In occasione dell’evento “MAKE IT HAPPEN” il Gruppo E e i suoi ospiti hanno affrontato le tematiche principali per affiancare le aziende nella loro evoluzione IT

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Al grido di battaglia di MAKE IT HAPPEN, un vero e proprio invito ad essere parte attiva del processo di trasformazione digitale, il Gruppo E ha presentato nel suo primo evento organizzato ovviamente in formato digitale, un quadro chiaro di come le aziende italiane si stanno evolvendo sulla spinta della digitalizzazione, un processo attivato quest’anno dall’esplosione della pandemia globale di coronavirus, che promuovendo lo smart working e sdoganando in maniera definitiva la migrazione verso il cloud, si trova ora ad un effettivo punto di svolta.

Il Gruppo E è una importante realtà che rappresenta un’alleanza tra player (Ergon, MediaSecure, Neboola, Estrobit e LunoKod insieme a MGALabs e Enéxt), ciascuno specializzato in un ambito specifico dell’Information Technology per il business. Al meeting hanno partecipato alcuni dei più importanti partner del Gruppo tra cui Check Point, Cisco, NetApp, VMware, AWS e Veeam.

La discussione è partita proprio dall’analisi di come si è evoluto il mondo dell’Information Technology nel corso degli ultimi anni per arrivare ai giorni nostri dove il remote working, i nuovi strumenti di lavoro e la loro sicurezza, accanto agli investimenti che le aziende hanno affrontato e stanno affrontando, stanno permettendo un salto più veloce verso la digital transformation, un concetto di cui si parla da molti anni ma che ora pare essere al punto di adozione concreto.

“Le aziende italiane, seguendo il trend mondiale, sono cambiate in maniera definitiva – spiega Stefano Zingoni, Co-Founder e Marketing Manager del Gruppo E -. Da marzo 2020 per sopravvivere è stato necessario cambiare radicalmente il modo di lavorare e le aziende che oggi sono ancora qui significa che hanno reagito e si sono adattate alle nuove regole del gioco”.

Stefano Zingoni, Gruppo E
Stefano Zingoni, Gruppo E

Alla base di tutto, ovviamente, il processo di rinnovamento che le ha investite: un fattore positivo ma che rappresenta solo l’inizio del percorso che dovranno intraprendere per la loro sopravvivenza nel lungo periodo.
Le risposte alle nuove sfide sono arrivate durante il lockdown con l’adozione del lavoro da remoto, oggi visto come un’interessante opportunità anche per il futuro, con investimenti nel cloud, nei virtual desktop, in connettività, hardware e soprattutto nell’ambito della sicurezza informatica, prerequisito essenziale al mantenimento e al funzionamento di una corretta infrastruttura aziendale che abiliti le aziende nel proseguimento del loro core business. Ma questi investimenti non sono ancora sufficienti.

Tra le grandi tematiche che dominano l’attuale panorama IT, spiega Zingoni: “troviamo il multicloud, l’Internet of Things e l’intelligenza artificiale, su cui anche il Gruppo E sta lavorando con intensità”. L’unione e l’integrazione di questi temi permetterà alle aziende di fare un passo decisivo verso il domani.

“Anche quando il virus smetterà di farci paura, questi driver continueranno a guidare il business delle aziende ed è importante ricordarci che l’IT è l’infrastruttura che le sorregge e la linfa che le mette in moto. La crisi del 2008 non era niente rispetto a quella che ci troviamo ad affrontare ma ora abbiamo un’arma in più a disposizione: la tecnologia. L’IT ha raggiunto la sua maturità”.

In questo contesto la missione del Gruppo E è quella di proporsi come un partner delle aziende nel loro processo di evoluzione dell’IT e per fare questo il punto di partenza è il dato e il centro dove il dato risiede, ovvero il datacenter. L’obiettivo è quello di estenderne il campo di utilizzo e applicazione fino ad abbracciare l’hybrid multicloud e consentire a tutte le tipologie di aziende, di qualsiasi sizing e appartenenti a qualsiasi vertical, di essere allo stesso livello.

Se nel 2020 il mercato cloud italiano supererà i 3 miliardi di euro, in crescita del 21% rispetto all’anno precedente, è chiaro che questa è una delle aree principali che andrà a raccogliere gli investimenti delle aziende. E qui l’hybrid cloud la gioca da padrone, valendo da solo 2 miliardi di euro.

Secondo il Politecnico di Milano in Italia le aziende possiedono in media 4 cloud provider attivi ma manca ancora l’adozione di una chiara strategia multi cloud, cioè l’utilizzo congiunto di più provider cloud senza l’utilizzo di un server on-premise. Ma cosa frena il multi cloud? Indubbiamente la sua profonda complessità. Motivo per cui bisogna lavorare per sviluppare competenze verticali su diverse tecnologie, soprattutto a livello di infrastruttura.

Alla base di tutto il tema della sicurezza del dato e delle informazioni: una tematica da sempre rilevante ma che ora, con un cybercrime sempre più agguerrito e l’estensione della superficie di attacco, merita di essere ripensata in una nuova ottica proattiva e preventiva. Per rispondere a questi bisogni il Gruppo E ha realizzato un SOC denominato CYBER DEFENCE che sfrutta le migliori tecnologie presenti sul mercato per affrontare la maggior parte degli attacchi informatici. Il SOC si adegua alla struttura del cliente perché gli investimenti del cliente vanno valorizzati e conservati, andando a migliorarli sempre di più per essere in linea con le esigenze attuali.

Stefano Davitti, Gruppo E
Stefano Davitti, Gruppo E

Stefano Davitti, amministratore delegato del Gruppo E sottolinea come oggi i dati siano sempre più importanti, motivo per cui vanno gestiti in maniera corretta e soprattutto protetti, anche alla luce del fatto che il mondo IT è diventato qualcosa di molto complesso, sempre più integrato al resto dell’aziende, con un ruolo strategico centrale, in molti casi apicale e sempre più connesso con il mondo industriale.

Un altro dei temi affrontati in chiusura dell’evento è quello della compliance ovvero l’adeguamento delle aziende alle norme di legge (come il GDPR) o agli standard internazionali per garantire la sicurezza dei dati.
Ogni azienda deve gestire questi aspetti con la finalità di garantire le necessarie capacità di reazione agli shock.

“Ogni progetto IT, che sia infrastrutturale o applicativo, riguarda i dati e quindi ha implicazioni a livello di compliance che vanno gestite nel tempo. La compliance è un processo in continua evoluzione, anche costoso, ma che porta i suoi frutti” spiega Davitti.

Ecco perché, proprio alla luce dei benefici che porta, occorre vedere la compliance non come un mero costo ma come un modo per portare all’azienda un vantaggio reale. Va inoltre sottolineato che la compliance tocca tutte le aree aziendali ed è perciò necessario includere nel processo della sua gestione anche l’amministratore delegato. La materia deve poi essere approcciata con multidisciplinarità: il progetto di compliance non deve coinvolgere solo l’ufficio legate o il dipartimento It ma anche risorse umane, comunicazione interna, marketing… L’approccio deve essere assolutamente trasversale.

“Oggi più che mai i clienti sono al centro di una frenetica vita digitale, hanno bisogno di sapere che possono riporre la propria fiducia nelle aziende dalle quali acquistano e con le quali entrano in contatto”, conclude Davitti.