55enni), il rischio di esperienze sensoriali sgradevoli(17%), la scomodità dei visori (15%, 23% 18-34 anni), la scarsa qualità dei contenuti virtuali (15%, 26% 18-34), le difficoltà tecniche (11%), i limiti legati alle condizioni visive (8%), il timore di affrontare un’esperienza del tutto inesplorata (8%).

Le nuove tecnologie impatteranno più sul lavoro

Secondo il 55% dei rispondenti, le nuove tecnologie (AI, Realtà virtuale/aumentata, metaverso, NFT, Blockchain) avranno un impatto soprattutto su lavoro e carriere, più che sulla vita personale relazionale. Ciò è tanto più vero tra gli operai (73%) e i 35-54enni (71%), meno tra i colletti bianchi (54%) e gli autonomi (61%). L’impatto del metaverso sarà, invece, più presente nella vita relazionale (personale o nell’entertainment) per il 23% del campione, soprattutto per i giovani e i laureati (35% 18-34 anni, 30% laureati). Il 22% è indeciso.

Commentando i risultati della survey, Andrea De Micheli, Presidente di Web3 Alliance, consorzio italiano che riunisce i player dell’universo digitale avanzato, ha dichiarato: “Emerge che le nuove tecnologie abilitanti generate con l’AI stanno acquisendo maggiori livelli di conoscenza tra il pubblico e le imprese, lo zoccolo duro degli “esperti” è in crescita. Oltre due italiani su tre si dicono preparati alle novità che verranno introdotte dall’AI. Nello stesso tempo, però, non mancano elementi di incertezza, come opinioni negative sull’AI in generale o timori che le nuove tecnologie possano ridurre i posti di lavoro e gli stipendi. Per questo dobbiamo riconoscere che la strada da percorrere è ancora lunga anche se supportata dai risultati sorprendenti fin qui conseguiti”.