Di dati aperti (Open Data), particolare categoria di Big Data che deve disporre di due principali caratteristiche, disponibilità di accesso e libertà di utilizzo e ridistribuzione, si è molto discusso in termini di valore generato, sia per l’innovazione nel settore pubblico e privato, sia per la cittadinanza nel suo complesso. Il settore pubblico costituisce il principale e più famoso produttore e “divulgatore” di dati aperti (Open Government Data), tuttavia anche numerose organizzazioni private possono rendere pubblici alcuni dati non sensibili generati al proprio interno.
I principali benefici attesi del loro riuso e, in particolare, della loro analisi e interoperabilità, possono essere generati direttamente in termini di valore aggiunto lordo e crescita dei ricavi di mercato, nell’aumento del numero di posti di lavoro coinvolti nell’indotto, e nella riduzione dei costi operativi, esattamente come per la macro-categoria di “Grandi Dati” a cui gli Open Data appartengono. Al contempo, vantaggi economici indiretti possono derivare dal contributo offerto dai dati all’economia della conoscenza, una maggiore efficienza nei servizi pubblici o, in termini più generali, alla crescita dei mercati collegati ed a un incremento della capacità decisionale. Un possibile incremento della partecipazione e della responsabilità civica grazie ad una maggiore trasparenza e libero accesso ai dati governativi sono alcuni tra i principali benefici che il riutilizzo dei Big Data e degli Open Data può generare, inoltre, a livello politico-sociale.
In concomitanza con la messa online del Portale Europeo dei Dati nel Novembre del 2015, dedicato alla libera circolazione di dati governativi comunitari, l’Unione Europea ha stimato il valore di mercato diretto generabile dal riutilizzo degli Open Data in 55,3 miliardi di euro, con una crescita prevista di quasi il 37% per il 2020, anno in cui il mercato viene stimato in 75,7 miliardi di euro. Il mercato totale degli Open Data è stato calcolato tra 193 e 209 miliardi di Euro, con un mercato totale cumulativo previsto compreso tra i 1.138 e i 1.229 miliardi di euro [Figura 01].
La Pubblica Amministrazione sarà la maggiore beneficiaria di una politica di apertura dei dati, con un valore stimato di 22 miliardi di euro nel 2020, confermando il trend secondo cui proprio il settore pubblico riutilizza in gran parte i dati che crea, a beneficio della collettività in particolare in termini di maggiore efficienza e riduzione degli sprechi [Figura 02]. Anche il settore dell’Industria e dei Trasporti vede comunque un contributo che si aggirerà intorno ai 10 milioni di €, grazie all’interoperabilità di dati resi pubblici e riutilizzabili.
Valori interessanti, se consideriamo che negli anni compresi tra il 2006 e il 2015, la crescita del mercato diretto degli Open Data è stata maggiore della crescita combinata del Prodotto Interno Lordo dei 28 Paesi membri dell’Unione Europea, mentre si prevede che a fine 2016 il riuso e l’analisi dei dati aperti contribuiranno per lo 0,37% del PIL dell’Unione.
Risultati positivi e ottimismo nelle stime sono primariamente dovuti al buon livello di maturità nell’adozione di politiche per la diffusione e il riutilizzo degli Open Data raggiunto dai Paesi membri. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea implicherà molto probabilmente una revisione delle stime al ribasso della valutazione del mercato, nonché probabilmente anche una riduzione dei benefici indiretti in termini di empowerment e condivisione delle informazioni.
Al contempo, mettere a disposizione set di dati per il libero riuso è solo il primo passo: giuste politiche governative e capacità di analisi e di gestione della Data Value Chain risultano necessarie per trarre reale valore dai dati e stimolare l’Innovazione, anche in ambito privato. Perché ovviamente, quando si parla di Big Data, il vero valore si trova nel loro utilizzo e trasformazione in insight di valore, tramite strumenti di Advanced Analytics e sensibilità nei confronti del dato.
Fonte Assintel