Nonostante nel corso dell’ultimo anno sia aumentato notevolmente l’interesse delle imprese nei confronti dell’omnicanalità, in Italia circa un’azienda su cinque, tra quelle che stanno lavorando sul tema, dichiara di avere strutturato una “vista unica sul cliente” che consenta di avere una reale conoscenza delle loro caratteristiche e dei loro interessi. Inoltre, solo il 28% ha strutturato analisi evolute su questi dati, ad esempio per predire comportamenti futuri.
“La definizione di un approccio omnicanale e la sua implementazione coinvolgono l’intera organizzazione, richiedendo cambiamenti pervasivi e profondi che interessano non solo le funzioni e i processi che gestiscono il rapporto diretto con il cliente, ma l’intera realtà aziendale”, dichiara Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. “Ancora oggi, sebbene gran parte delle aziende dichiari che il vertice aziendale risulta coinvolto nel monitoraggio delle iniziative, i fatti dicono altro. In altri termini, molte imprese aderiscono a un “effetto moda” per cui le dichiarazioni non sono seguite da azioni concrete strutturate e profonde. Questo spesso accade perché non sono ancora comprese le implicazioni e il vero potenziale di questa trasformazione”.
“Nello scenario che ci si prospetta, un ruolo chiave per la competitività̀ delle imprese è giocato dalla dimensione del dato e dalla valorizzazione del potenziale delle nuove tecnologie, come le cosiddette MarTech”, aggiunge Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. “Diventare capaci di raccogliere, integrare, analizzare (in maniera evoluta) e sfruttare il patrimonio informativo, trasversalmente ai diversi processi di relazione con il cliente, è la sfida che deve caratterizzare le realtà di qualunque settore. E, invece, solo un’azienda su tre, tra quelle che abbiamo analizzato, giudica almeno buona la propria capacità di generare valore di business dai dati raccolti sui clienti e soprattutto solamente il 6% la ritiene ottima”.
Queste alcune delle evidenze emerse dalla quinta edizione dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e presentate all’evento “Omnicanalità: oltre la moda”. La ricerca si è basata su una survey che ha coinvolto circa 170 grandi e medio-grandi aziende della domanda eterogenee per settore di appartenenza e su interviste qualitative a circa 80 imprese end-user e a 40 aziende dell’offerta (tra provider di soluzioni ICT, società di consulenza, digital agency, technology provider, software house e system integrator). L’obiettivo principale è stata la mappatura dell’approccio delle aziende su questi ambiti e dello stato di maturità dei percorsi intrapresi.
I pilastri dell’omnicanalità: strategia, organizzazione, dati e tecnologie
Portare avanti la trasformazione omnicanale, come evidenziato fin dalle origini di questo Osservatorio, richiede di lavorare su quattro pilastri: Strategia, Organizzazione, Dati e Tecnologie.
In primo luogo, una condizione necessaria per il successo di una trasformazione omnicanale è la presenza di una chiara Strategia e di un forte commitment del top management in grado di guidare il cambiamento in maniera strutturata e con una prospettiva di lungo periodo. A tal proposito, sebbene l’83% dei casi analizzati dichiari che il vertice aziendale risulta coinvolto nel monitoraggio delle iniziative, per metà delle aziende mappate l’Omnichannel Customer Experience (OCX) è una priorità strategica “a parole”, ma nei fatti mancano gli strumenti tecnologici e organizzativi per attuare l’omnicanalità e/o si privilegiano altri obiettivi.
“In secondo luogo, la trasformazione non può avvenire senza l’abbattimento dei silos organizzativi e la formalizzazione di un chiaro modello di governance”, commenta Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. “Ad oggi, solo il 41% delle realtà intervistate ha già provveduto: la gran parte di queste ha introdotto un organo/funzione codificato nell’organigramma aziendale deputato all’OCX, mentre solo poche realtà hanno raggiunto un livello di cultura omnicanale pervasiva, ormai diffusa in tutta l’organizzazione, che non richiede più la codifica esplicita di un responsabile”.
Per implementare concretamente l’omnicanalità, occorre poi lavorare sul terzo pilastro, quello relativo ai Dati, impostando una omnichannel data strategy e dotarsi delle opportune Tecnologie (quarto e ultimo pilastro). Questo presuppone di raccogliere e gestire in maniera integrata i dati sui clienti, così da valorizzarli in chiave di personalizzazione dell’esperienza cliente e di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei processi di marketing, vendita e customer care.
Sebbene a oggi molte aziende non incontrino grandi difficoltà nella raccolta e integrazione dei dati di prima parte, la situazione risulta ancora molto eterogenea e decisamente meno avanzata quando si tratta di dati esterni all’azienda stessa, come quelli riguardanti gli intermediari commerciali. “Solo poco più di un’azienda su cinque dichiara che al proprio interno esiste ed è ben strutturata una vista unica sul cliente. Questo è legato anche al fatto che solo il 26% delle imprese intervistate ha introdotto una Customer Data Platform, in grado di unificare i dati del cliente provenienti dai diversi punti di contatto dell’azienda (sito, punto vendita, call center, ecc.) e di qualunque natura (anagrafica, acquisti, social, cookies di prima parte, ecc.)”, spiega Marta Valsecchi, Direttrice dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. Anche in termini di data analysis, emergono opportunità ancora inesplorate: è solo il 28% delle realtà analizzate a portare avanti analisi evolute sui dati raccolti (es. predittive dei comportamenti futuri)”.
La scarsa maturità delle aziende nell’approcciare le fasi precedenti si riflette anche sull’ultima attività (Data Activation). Un’azienda su tre giudica almeno buona la propria capacità di generare valore di business dai dati raccolti, ma solo il 6% la ritiene ottima. Per gran parte delle realtà, allora, il percorso di costruzione di una strategia basata sull’omnicanalità è ancora lungo e richiede principalmente di andare oltre l’implementazione di progettualità singole di tipo tattico e comprendere profondamente gli impatti su processi e attività e gli investimenti da effettuare.
Il grado di maturità delle aziende
Incrociando la valutazione dell’approccio delle imprese a livello strategico-organizzativo e a livello di dati e tecnologie, emerge la mappa con cui viene rappresentato il grado di maturità omnicanale delle aziende. Tale rappresentazione delinea cinque diversi cluster.
Gli Omnichannel Master (il segmento omnicanale maggiormente evoluto) rappresentano il 9% delle aziende del campione. Le realtà che si trovano in questo cluster hanno definito una chiara roadmap strategica di implementazione dell’omnicanalità e modelli organizzativi coerenti, impostato attività di diffusione della cultura orientata al cliente, introdotto opportuni KPI di misura e stanno lavorando in modo efficace sulla creazione di una Single Customer View, sulla valorizzazione dei dati a disposizione e sull’integrazione dei diversi sistemi di back-end alla base dei principali processi aziendali. Questo segmento è caratterizzato principalmente da aziende che appartengono ai settori Energy, Utility e Oil&Gas, Telco e Bancario e assicurativo.
Il segmento degli Omnichannel Novice, ossia le imprese che si stanno approcciando all’OCX, rappresenta il 21% del campione. Le aziende che vi rientrano afferiscono principalmente ai settori Industriale/B2b, Beni di largo consumo e Beni durevoli.
Tra questi due estremi, si posizionano gli altri tre cluster (ciascuno con un’incidenza prossima al 25%), che identificano le possibili direzioni di approccio all’omnicanalità: gli Omnichannel In-Progress, che lavorano in parallelo sia sull’asse strategico-organizzativo, sia su quello implementativo; i Committed, che si connotano per un lavoro ad un buon livello di maturità sotto gli aspetti di commitment, visione aziendale e trasformazione organizzativa; i Tactician, che sono invece più indietro da questo punto di vista, ma rimangono attivi su diverse progettualità attraverso le quali cercano di dimostrare la bontà di un approccio integrato e data-driven.
“In linea generale, la Ricerca ha rilevato due fenomeni principali: l’ingresso di nuove aziende nel perimetro dell’Omnichannel Customer Experience, anche per effetto dell’accelerazione verificatasi durante la pandemia, e l’evoluzione in termini di maturità delle aziende già operanti in questo ambito”, aggiunge Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. “Tra i nuovi entranti, in particolare, è significativa la presenza di aziende che operano nel B2b, mentre nel complesso il settore Bancario e Assicurativo, insieme al settore Retail, risulta essere quello più eterogeneo in termini di maturità in tema di applicazione dell’omnicanalità, essendo distribuito all’interno di tutti i segmenti rappresentati. Queste due evidenze segnalano una delle conclusioni più rilevanti della Ricerca 2021: la possibilità di intraprendere il percorso che porta alla maturità omnicanale è aperta a tutte le imprese, indipendentemente dal settore o dalla specifica configurazione di filiera (B2b, B2c, B2b2c) in cui operano”.
L’impatto dell’Omnichannel Customer Experience sui processi di gestione del cliente
I benefici dell’ omnicanalità si esplicano in maniera significativa all’interno dei processi aziendali deputati alla gestione del cliente: in particolare, Marketing e Comunicazione, Vendite e Customer Care.
Il processo di Marketing e Comunicazione data-driven si compone di tre fasi principali: profilazione della customer base, content management e personalizzazione, e delivery delle iniziative. Il pieno successo di queste iniziative dipende da un lavoro trasversale e congiunto sulle tre aree progettuali: ad oggi, il 36% del campione ha iniziato a lavorare con questo approccio, ma solo il 4% lo ha attuato pienamente.
Anche per quanto riguarda il processo di Vendita sono tre le principali aree di lavoro: lead management, personalizzazione dell’esperienza e attivazione di servizi omnicanale e di assistenza alla vendita. Anche in questo caso, è importante lavorare in maniera strutturata e pervasiva in tutte le tre direzioni tracciate, seppur con attività e strumenti diversi a seconda del settore di appartenenza: il 34% delle realtà analizzate sta attualmente seguendo questa traiettoria.
Per trasformare invece il processo di Customer Care, è necessario agire, da una parte, sulla progettazione di un processo integrato (a livello di conoscenza e di canali di assistenza), dall’altra sull’adozione di opportune tecnologie e strumenti a supporto della fase di interazione con il cliente. La strada che le aziende devono percorrere verso la trasformazione del proprio Customer Care in logica di omnicanalità, però, è ancora lunga: meno di un’azienda su tre è a buon punto, in quanto sta già lavorando su tutte le prospettive delineate.
“Se il livello di maturità all’omnicanalità è mediamente ancora limitato in tutti gli ambiti analizzati, l’interesse è particolarmente elevato e ci aspettiamo crescerà sempre più, perché dai casi più evoluti emergono benefici chiari e misurabili degli investimenti fatti”, conclude Marta Valsecchi, Direttrice dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience. “Alcune realtà evidenziano un aumento dei ricavi, insieme a un incremento del livello di servizio grazie al miglioramento dell’esperienza sui diversi punti di contatto e ad una maggiore precisione e velocità nel supporto al cliente. Anche i processi interni hanno dei chiari benefici in termini di ottimizzazione e miglioramento della qualità delle attività svolte, con benefici anche di costo. Dal punto di vista dei clienti, infine, si registra una maggiore soddisfazione e fidelizzazione grazie a un’esperienza sempre più personalizzata e semplificata”.