Secondo il 59% delle aziende, la principale sfida per il 2021 sarà superare l’attuale approccio alle vendite e al marketing, adeguandolo ad un mercato sempre più competitivo sia offline, sia online. Per riuscire in questa impresa non certo semplice, le aziende devono rivedere i propri paradigmi comunicativi, adattandoli alle nuove necessità della propria audience, riuscendo a proporsi in modo diverso e migliore rispetto ai competitor. In quest’ottica, da qualche tempo si è iniziato a parlare di comunicazione Human To Human (H2H) e di umanizzazione del brand, un concetto che si è affermato in particolar modo nel corso del 2020, che, però, è spesso rimasto più sul piano teorico che attuativo, messo per iscritto per la prima volta da Samantha Visentin, Digital Human Strategist e autrice del libro Umanizzare il brand, per Maggioli Editore.
“Il cardine del marketing tradizionale era il cosiddetto marketing mix, basato sulle 4 P, Product, Price, Place, Promotion, ad indicare come al centro di ogni strategia ci fosse il prodotto da vendere, mentre il consumatore era un satellite che determinava solo il canale o il linguaggio (B2B o B2C) – spiega Samantha Visentin. La digitalizzazione dell’economia e dei mercati, che ha esteso la concorrenza a livello globale, stiamo assistendo allo sviluppo della comunicazione H2H, in cui al centro del sistema aziendale non si trova più il prodotto, ma il consumatore di cui vengono studiate abitudini, preferenze e bisogni”.
Realizzare una strategia comunicativa human implica una rivoluzione all’interno del paradigma comunicativo di un brand, puntando sugli aspetti più quotidiani e intimi di un team di lavoro.
Il primo punto cardine di questo approccio è rappresentato dall’innovazione nei temi trattati, lasciando spazio a foto del team al lavoro o in un momento di team building, pause pranzo o caffè, facendo emergere i valori dell’azienda. Al tempo stesso, bisogna ricordare che si tratta di una comunicazione corporate e, di conseguenza, dovranno avere un ampio spazio i contenuti relativi agli obiettivi, premi e riconoscimenti ricevuti dall’azienda: è proprio su argomenti come questi che si misura l’umanizzazione del brand, non tanto nel tema ma nella modalità comunicativa.
Il secondo asset portante di questo approccio è il tono di voce utilizzato, che deve essere caldo, empatico e suggerire all’utente che questo contenuto sia stato pensato appositamente per lui. Le aziende non devono più porsi ad un livello superiore rispetto al consumatore, ma mettersi “occhi negli occhi”, dimostrando di conoscerlo e di aver compreso i suoi bisogni.
“Negli ultimi anni ho assistito nelle medie e grandi aziende ad un ritorno alla necessità di stringere rapporti umani – prosegue Visentin, che ha seguito numerosi progetti digitali per partner di rilievo internazionale. Nel mio percorso con le aziende ho imparato a fornire agli imprenditori gli strumenti per comunicare al meglio i valori del brand e trasformare i dipendenti in portavoce e influencer del brand stesso. Il passo successivo è venuto in maniera naturale: ho scritto un libro per non fare sentire sole le aziende e gli imprenditori nel rivoluzionare le proprie strategie di marketing. Mancava un testo che mettesse nero su bianco la storia di questo filone di pensiero e che spiegasse in maniera pratica come dare uno human touch alla propria comunicazione.”