Più del 27% degli aiuti complessivi del Recovery Fund Next Generation EU sarà utilizzato per interventi che mirano a promuovere la transizione digitale nella PA e nell’impresa, più del 20% previsto dai parametri UE. Questa è uno degli intenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo Draghi, approvato dalla Commissione Europea. Ma l’Italia […]

Next Gen Eu: la chiave della ripresa secondo aziende e cittadini

Più del 27% degli aiuti complessivi del Recovery Fund Next Generation EU sarà utilizzato per interventi che mirano a promuovere la transizione digitale nella PA e nell’impresa, più del 20% previsto dai parametri UE. Questa è uno degli intenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo Draghi, approvato dalla Commissione Europea.

Ma l’Italia è davvero pronta per la transizione digitale?

«Siamo al 25esimo posto nell’indice europeo di competenza digitala DESI. Questo perché non c’è un progetto di governance digitale che investa nel lungo periodo in competenze e tecnologie innovative, come cloud e 5G», afferma Nicola Savino, esperto di digitalizzazione a norma e conservatore accreditato AGID con Savino Solution: «La competenza necessaria nella PA deve essere acquisita anche attraverso manager esterni, con attività finalizzate a strutturare un piano di digitalizzazione, diffondere il digital mindset nel settore pubblico. E introdurre elementi di sicurezza e compliance attraverso il cloud».

Il nodo delle identità digitali

Il nuovo regolamento europeo EIDAS (che regolamenta la firma elettronica, i trasferimenti di denaro e altri tipi di transizioni elettroniche nel mercato unico europeo) prevede l’utilizzo dell’identità digitale come elemento tecnologico e di processo fondamentale per tutta l’Europa, con gli ID che “saranno gestiti in diverse modalità da società qualificate EIDAS, che diventeranno il centro dei processi di digitalizzazione”, ricorda Savino.

In Italia la diffusione dello SPID è vicina ai 30 mln di utenze e si prevede una diffusione ancora maggiore man mano che tutti i servizi pubblici passeranno al digitale, ad esempio il ritiro di una raccomandata non cartacea.

I fattori problematici di gestione delle identità digitali non mancano nel nostro Paese come evidenzia Savino: «Nonostante la legge lo vieti espressamente, la PA continua a richiedere ripetutamente ai cittadini documenti già acquisiti in precedenza, inoltre la documentazione scambiata internamente e tra PA spesso non è gestita a norma di legge. Questo accade perché siamo lontani dal traguardo dell’interoperabilità dei dati prescritto dall’UE. L’AGID legifera in materia ma serve una governance che possa introdurre competenze certificate su come gestire i documenti informatici»

Savino passa poi all’elemento cruciale del processo di transizione digitale: «Il problema della PA non è la riluttanza a investire in strumenti aggiornati, ma il fatto che si continuano a trasferire nel dominio digitale le stesse procedure utilizzate in passato con la carta».

5 asset per reingegnerizzare i processi

Quello che invece occorre per una reale transizione digitale è reingegnerizzare i processi, rispettando 5 asset:

«Mi riferisco a efficienza ed efficacia, compliance normativa, codice dell’amministrazione digitale. Una volta disegnato il processo in chiave digitale va scelta la tecnologia che più si abbina, va creato il digital mindset interno di manager e operatori, in un processo che si evolve costantemente e richiede aggiornamento continuo».

Questo vale anche per la Transizione 4.0 nell’impresa, dove deve diffondersi una cultura digitale attraverso la formazione con soggetti qualificati da studi ed esperienze, come gli innovation manager.

Per quanto riguarda il settore sanitario, secondo Savino serve un modello condiviso che rispetti i requisiti di transizione al documento digitale da parte delle strutture, conformità del dato con le norme italiane ed europee come il GDPR per evitare contenziosi, introduzione di cure domiciliari, che richiedono medici con competenze digitali aggiornate.

«È auspicabile che il Fascicolo Sanitario Elettronico, attualmente implementato a macchia di leopardo in modalità non compatibili tra regioni, diventi uno standard nazionale centralizzato condiviso da tutte le regioni», conclude Savino.