Osservatorio Digital Identity: 36,4 milioni di italiani hanno abilitato SPID (+9%), 39,3 milioni la carta d’identità elettronica (+23%), ma l’obiettivo PNRR di 42,3 milioni di identità digitali entro giugno 2026 resta lontano. Stati e big tech sperimentano il digital identity wallet

Pubblichiamo alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital Identity della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno “Identità digitale: tutte le strade portano al wallet”.

“Il 2023, per l’identità digitale si può riassumere in due parole chiave: evoluzione e sperimentazione – spiega Giorgia Dragoni, Direttrice dell’Osservatorio Digital Identity – Continua il processo di consolidamento dei sistemi lanciati negli scorsi anni nei vari Paesi europei e aumentano le possibilità di utilizzo nel mondo digitale e fisico. Ma siamo agli albori di una vera e propria rivoluzione, rappresentata dal Wallet. Alcuni Stati hanno già iniziato a sperimentare il proprio modello e in un futuro non troppo lontano potremmo dimenticarci a casa patente e carta d’identità, che saranno caricate in un’app presente nel nostro smartphone. Una rivoluzione tecnologica, ma anche dal grande valore politico: la creazione dell’identità digitale europea è importante perché i cittadini dei 27 Paesi che la compongono condividano una comune identità”.

La ricerca sull’identità digitale

In Italia oggi il 61% della popolazione ha attivato SPID: 36,4 milioni di cittadini maggiorenni a cui si aggiungono 13mila minorenni, con accessi totali stabili, in media 25 l’anno per utente. Inoltre, sono in possesso di Carta d’Identità Elettronica 39,3 milioni di italiani, ma la versione digitale della CIE, abilitata dall’app CieID, risulta ancora fortemente sottoutilizzata: solo 4 milioni di utenti la usano per accedere ai servizi online. Se i rilasci della Carta d’Identità Elettronica sono cresciuti del 23% in un anno, però, SPID sembra aver raggiunto un plateau, assestandosi a un tasso di crescita più contenuto rispetto agli ultimi anni: +9% da gennaio a novembre 2023 contro il +23% registrato nel 2022. Di questo passo, l’obiettivo fissato nel PNRR di raggiungere 42,3 milioni di identità digitali entro giugno 2026 sembra ancora lontano.

Un rallentamento che si osserva anche nel confronto internazionale: se in Svezia e Norvegia i sistemi di identità digitale, già molto diffusi negli anni scorsi, raggiungono già circa l’80% della popolazione, nei Paesi simili all’Italia la spinta della pandemia sembra essersi fermata: il sistema francese FranceConnect in un anno è salito dal 60% al 61%, quello belga itsme® dal 56% al 58%. Con un’incidenza inferiore allo SPID italiano, il Chave Movel Digital portoghese raggiunge il 54% della popolazione, lo SwissId elvetico il 39%.

Transizione verso un modello di Digital Identity Wallet

Mentre aumentano gli utilizzi, alcuni Stati hanno cominciato una transizione verso un modello di Digital Identity Wallet, anticipando la rivoluzione prospettata dal Regolamento eIDAS 2.0. Anche l’Italia sta definendo la propria strada, delineando un piano per costruire il proprio progetto, denominato IT Wallet. Gli Italiani sembrano già pronti a questa rivoluzione: quasi la metà sarebbe disponibile a caricare carta d’identità, tessera sanitaria o patente in un wallet con adeguate garanzie di sicurezza. Oltre agli Stati, anche diverse app ed ecosistemi di attori privati, come le Big Tech, hanno iniziato a integrare le credenziali di identità digitale: ad oggi si contano 111 app di wallet di diverso tipo che permettono all’utente di integrare documenti di riconoscimento.

L’European Digital Identity Wallet

A livello comunitario, si è concluso il confronto sul fronte normativo di eIDAS 2.0 tra le istituzioni europee e gli Stati membri, trovando un accordo sulla versione definitiva del Regolamento, che sarà alla base all’European Digital Identity Wallet, previsto non prima del 2026. Si sta lavorando alla stesura e all’aggiornamento continuo dell’Architecture Reference Framework, che definisce standard comuni, specifiche tecniche e linee guida per la creazione dei wallet nazionali conformi alla normativa europea e interoperabili fra gli Stati membri.

Alcuni Stati hanno già iniziato una transizione dei sistemi attivi verso un modello di digital identity wallet, anticipando l’entrata in vigore del Regolamento eIDAS 2.0. In Francia è stata lanciata l’app France Identité, su cui è possibile memorizzare la versione digitale dei documenti di riconoscimento, in Grecia l’app Gov.gr Wallet consente non solo di dematerializzare la carta di identità e la patente, ma anche di utilizzarle per l’accesso a servizi digitali di banche e aziende delle telecomunicazioni, oltre che per il riconoscimento in luoghi fisici, come gli aeroporti.

“Nella rivoluzione del Digital Identity Wallet, però, non sono solo gli Stati a voler giocare un ruolo di primo piano – avverte Valeria Portale Direttrice dell’Osservatorio Digital Identity -. Diversi privati stanno già sperimentando in questo ambito, in uno scenario di grande fermento. Ci sono i wallet sviluppati dalle Big Tech come Google, Samsung e Apple che in alcuni Paesi permettono di inserire documenti identificativi oltre alle carte di pagamento. Ci sono le soluzioni sviluppate nel mondo finanziario dalle app di home banking, fino ai wallet per pagamenti elettronici e peer-to-peer, che trovano nell’identità digitale la naturale evoluzione per sostituire progressivamente il portafoglio fisico”.

Verso l’IT Wallet

Nel 2023 l’Italia ha preso decisioni importanti sulla convivenza di SPID e CIE. Nonostante il rinnovo delle convenzioni degli Identity Provider di SPID giunto a maggio 2023 e valido per il prossimo biennio, la strategia dell’attuale Governo è portare questi due sistemi verso la convergenza. SPID si è ormai consolidato come chiave di accesso ai servizi pubblici, mentre continua a registrare un’adozione inferiore al proprio potenziale nel mondo privato. La CIE, nonostante la diffusione del documento fisico, risulta ancora fortemente sottoutilizzata per accedere ai servizi online nella versione digitale. In questo processo di consolidamento, l’Italia sta definendo la propria strada verso il wallet, costruendo un prototipo nazionale – l’IT Wallet – che dovrebbe essere un’estensione dell’app IO accessibile con SPID e CIE, contenendo in un primo momento la tessera sanitaria e quella della disabilità. Le discussioni tra le parti politiche e gli attori di mercato potenzialmente interessati a prendere parte al progetto sono in corso e contribuiranno a definire la strada che l’Italia sceglierà di percorrere.

La prospettiva degli utenti

L’Osservatorio ha condotto quest’anno, in collaborazione con Ipsos, una rilevazione rivolta agli utenti internet compresi tra i 18 e i 75 anni. Di certo, gli italiani ormai hanno sviluppato una familiarità con SPID e CieID: circa 2 utenti su 3 possono essere considerati “medium user”, con diversi accessi all’anno o al mese effettuati tramite le loro identità digitali (il 64% degli utenti SPID e il 61% di CieID). Un utilizzo che resta però principalmente legato ai servizi della Pubblica Amministrazione, mentre gli utenti vorrebbero utilizzare questi sistemi anche in ambito privato. Il 27% per servizi offerti da istituti finanziari e banche, il 23% da aziende utility, il 22% per il riconoscimento in luoghi fisici, come gli aeroporti e le filiali bancarie (13%). L’app IO, invece, è stata scaricata dal 62% dei partecipanti al sondaggio, ma viene utilizzata principalmente in modalità informativa e consultativa per gli avvisi della PA.

Poco più di un utente su 3 (il 36%) utilizza già un’app di wallet, tipicamente quella offerta dal sistema operativo del proprio smartphone (Google Wallet o Apple Wallet). L’utilizzo dei wallet però non è ancora completamente integrato nelle abitudini quotidiane degli utenti: il 46%, infatti, li utilizza principalmente per le carte di pagamento, il 33% per carte fedeltà, il 27% per biglietti di treni e il 23% di aerei. Solo il 18% di chi possiede uno di questi wallet può essere definito “heavy user”, il 45% è “medium user”, mentre ben il 31% è dormiente, con un utilizzo sporadico (13%) o addirittura nullo (18%). Quasi un utente su due, però, sarebbe propenso a caricare carta di identità, tessera sanitaria (48%) o patente (46%) in un wallet sicuro.

“Ci troviamo di fronte a un percorso di cui intravediamo l’arrivo: il modello del digital identity wallet. La strada da fare per arrivarci, però, non è ancora tracciata, e neppure univoca – afferma Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Digital IdentityIl percorso delineato per gli Stati dalla normativa richiede anzitutto una profonda revisione delle strategie nazionali sull’identità digitale. I privati che vogliono essere presenti in questo contesto devono trovare il loro ruolo in un ecosistema che è in trasformazione e il cui perimetro non è ancora ben definito. La missione comune è costruire un nuovo modello di identità digitale di valore per l’utente, che rispecchi le sue esigenze e consenta ampie, diversificate e frequenti occasioni di utilizzo. Per evitare che questo nuovo strumento nelle mani dei cittadini sia la trasposizione digitale di un portafoglio dimenticato in un cassetto”.