In Italia, il 78% delle abitazioni è esposto a un rischio, alto o medio alto, tra rischio idrogeologico e terremoto. Questi dati provengono dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). In particolare, viene rilevato che il 55% delle abitazioni italiane è esposto a elevato rischio idrogeologico, più precisamente il 19% con un rischio alto, il 36% medio-alto, il 33% medio-basso e solo il 12% con un rischio basso. Inoltre, dal 1° gennaio 1985 a novembre 2022, ci sono stati in Italia esattamente 101.407 eventi sismici. E solo nel 2023, se ne sono registrati, anche se con magnitudo minima 2, già oltre 700. Con il cambiamento climatico in atto, è innegabile che le catastrofi naturali siano diventate negli ultimi anni sempre più frequenti e in grado di causare danni sempre più significativi, a livello mondiale. Non solo, anche l’accumulo di esposizione connesso alla crescita economica e all’urbanizzazione, l’invecchiamento o la mancanza di infrastrutture per il controllo dei rischi e l’impermeabilizzazione del suolo nelle aree urbane, sono fattori che giocano un ruolo rilevante nell’aumento di queste calamità.
Anche l’Italia, come il resto del mondo, non è immune a questo fenomeno, essendo un Paese particolarmente vulnerabile a livello geologico. Il numero di morti, a livello nazionale, in seguito alle calamità naturali dal XX secolo è dovuto infatti soprattutto agli eventi estremi di terremoti (52%) e alluvioni (30%). Secondo l’ultimo report Cnr-Iriss, “L’Italia conta per le calamità naturali 51,8 miliardi di dollari di danni subìti dal 2011 al 2021. In particolare, studi scientifici hanno previsto che il cambiamento climatico taglierà il Pil italiano pro-capite dello 0,89% nel 2030, del 2,56% nel 2050 e del 7,01% nel 2100”.
Secondo il Rapporto dell’Osservatorio CittàClima 2022 “Il clima è già cambiato” realizzato da Legambiente, in Italia, dal 2010 fino al 31 ottobre 2022 si sono verificati oltre 1500 fenomeni estremi, con 380 comuni colpiti e 279 vittime. Solo nel 2022 il nostro Paese ha visto un incremento del 55% di casi rispetto al 2021: 310 fenomeni meteo-idrogeologici che hanno provocato danni in tutta la penisola e causato la morte di 29 persone. Le regioni più colpite sono state la Lombardia, il Lazio e la Sicilia, seguono casi rilevanti anche in Toscana, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto e Puglia. Gli eventi più disastrosi sono stati causati principalmente da allagamenti e alluvioni, dovuti da piogge intense, trombe d’aria, grandinate e siccità prolungata.
A pagarne le spese sono soprattutto i singoli cittadini, anche a causa del grave impatto sul patrimonio immobiliare di tutto il Paese. Come dicevamo prima, il territorio nazionale è fortemente caratterizzato da una diffusa e variegata pericolosità naturale (frane, terremoti, eruzioni vulcaniche, erosione costiera, ecc.) che si trasforma in un elevato grado di rischio, dati il valore e la consistenza incommensurabili del nostro patrimonio artistico, archeologico, ambientale, urbanistico, infrastrutturale e produttivo. Essendo così esposti a calamità, perciò, è necessaria un’elevata quantità di capitale per sviluppare attività assicurative in questo settore.
Dai dati forniti dall’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) l’incidenza percentuale delle unità abitative assicurate contro il rischio di catastrofi naturali a livello nazionale è pari al 4,9% dei 31,2 milioni di abitazioni esistenti censite dall’Istat, le coperture assicurative per gli eventi catastrofali sono così scarsamente diffuse che l’88,7% delle polizze non presenta alcuna estensione, non solo le polizze per i danni da calamità naturali tutelano poco più del 2% delle abitazioni. Un dato che è in parte dovuto agli elevati premi richiesti dalle compagnie a fronte di una domanda ridotta, e causato da mancanza di cultura assicurativa nel tessuto sociale del nostro Paese.
Come ci dimostra il recente report di IVASS, alcune simulazioni però dimostrano che l’estensione a tutte le abitazioni italiane della protezione assicurativa per i rischi dei terremoti e delle alluvioni consentirebbe di risarcire i danni pagando premi socialmente accettabili. Più precisamente:
– il rimborso completo dei danni da terremoto con un premio medio annuo di puro rischio pari al massimo a 130 euro per un’abitazione costruita secondo standard costruttivi tradizionali meno resistenti;
– l’introduzione di una franchigia del 6% farebbe diminuire questo premio del 40%;
– il rafforzamento degli edifici esistenti o la costruzione di edifici nuovi secondo criteri attuali farebbe diminuire del 30% il valore di base del premio;
– una copertura per i diversi pericoli (sisma e alluvione) comporterebbe un premio ottenuto sommando i due singoli premi, per un costo totale non superiore ai 100 euro per unità abitativa;
– i consueti caricamenti commerciali delle imprese assicurative porterebbero ad un premio finale medio annuo di poco superiore a 100 euro per abitazione, senza considerare i possibili benefici fiscali concessi a questo tipo di protezioni assicurative.
Se i dati attuali relativi alle coperture dal rischio idrogeologico non sono confortanti, bisognerà però agire affinché si inneschi un vero e proprio cambio di rotta, e ciò sarà possibile attraverso un’azione sinergica di Istituzioni, Assicurazioni e Pubbliche Amministrazioni, con aiuti e incentivi statali che vadano incontro alle esigenze di cittadini e imprese.