Ravi Mayuram, CTO di Couchbase illustra come evitare il vendor lock-in e la sfida data gravity e spiega quando il lock-in può avere senso. Buona lettura!
Per rimanere competitive, le aziende moderne devono essere sempre innovative. Tuttavia, per molte questa rimane una sfida, poiché le tecnologie da adottare al fine di abilitare l’innovazione cambiano più velocemente che mai. Uno dei motivi principali per cui numerose aziende non sono in grado di trarre vantaggio da questa trasformazione è legato al vincolo alla tecnologia di un fornitore specifico.
Il customer lock-in si verifica quando un cliente non è in grado di migrare verso i servizi di un altro fornitore. Ciò può essere dovuto a una tecnologia proprietaria non compatibile con altri vendor, oppure a condizioni contrattuali che vincolano i clienti a una determinata soluzione. Alcuni provider possono proibire ai clienti di passare ad altri fornitori per tenerli legati a sé, o rendere estremamente costosa la migrazione, dissuadendoli così dall’utilizzare un servizio della concorrenza.
Combattere il lock-in
Ci sono diversi aspetti da considerare per evitare il vendor lock-in. Vediamo alcuni dei principali. Gli utenti dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di utilizzare un approccio software modulare, che consente di sostituire diverse parti di un sistema senza sostituirlo interamente. Dovrebbero inoltre assicurarsi di aderire a standard aperti e consolidati e leggere attentamente le clausole dei contratti.
Il principale limite del vendor lock-in è la dipendenza dall’ecosistema di un fornitore. Quando si leggono le clausole, è fondamentale verificare se il servizio consente una facile migrazione, se ci sono strumenti sufficienti per integrare e spostare agilmente applicazioni e dati, e se è conveniente.
Inoltre, molti fornitori complicano lo spostamento dei dati verso un altro provider, fenomeno che viene spesso definito “data gravity”. Rendendo difficile e costoso il trasferimento delle informazioni, i fornitori attuano un lock-in a tutti gli effetti, anche se affermano che il servizio si basa su standard aperti.
I cloud provider sono un classico esempio di questo approccio: molte aziende li scelgono per un servizio e presto si rendono conto che l’applicazione si avvale in realtà di decine di altri servizi offerti dal CSP. Evitare questa situazione e disporre di astrazioni chiare consente di cambiare fornitore, se e quando necessario.
Oggi le aziende adottano strategie ibride e multi-cloud per evitare il lock-in e la trappola della data gravity. In effetti, molte scelgono servizi CSP agnostici, che sono anche open source, per beneficiare della massima libertà. Inoltre, la collaborazione con fornitori che vantano ampi ecosistemi di partner può contribuire a ridurre i rischi di lock-in.
Cosa rende gli standard aperti così efficaci?
Gli standard aperti – nati a seguito di precedenti esperienze di vendor lock-in – rappresentano l’antidoto alla tecnologia proprietaria e consentono agli utenti di passare liberamente da un fornitore all’altro, di combinarli o integrarli per creare la propria soluzione.
Quando il lock-in ha senso
Se da un lato ci si muove verso il concetto di “IT componibile” in cui i componenti definiti dal software – dal livello dell’infrastruttura fisica a quello delle applicazioni – interagiscono senza soluzione di continuità per rendere le aziende agili, dall’altro ci sono momenti in cui il vendor lock-in ha senso.
La situazione è già abbastanza complessa, quindi semplificare alcune ipotesi è sempre utile. È una buona idea standardizzare fornitori di hardware, infrastruttura software o persino i cloud provider nelle fasi iniziali di prodotto o di un’azienda, quando il capitale e le risorse qualificate sono limitati. Queste scelte accelerano il processo di sviluppo e contribuiscono a portare la soluzione sul mercato più rapidamente. Tuttavia, le decisioni prese in questa fase potrebbero ritorcersi contro di noi in un secondo momento, quindi dovrebbero essere prese tenendo profondamente radicato nell’architettura il principio della modularità.
Mantenere la flessibilità per incoraggiare l’innovazione
Con le innovazioni che si susseguono, chi è bloccato in uno specifico ecosistema tecnologico si perde novità vitali, giungendo rapidamente all’obsolescenza in termini di ricchezza funzionale, esperienza utente, prestazioni e agilità operativa. In ultima analisi, questo approccio avrà un impatto su ricavi e crescita aziendali. L’implementazione di strategie per evitare il lock-in aiuterà le organizzazioni a rispondere a un mercato sempre più competitivo in rapida evoluzione.
di Ravi Mayuram, CTO, Couchbase