La definizione tradizionale di “spazio di lavoro” deve infatti cambiare radicalmente da “dove” si lavora a “come”

Smart working: ostacolo o opportunità?

Il mondo del lavoro è in profonda trasformazione: le tecnologie consentono l’implementazione di nuovi modelli di business che portano a una maggiore flessibilità, i vincoli di tempo e spazio sono progressivamente aboliti, ai dipendenti è sempre più permesso scegliere gli strumenti a loro più congeniali per svolgere il proprio lavoro in modo ottimale, mentre la collaborazione in team orientati all’obiettivo è diventata la norma. I lavoratori hanno anche maggiore autonomia?

Le aziende non sono più le stesse di un decennio fa, e sono cambiati anche modalità di business ed esigenze dei dipendenti. Stiamo vivendo un mutamento tecnologico e sociale, in cui i due aspetti si evolvono continuamente e, allo stesso tempo, contribuiscono a un ulteriore sviluppo sinergico.

È da queste premesse che nasce lo smart working, approccio al lavoro di origine anglosassone, che sta prendendo sempre più piede anche in Italia. Seguendo questa filosofia manageriale, il datore di lavoro concede ai collaboratori maggiore autonomia, auto-gestione e possibilità di sviluppo per centrare il doppio obiettivo legato all’aumento di produttività e risultati di business.

La tecnologia è il fattore abilitante di questo modo di lavorare. I nuovi device permettono di operare da remoto praticamente ovunque e anche il classico orario di ufficio si modifica in base alle esigenze e agli impegni privati dei dipendenti. Non ultimo, la tecnologia IoT rende “smart” persino gli uffici, consentendo tempi di lavoro più rapidi e proficui.

Se implementato correttamente tramite policy aziendali ad hoc, lo smart working permette di allineare maggiormente le esigenze dei lavoratori con gli obiettivi aziendali. L’idea di un luogo di lavoro flessibile e “delocalizzato”, infatti, diventa auspicabile sia per i dipendenti che per i datori di lavoro. Ai lavoratori permette un rapporto vita-lavoro più equilibrato, mentre per i datori di lavoro si traduce essenzialmente nella combinazione di due aspetti comunemente opposti, vale a dire l’aumento dell’efficienza e la riduzione dei costi, che risultano infine in una maggiore produttività.

Come già ribadito, la tecnologia è sicuramente necessaria per mettere in moto un progetto di smart working, ma è il cambio culturale a livello aziendale a fare la differenza. Questo metodo che riconsidera spazi, tempi e strumenti di lavoro, deve indirizzare i dipendenti verso una maggiore responsabilizzazione. Caratterizzate da un più alto grado di libertà di azione, una maggiore autonomia, una filosofia di empowerment, insieme a un focus organizzativo sui risultati, le pratiche lavorative intelligenti promettono di creare una tripla vittoria per l’azienda, i suoi dipendenti e clienti. Altrettanto importante, con la prospettiva di ridurre i pendolari, il lavoro intelligente può anche essere visto come una forma di incentivo al rispetto e alla salvaguardia dell’ambiente.

La definizione tradizionale di “spazio di lavoro” deve cambiare radicalmente da “dove” si lavora a “come”, insieme agli spazi di progettazione fisica e digitale che lo circondano. L’ufficio tradizionale era composto da box, scrivanie, sale riunioni e spazi comuni. In quello del futuro, gli smart worker penseranno e lavoreranno al di fuori di queste logiche.

A cura di Francesco Giaccio, Executive Managing Director di Johnson Controls Italia